Grillo fa il moralista contro il malaffare, contro i politici corrotti, contro i condoni tombali… e poi ne approfitta.
Eh sì, perchè come riporta il blogger Pasquale Videtta Grillo “si è avvalso di due condoni tombali
(pur contestandoli, a parole). Nel 2002 e 2003, infatti, il comico
genovese, proprietario (con il 99% delle azioni) della società
immobiliare Gestimar srl (l’amministratore unico è suo fratello, Andrea
Grillo), si avvalse del condono”.
“Scrisse Andrea nella relazione al bilancio 2002 della Gestimar: «In
considerazione della possibilità concessa dalla legge finanziaria 2003
di definire la propria posizione fiscale con riferimento ai periodi di
imposta dal 1997 al 2001, fermo restando il convincimento circa la
correttezza e la liceità dell’operato sinora eseguito, si è ritenuto
opportuno di avvalersi della fattispecie definitoria di cui all’articolo
9 della predetta legge (condono Tombale)». L’anno successivo Giulio Tremonti aveva prorogato la copertura del condono, per la gioia della Gestimar srl, la quale si avvalse nuovamente del condono tombale.”
E quindi guarda un po’ cosa salta fuori: Grillo parla tanto, fa il
capopopolo, aizza i suoi sostenitori contro “i politici corrotti, tutti
corrotti, dobbiamo fare la Norimberga dei partiti“. Poi però quando si tratta di “ciurlare nel manico” è in prima fila. Del resto i soldi sono soldi, non importa che rovini un giovane di 26 anni per colpa del maltempo, non importa che i condoni tombali siano cose odiose e vergognose, l’importante è guadagnarci dei soldi sopra.
Bravo Grillo, ottimo esempio di onestà e coerenza!
[Un vecchio articolo ma a volte non è male fare un ripasso]
Scritto in data 02/01/2012 at 1:57 am da Wu Ming 1
[Proponiamo su Giap, in una versione leggermente diversa, l'articolo di WM1 apparso sull'ultimo numero di Nuova Rivista Letteraria
con il titolo "Il senso della non-appartenenza". Grazie a Tuco,
Giuliano Santoro, Don Cave, Uomoinpolvere, i compagni della rivista
"Plebe" di Foggia, Valerio Evangelisti, Nadie Enparticular e non pochi
altri.] -
Ho preso questi appunti nel corso del tumultuoso, convulso 2011, anno
di insurrezioni, detronizzazioni, disvelamenti e nuove confusioni. Per
la precisione, sono note scritte nel periodo aprile-settembre 2011.
Alla bruta materia di queste frasi annotate live, nel pieno
degli eventi, non ho saputo imporre alcuna struttura solida e coerente.
La numerazione di paragrafi e capoversi è il residuo di un tentativo in
tal senso, sostanzialmente fallito.
1. CHI DICHIARA COSA?
1.a. Negli ultimi tempi si sente sempre più spesso
la frase: «Non siamo di destra né di sinistra». Talvolta, l’ordine dei
fattori è invertito: «Non siamo di sinistra né di destra».
Non è certo una frase nuova, l’abbiamo udita tante volte. Eppure,
tendendo l’orecchio, possiamo registrare una prima, piccola novità: il
soggetto plurale ricorre più spesso di quello singolare. Il noi sta
scalzando l’io. Fino a qualche anno fa, questa “dichiarazione di
non-appartenenza” era il più delle volte a titolo personale. Oggi,
invece, è sempre più sovente l’enunciazione di soggetti collettivi.
I
GIORNALISTI SANTORIANI DELLA KASTA MANKO IN KANPER LASCIANO RIPOSARE
PEPPE! KE POI LO SAPIAMO KE SE RISPONDE POI LO DOPPIANO CON VOCE DI
BENIGNO! VERGONIAAAAAAAAA
Beppe Grillo scappa dalle domande di Servizio Pubblico (26 Aprile 2012)
Giuseppe Minutoil giornalista lo stava minacciando con una scia chimica, si vedeva benissimo
Stefano GalatoloE KOMPRA IL DVD, CAZZO! GRANDE BEPPE, KOME KUCCIA, BEI TEMPI...
