Colpirne uno per educarne cento
E dagli con le accuse e dagli
con le critiche, alla fine Beppe Grillo si è stancato. L’ex
comico ora politico - e leader, secondo gli ultimi sondaggi, del secondo
partito italiano - non ha gradito alcuni articoli e inchieste dedicate a
lui e al suo nuovo e nuovento MoVimento a 5 stelle. E così ha deciso di
passare alle maniere forti: domenica scorsa, in un lungo post sul suo
blog (qui il link), ha preannunciato una raffica
di querele.
Ma chi ha fatto letteralmente
saltare al mosca al naso del leader del MoVimento? Chi, esattamente, ha
gettato fango e bugie sul nome suo e sulle sue liste civiche?
L’elenco completo di quelli che Grillo definisce “fangaioli”
sarebbe più che lungo. Sarebbe, parola del leader del MoVimento,
addirittura “smisurato”. Anche perché - nell’era internettiana - notizie
e commenti appaiono e rimbalzano su migliaia di angoli del web nello
spazio di un click. Insomma, ha spiegato il leader del MoVimento, “é
impossibile rettificare su tutti i siti e blog” e “querelare qualunque
mentitore professionale che si fa chiamare “politico” o “giornalista“.
Che fare quindi? Pensa che ci
ripensa, Grillo ha trovato una soluzione. E l’ha vergata, nero su
bianco, sempre nel post di ieri: “Per non farsi travolgere è
obbligatorio darsi delle priorità e portarne in tribunale solo alcuni
per educarne molti. Ed è quello che faranno i miei avvocati.
Prima il processo penale, poi quello civile.
Conviene. Gli togli un quinto dello stipendio, le proprietà se
ne hanno”, ha scritto con tono minaccioso.
Parole pesanti. Cui dovrebbero presto
seguire i fatti. I primi a fare le spese dell’ira del leader del
MoVimento a 5 stelle potrebbero essere alcuni giornalisti de il
“Corriere”, il “Fatto Quotidiano” e “Panorama”. Poi, si vedrà.
Del resto: quando ce vò ce
vò, no? Perché se una persona - leader politico o semplice
cittadino - si sente insultato, non ha forse il sacrosanto diritto di
tutelare il proprio buon nome anche a colpi di querele? Se una persona
si sente diffamata non ha forse tutte le ragioni per chiedere al proprio
avvocato di fare del suo meglio per arrivare, se possibile, a togliere
pure “il quinto dello stipendio” al giornalista-diffamatore di turno? Se
una persona che pensa di avere la coscienza pulita e netta è convinta
di essere stata ricoperta di fango, non dovrebbe forse desiderare che al
“fangaiolo” venga tolte financo “le proprietà”, se ne ha?
Voglio dire: qualcuno
potrebbe forse dar torto a Grillo su questo punto? Beh,
in effetti qualcuno potrebbe. Domanda: chi? Riposta: ma ovvio, sempre
Beppe Grillo. Quello di tre anni fa, però. Quello che l’informazione
doveva essere “libera”, anzichenò.
Possibile? Possibile,
possibile. Perché proprio tre annetti fa - quando il MoVimento
stava ancora muovendo i suoi primi timidi passi e Grillo era ancora
principalmente un comico con il vizio di fare le pulci ai potenti -
altri erano i mantra e gli slogan. Allora: la parola d’ordine
era difendere la libertà di informazione e di parola. Ad ogni costo.
Ricordate? Forse, no. Forse neppure
Grillo ricorda che - precisamente il 9 agosto del 2009 - sul suo blog
aveva scritto (qui il link diretto al post):
La querela per diffamazione è sopravvissuta a tutte le riforme sulla Giustizia (…) La querela serve al potere. La querela è un’arma da ricchi. Usata per intimidire. Per tappare la bocca. Per togliere i mezzi economici all’avversario. Spesso con la ricerca del pelo nell’uovo, come ad esempio un mancato virgolettato in una frase. La querela può essere penale o civile. Se va bene si infanga l’avversario e si porta a casa un piccolo tesoretto. Magari con la cessione del quinto dello stipendio di un povero diavolo.
Già, esatto. Magari proprio
“con la cessione del quinto dello stipendio di un povero diavolo”.
Domanda: un povero diavolo come un giornalista de “Il Corriere”,
“Panorama” o “il Fatto” che mica guadagna milioni di euro all’anno come,
putacaso, un Beppe Grillo? Risposta: chissà. In ogni modo: punizione
orribile, la cessione del quinto dello stipendio, nevvero? O così
almeno, sembrava. Allora.
E sempre allora Grillo non aveva
alcun dubbio. In quel post del 9 agosto 2009, scriveva: “La
querela per diffamazione va depenalizzata”.
No, dico: “depenalizzata”. Chiaro?
Chiaro.