Mirko CecchiniLa tv è Kasta, sopratutto la rai. Invecie mediaset che fà tutti kuei programmi karini è gente, sopratutto striscia e veline.
Mario Cecerebello er giornalista dei ggiovani de sinistra co a barbetta sociale, è pubbico
Cthulhu Zombiee
un complotto dei professoroni! a stato il ciornalista a scappare al
indietro come i gamberi eppoi anno rimontato tutto. me lo a detto mio
cuggino ke fha il montatore per i complotti di maria de filippo
“E’ il solito travisamento delle parole!” grideranno i Grillini. Non stavolta, perchè lo scrive chiaro e tondo, che “I senatori a vita non muoiono mai“, con tanto di grassetto.
E’ una lamentela e non c’è niente da interpretare.
Insomma, dopo aver insultato la Montalcini tempo fa, Grillo la vuole pure morta.
A solo pochi giorni, anzi a poche decine di ore, dall’accusa di Bersani di “toni fascisti“, Grillo augura la morte dei senatori a vita.
Inoltre dimostra di non conoscere la Costituzione, perchè dice “E’ una promozione di carattere feudale, baronale, come ai tempi dei valvassini e dei valvassori. Per diritto divino“.
Eh no Grillo, non è diritto divino, è un potere previsto per il Presidente della Repubblica dalla Costituzione. Presidente che viene eletto dal Parlamento, il quale viene eletto dalla popolazione Italiana con diritto di voto.
Per la Cisl, l'ex segretario amministrativo del sindacato Guerisoli, avrebbe preso una cantonata e mostra le prove
[Allora ricapitolando:
- la CISL scagiona Grillo anche perchè sarebbe un'autentica vergogna se un sindacato dei lavoratori, e quindi contro il lavoro in nero e i pagamenti in nero, avesse pagato in nero anche solo una volta.
- LA CISL mostra le prove di un pagamento di uno spettacolo del 1996, e non del 1999.
Una fattura da 30.000.000 di lire (ipotizziamo 3 ore di spettacolo, visto che Grillo iniziava alle 22:00, uguale 10 milioni per ora. Per Grillo sono spiccioli si sa).
Pagamento ufficiale, "in bianco" appunto, con tanto di fattura.
La domanda dovrebbe sorgere spontanea: quali mai dovrebbero essere le prove di un pagamento in nero?
Quando si viene pagati in nero è con zero fatture e soldi contanti. Uguale zero prove.
Ugualmente si potrebbe affiancare il pagamento in nero a un pagamento in bianco con tanto di fattura (in alcuni posti di lavoro si fà: salario mensile da regolare contratto minimo sul conto in banca accompagnato da bustina con denaro contante, ma qua stiamo davvero parlando della scoperta dell'acqua calda).
Anche se il pagamento in nero fosse davvero avvenuto è chiaro che per Grillo è cosa facile passare dritti alla querela e per la CISL smentire per evitare una possibile figuraccia.
L'unica prova possibile in tali frangenti sarebbe la testimonianza di più persone o un video o registrazione audio fatti di nascosto.
Il povero Guerisoli era stato anche avvisato alla radio che aveva fatto
una doppia frittata e si sarebbe trovato contro sia la CISL che Grillo
(e via che si alza la mafia omertosa!)
Attendiamo la replica di Guerisoli.
Nel frattempo gioverebbe ricordare che la Gestimar, società di Beppe Grillo, ha usufruito nel 2002 e
2003 del berlusconiano condono tombale (vedi articoli qui e qui, e commenti del Tafanus qui e qui).
Quindi non bisogna dimenticare che Grillo in passato è stato sicuramente un evasore fiscale, avendo dovuto approfittare del condono per mettersi in regola con lo stato.
Quindi perchè doversi fidare solo vedendo la prova di un pagamento regolare, cosa che non prova affatto che non ci sia stato un pagamento irregolare, data la persona di cui stiamo parlando?].
«Ma il Beppe Grillo che attacca
Roberto Benigni perché profumatamente pagato per andare alla festa del
Pd, sarà mica lo stesso Beppe Grillo che per uno spettacolo del 1999 ci
chiese 10 milioni di lire, da pagarsi rigorosamente in nero, senza
fattura? Accettammo di pagarglieli, li prese personalmente, ma poi per
noi fu durissima giustificare quell'uscita».
Giovanni Guerisoli, segretario confederale del sindacato Cisl fino al
2002, riaccende così la polemica intervenendo alla trasmissione radio
"La Zanzara" di Radio 24.
Beppe Grillo era tornato a prendersela con il Pd. Stavolta non con il
segretario Bersani ma con la Festa democratica e anche con il 'collega'
Roberto Benigni che proprio dal palco della festa del Pd di Reggio
Emilia ha ironizzato su di lui.
Che
Berlusconi stia con l'acqua alla gola lo abbiamo capito tutti. Il vento
politico soffia un pò a destra e un pò a sinistra, ma sembra ignorare
il signore di Arcore.
Così
il leader del PDL cerca e fiuta nel panorama politico i più bravi
talenti, proprio come fece inizialmente in tv arruolando Mentana, Mike
Bongiorno e tutte le gallinelle dalle uova d'oro che potessero
assicurargli un picco di ascolti.
Ma chi interessa davvero a Berlusconi? Scrive il giornalista Carlo Tarallo su Dagospiache,
sulla base di una soffiata arrivata in redazione, Berlusconi ha tentato
di avere un incontro privato niente poco di meno che con il pischello
della Casaleggio, un tale Beppe Grillo.
La fonte non viene citata ma le sue parole sono chiare: "Nessuno
scandalo né chi sa quale mistero. Berlusconi è incuriosito dalla figura
di Grillo e dal suo modo di creare consenso attraverso il web e
snobbando le tv, e del resto aveva già manifestato la sua volontà di
approfondire i meccanismi di comunicazione politica del Movimento 5
Stelle. Ha confidato a pochissimi amici fidati la sua intenzione di
chiedere a Ricci di provare a organizzare un incontro, voleva fare una
chiacchierata in tranquillità con Grillo. Se la missione è andata a buon
fine? Come direste voi... ah saperlo!"
Morti viventi, zombie politici...
Denigrazione e attacco personale. È questo lo stile di Beppe Grillo.
Basta scorrere il blog del comico genovese approdato in politica o
ripercorrere le sue dichiarazioni. Una riconferma ieri, nella risposta
al segretario del Pd, Pierluigi Bersani. «A Bersani non mi sognerei mai
di dare del fascista, gli imputo invece di aver agito in accordo con ex
fascisti e piduisti per un ventennio, spartendo insieme a loro anche le
ossa della Nazione».
Lo stile è necrofilo e l’intreccio tra considerazioni politiche e
l’insulto personale è costante. Al segretario del «pdmenoelle» non dà
del fascista ma gli affibbia quello di «fallito», molto probabilmente
considerato più infamante. «Lo è lei - insiste - insieme a tutti i
politici incompetenti e talvolta ladri che hanno fatto carne da porco
dell'Italia e che ora pretendono di darci anche lezioni di democrazia».
È l’accusa rivolta a tutti coloro che presenta come espressione del
vecchio e dell’inutile, colpevoli di tutti i mali del paese, cui
contrappone la «forza» giovane e vitale espressa dal suo movimento.
[Era inevitabile che la grande imprenditoria e le lobby industriali (vedi le dichiarazioni di De Benedetti qui sotto) sostenessero la soppressione dei finanziamenti pubblici all'editoria, questo per avere una stampa definitivamente asservita ai loro interessi: non basta infatti diventare padroni di grandi gruppi editoriali, bisogna fare in modo di scongiurare ogni possibilità di larga diffusione di voci scomode e dannose per i propri interessi, cosa che può ancora avvenire utilizzando in maniera opportuna la possibilità offerta dai finanziamenti pubblici o cambiandone le regole senza eliminarli.