Ma depenalizzare un reato è
difficile, perché ci vuole una legge ad hoc, e bisogna farla approvare
in Parlamento. Mentre querelare qualcuno e trascinarlo in giudizio in
sede “penale” e “civile” - come avrebbe scoperto anche il futuro leader
del MoVimento nell’anno di grazia 2012 - è facilissimo.
E allora? E allora pensa che
ti ripensa Grillo aveva trovato un’altra soluzione: lo scudo della rete.
E che era questo “scudo”? Semplice. Neppure due giorni dopo, l’11
agosto del 2009, il comico genovese lo spiegava così (qui il link diretto al post):
stiamo cercando i più bravi avvocati, quelli coi contro-coglioni, che siano un po’ motivati da certe cose e che possano dare un contributo a chi viene querelato nella Rete per qualche frase, qualche virgola o virgolette. L’iniziativa si chiama “Scudo della Rete” e fornirà l’elenco di tutti gli avvocati che saranno disponibili sia a difendere, sia a prevenire la querela mediante delle informazioni corrette.
In breve. ‘Sto scudo, ossia ‘sta rete
di avvocati di buona volontà, doveva difendere, in particolare, il
popolo dei cosiddetti blogger, ossia persone normali che avevano un loro
sito o un loro blog.
Vi viene in mente qualcosina,
ora? Forse, pure in questo caso, la risposta è no. E forse neppure
Grillo rammenta come aveva lanciato questa sua (ennesima) battaglia.
Era l’11 agosto del 2009 e il comico genovese, sempre sul suo blog, era
tornato alla carica per difendere giornalisti come Roberto Saviano,
l’autore di Gomorra, e quello che poi sarebbe diventato il vicedirettore
de Il Fatto, Marco Travaglio
Io vorrei tornare sull’argomento della querela, che fa parte ormai della mia vita professionale da anni. (…) Viviamo in un Paese stranissimo, dove un ometto come Schifani, protetto da Lodo Schifani e poi Alfano, può denunciare un giornalista come Travaglio, perché Travaglio espone dei fatti in televisione.(…) C’è il rischio oggi che un camorrista, stando agli arresti domiciliari, ma con un bravo avvocato, possa mandare in galera Saviano (con una querela per diffamazione, NdBamboccioni). È una cosa incredibile.
Quelli che però correvano i rischi
maggiori, secondo Grillo non erano i giornalisti professionisti, che
comunque avevano alle spalle un editore. No. Quelli più in pericolo
erano appunto i blogger o i semplici cittadini che condividevano le
notizie in rete. Scriveva, dunque, sempre Grillo e sempre in quel post
dell’11 agosto 2009:
Quello che rischia più di tutti oggi siamo noi, della Rete. È la Rete. Come si fa a imbavagliare la verità? Ci sono milioni di post, milioni di filmati, milioni di commenti.
E sì: in rete “ci sono”
proprio “milioni di post” e video e eccetera. Talmente
tanti che infatti, tre anni dopo, lo stesso Grillo - così, giusto per
coincidenza - si sarebbe lamentato che oggi come oggi “é impossibile
rettificare su tutti i siti e blog”.
Ma si sa: i cattivoni nemici della
libera informazione se le inventano tutte. E per bloccare la voce della
rete avevano già trovato tante strade. Una era la querela per
diffamazione. Ovvero, come spiegava il futuro leader del MoVimento:
Scrivi una cosa e sbagli un articolo, una virgola, metti tra virgolette una frase malmessa, ecco che scatta la diffamazione con milioni di danni. Questa è intimidazione: colpirne uno per colpirne cento. Scatta la querela. Questa famosa querela. Querela fatta dai ricchi verso chi non se lo può permettere. I politici, le persone con certi mezzi possono farla; chi la subisce generalmente ha dei problemi (…)
Così scriveva Grillo per
presentare lo Scudo della rete: “Colpirne uno per colpirne cento”. E
così scrive oggi Grillo per giustificare la raffica di querele in
arrivo: “Colpirne uno per educarne cento”. Peccato solo che a
colpire - e intimidire - chi fa informazione, ora, sia proprio lui. Del
resto, sempre per parafrasare il leader del MoVimento, Beppe i mezzi già
ce li aveva e ora è diventato pure politico. E da bravo politico ha già
imparato a dire tutto e il contrario di tutto. Ma - e qui sta la
geniale comicità, in questo caso, involontaria - usando sempre le stesse
parole e la stessa faccia. Di bronzo.
P.S. Il famoso
“Scudo della rete” è stato attivato solo due annetti dopo - due annetti
dopo - l’annuncio del 2009 (qui il link al post di lancio). A oggi ‘sto scudo è
sostanzialmente una pagina web del sito di Beppe Grillo (qui il link), dove - tra l’altro - si chiede ai
lettori di donare danaro per aiutare i blogger querelati. Bene. Si
potrebbe sapere quanti soldi sono stati raccolti e come sono stati
spesi? No, così, per curiosità, diciamo.
This entry was posted on Tuesday, June 26th, 2012
Fonte: Bamboccioni alla riscossa