Questo per quelli che ancora non avevano capito a chi sarebbe mai potuta interessare una tale proposta e a quali interessi gioverebbe una volta messa in pratica, questo nonostante la proposta fosse partita, durante il V2-day, dalla Casaleggio Associati da sempre legata alla grande imprenditoria nazionale e internazionale e che quindi non fosse poi così recondito capire dove volesse andare a parare.
E invece no, che ti fa l'italiano medio?
Il primo cialtrone che passa (e che nel mentre si succhia i loro soldi vendendo pacottiglia e aria fritta) dice loro che eliminando i finanziamenti pubblici loro pagheranno meno tasse oppure che le loro tasse verranno utilizzate meglio e gli ingenuotti iracondi ci credono!
Giovedì scorso, alla facoltà di Economia dell'Università di Palermo, il Presidente del gruppo editoriale l'Espresso Carlo De Benedetti in occasione della lectio magistralis ha dichiarato: «Per
favore, togliamo i finanziamenti all'editoria laddove l'editoria non
sta in piedi da sola. Non si tengono in piedi i morti, perché c'è puzza
di cadavere».
De
Benedetti prende spunto dalle truffe sul finanziamento pubblico
(denunciate dalla Federazione della Stampa e da Mediacoop) per ribadire
che «bisognerebbe togliere tutti i finanziamenti pubblici che
poi finiscono normalmente in violazione delle leggi, in furti e abusi
per lasciare campo libero all'editoria sana». «Che i
giornali di partito se li paghino i partiti – ha aggiunto il direttore a
capo di uno dei più consistenti gruppi editoriali – se hanno già
rimborsi elettorali non si capisce perché noi contribuenti dobbiamo
pagare i giornali di partiti. Se li paghino loro.»
Contro
questi abusi sono intervenute anche le testate cosiddette "non
commerciali", che da anni chiedono ai governi di rivedere i criteri di
assegnazione dei fondi. Un promessa fatta anche dal Premier Monti, ma nel frattempo, molti giornali chiudono i battenti.
Come sostenuto dalla giornalista de l'UnitàNatalia Lombardo, «il
finanziamento pubblico alla stampa nasce come garanzia del pluralismo ,
nel rispetto costituzionale della libertà d'informazione. Ma
nell'ondata di "anti-casta" si può perdere di vista una differenza
sostanziale: i grandi quotidiani e periodici hanno risorse dalla
pubblicità, preclusa dagli investitori ai giornali di opinione» oltre al sostegno pubblico.
In una nota l'Fnsi (Federazione Nazionale Stampa Italiana) ha (in)direttamente risposto alle dure parole di De Benedetti dicendo che «il
finanziamento pubblico all'editoria è necessario per tutte quelle
realtà dell'informazione non meramente commerciali, di idee o di voci
minoritarie, di promozioni di forme di auto imprenditorialità
cooperativa che non possono contare sulle risorse di capitali di impresa
come l'ing. De Benedetti. E se i morti non si possono certo tenere in
vita, l'aiuto pubblico ha il dovere di impedire la scomparsa di voci
dell'informazione o, peggio, provocare suicidi assistiti».
Leggiamolo, immaginandoci che sia Grillo a pronunciarlo.
Pussisti e Pescicani Essi vanno messi a braccetto, poiché sono nati nello stesso fango (…)
Essi hanno fatto fino ad oggi il finto gioco di addentarsi e di sbranarsi l’un l’altro, ma è stata questa la solita bugiarda schermaglia di tutti i lenoni e di tutti i briganti, intesi a leticarsi i trenta soldi di Giuda.
Contro gli uni e contro gli altri, noi, fascisti, combattiamo e combatteremo fino alla morte la nostra battaglia. I fascisti non sono, e non vogliono essere, un partito.
Essi sono sorti, per generazione spontanea, per un gesto di ribellione di tutta la giovinezza italica, perennemente romantica e perennemente garibaldina, contro la vigliacca tirannia di piccole e grosse minoranze, protette dall’incosciente
senilità di uno Stato che, come è fatto oggi, più non serve, e di un Re
travicello non meno inservibile e non meno inutile.
E’ incredibile come ci sia tutto: i “sono tutti uguali e d’accordo tra loro“, “tutti rubano“, “noi non siamo un partito, siamo un movimento“, “noi ci ribelliamo, siamo in guerra“, “lo Stato è vecchio e non serve più, il Re/Presidente della Repubblica è altrettanto inutile“.
E’ un discorso che fa paura per quanto è simile al linguaggio attuale.
Bersani ha esagerato nei toni? Probabilmente, ma non credo si possa dire che ha esagerato nella sostanza.
Vabbè ragazzi da dove credete che abbiano preso ispirazione?
Il professionisti della politica? buuu!
"Raggiunta
la soluzione nel nostro senso dei fondamentali problemi che oggi
travagliano la nazione italiana, il fascismo non si ostinerà a vivere,
come un anacronistica superfetazione di professionisti di una data
politica, ma saprà brillantemente morire senza smorfie solenni" - Il
Popolo d'Italia, 3 luglio 1919 (dal manuale delle guardie nere)"
Il NON statuto e le NON tessere!
"Il fascismo è anti-accademico.
Non è politicante. Non ha statuti, nè regolamenti. Ha adottato una
tessera per la necessità del riconoscimento personale, ma potendo ne
avrebbe fatto volentieri a meno. Non è un vivaio per le ambizioni
elettorali. Non ammette e non tollera i lunghi discorsi. Va al concreto
delle questioni" - Il Popolo d'Italia, 3 luglio 1919 (dal manuale delle
guardie nere)
Nè di destra nè di sinistra ma oltre! (E aridanghete col NON statuto)
"E'
un pò difficile definire i fascisti. Essi non sono repubblicani,
socialisti, democratici, conservatori, nazionalisti. Essi rappresentano
una sintesi di tutte le negazioni e di tutte le affermazioni. Nei fasci
si danno convegno spontaneamente tutti coloro che soffrono il disagio
delle vecchie categorie, delle vecchie mentalità. Il fascismo mentre
rinnega tutti i partiti, li completa. Nel fascismo che non ha statuti,
che non ha programmi trascendenti, c'è quel di più di libertà e di
autonomia che manca nelle organizzazioni rigidamente inquadrate e
tesserate" - - Il Popolo d'Italia, 6 ottobre 1919 (dal manuale delle
guardie nere)
"Il M5S è un movimento non è un partito"
"Tutte le associazioni,
tutti gli altri partiti, ragionano in base a dei dogmi, in base a dei
preconcetti assoluti, a degli ideali infallibili, ragionano sotto la
specie della eternità per partito preso. Noi, essendo un antipartito,
non abbiamo - si passi il bisticcio - partito preso" - dal discorso
all'assemblea milanese dei fasci, 5 febbraio 1920 (dal manuale delle
guardie nere)
"Leggi il programma!..ma è incompleto! Lo stiamo completando!"
"Il
programma fascista non è una teoria di dogmi sui quali non è più
tollerata discussione alcuna. Il nostro programma è in elaborazione e
trasformazione continua, è sottoposto ad un travaglio di revisione
incessante, unico mezzo per farne una cosa viva, non un rudere morto" - -
Il Popolo d'Italia, 28 dicembre 1921 (dal manuale delle guardie nere)
[Un ottimo intervento di Diciotto Brumaio che spiega chiaramente quale siano le attuali mancanze dei partiti di sinistra e la funzione reazionaria del partito di Grillo e Casaleggio].
La
crisi del sistema s’acutizza ed estende sempre più costituendo ormai un
fenomeno senza precedenti. In questa temperie non deve sorprendere che
vi siano scontri e lacerazioni tra elementi dello stesso campo per
imporre la propria versione della menzogna. Ed è proprio nello stile
della polemica tra Grillo e Bersani che si può cogliere il segno della
decomposizione raggiunta dall’ideologia di coloro che si ergono, chi per
un verso e chi per l’altro, a supremi paladini per la salvezza del
paese. In mancanza di un’altra realtà, dobbiamo assistervi.
Bersani,
la cui esistenza è passata dal felice tempo ideologico del “socialismo
reale” alla cura delle rovine del modello liberista, deve obbedire per
forza alla logica degli interessi imposti da uno sviluppo in cui regna
indiscusso l’interesse particolare, l’intrigo politico e la malavita.
È
uno dei tanti che attribuisce al proprio passaggio al liberismo un
valore assoluto, perciò è ben disponibile ad imputare ai propri
avversari ogni ignominia, perché obbligato a nascondere quella che è la
sua vera colpa, che peraltro né Grillo e né altri gli imputano, e cioè
di sostenere il potere della classe dominante e sfruttatrice, e con essa
il nuovo totalitarismo.
Per
quanto riguarda Grillo, si tratta di un ribelle che propone un’azione
politica confusa ma efficace per portare garbuglio e incertezza nelle
file dei salariati. Del resto la borghesia, i padroni del mondo, hanno
ben chiaro da sempre che gli uomini possono essere liquidati o cambiati
purché la funzione rimanga indiscutibilmente sovrana.
Forse si è finalmente reso conto che la corsa all'essere più moderato è perdente in partenza. (vedi quanto scritto da Marco Bracconi)
Cosa manca a questo punto?
Una grande alleanza di forze a sinistra che faccia finalmente chiarezza chi sta dalla parte dei privilegiati e chi da quella della gente comune, includendo forze come l'ALBA e l'FDS (che in preda alla confusione, cerca il classico Harakiri con un'alleanza con il partito di destra di Di Pietro) più l'abbandono del governo di destra di Monti.
Un alleanza che ovviamente può essere solo un inizio, un mezzo e non un fine, l'inizio di una cammino in una direzione che ultimamente sembra sia stata totalmente abbandonata: la tutela dei bisogni e delle istanze della gente comune e la realizzazione di una società unita e solidale.
Un movimento aperto a quel 99 per cento
di cittadini che non vive di rendite e di finanza: che siano giovani o
anziani, deboli o forti – perché anche i forti possono prendere con
onore la responsabilità di essere garanzia degli altri.
Un movimento laico di quella laicità che è la più intelligente garanzia della solidarietà senza esegesi politica.
Nella Cosa Seria le porte sono aperte a
tutti coloro che si riconoscono nelle priorità di programma che sono
poche e chiare. Nella Cosa Seria ci si impegna ad essere includenti nel
senso più pieno: quello che combatte le oligarchie, le iniquità, le
rendite di posizione e le corporazioni.
Lo sfogo contro l'uso di termini quali "zombie" e "cadaveri
ambulanti" ha scatenato critiche e polemiche, ma il segretario del Pd
insiste nelle sue accuse: "A chi consiglia di lasciar correre rispondo
che essere riformisti significa anche piantare qualche chiodo"
(27 agosto 2012)
ROMA - Dagli avversari 1,
dai quotidiani e persino dall'interno del suo stesso partito lo sfogo
di Pierluigi Bersani contro chi usa toni violenti su internet per fare
polmica politica ha suscitato forti critiche. Il segretario del Pd, con
un evidente riferimento a Beppe Grillo e all'Italia dei valori, parlando sabato all'apertura della Festa di Reggio Emilia 2 li ha definiti "fascisti del web". Parole dure che oggi conferma e ribadisce, malgrado gli attacchi ricevuti.
"Rispetto
tutti e voglio parlare con tutti, e intendo approfittare anch'io della
sacrosanta libertà della rete - afferma il leader democratico - Non
insulto nessuno, né tantomeno voglio iscrivere qualcuno al partito
nazionale fascista che, per fortuna, non c'è più. Ho detto, e intendo
ripetere, una cosa semplice e precisa. Frasi del tipo: 'siete dei
cadaveri ambulanti, vi seppelliremo vivi' e così via, sono le frasi di
un linguaggio fascista, così come lo abbiamo conosciuto in Italia".
Militanti e simpatizzati si interrogano sulle regole
per l’elezione a Camera e Senato. Ma tutti, compresi i consiglieri
regionali, aspettano un cenno del grande capo. Sul programma si danno
per certe consultazioni e libertà di voto su temi “sensibili”. E intanto
il blog lancia dei “sondaggi” per testare un piattaforma che
difficilmente sarà garanzia di democrazia.
E’ la convinzione generale: “Faranno un risultato a due cifre”. Il 12
per cento, dicono alcuni sondaggisti, “molto di più ribattono” altri.
Eppure non c’è dubbio che il moVimento di Beppe Grillo si è prenotato per un’infornata di deputati e senatori alle prossime elezioni: nella conta finale dovrebbero risultare più di cento i parlamentari “stellati”.
Ma a pochi mesi dalle elezioni politiche, proprio con queste rosee prospettive davanti, una domanda diventa sempre più pressante per simpatizzanti, detrattori e militanti a 5 Stelle. Come verranno scelti deputati e senatori? Quali saranno i criteri, le regole, le modalità per candidarsi, entrare in lista, essere eletti?
Le risposte a queste domande, è il caso di dirlo, soffiano nel vento. Il “non statuto” del “non partito” lo dice chiaramente: “Le
regole relative al procedimento di candidatura e designazione a
consultazioni elettorali nazionali o locali potranno essere meglio
determinate in funzione della tipologia di consultazione ed in ragione
dell’esperienza che verrà maturata nel tempo”. Insomma, regole per ora non ce ne sono. E per un movimento la cui sede “coincide con l’indirizzo web www.beppegrillo.it” (sempre dal Non Statuto) non c’è da fare altro che aspettare messianicamente le disposizioni di Grillo in persona, o del suo fantomatico staff.
Non sono i soli ad avere seri dubbi sul Movimento 5 Stelle, non sono i soli a paragonare i metodi e i linguaggi dei grillini al fascismo, non sono i soli a dire che Grillo nominerà i parlamentari di persona.
E ha perfettamente ragione, lo abbiamo detto più volte: non c’è tempo
per selezionare una classe dirigente dal nulla, e comunque il tutto
passerà dalle mani del “fantomatico staff“.
Quello che segue è un brano tratto da L’Assalto (periodico fascista
edito a Bologna) l’11 dicembre 1920, tratto da R. De Felice, Autobiografia del fascismo, Torino, 2004, pagg. 50-51.
Pussisti e Pescicani
Essi vanno messi a braccetto, poiché sono nati nello stesso fango (...)
Essi
hanno fatto fino ad oggi il finto gioco di addentarsi e di sbranarsi
l’un l’altro, ma è stata questa la solita bugiarda schermaglia di tutti i
lenoni e di tutti i briganti, intesi a leticarsi i trenta soldi di
Giuda.
Contro gli uni e contro gli altri, noi, fascisti, combattiamo e combatteremo fino alla morte la nostra battaglia.
I fascisti non sono, e non vogliono essere, un partito.
Essi
sono sorti, per generazione spontanea, per un gesto di ribellione di
tutta la giovinezza italica, perennemente romantica e perennemente
garibaldina, contro la vigliacca tirannia di piccole e grosse minoranze,
protette dall’incosciente senilità di uno Stato che, come è fatto oggi,
più non serve, e di un Re travicello non meno inservibile e non meno
inutile.
Certo, è una casualità, perché Grillo predica la democrazia diretta e
non la tirannia e quindi i paragoni sono impropri. Però, ecco, proviamo a
sostituire a “pussisti e pescicani” le parole “PdL e PdmenoElle”, alla
parola “fascisti” la parola “movimento”, alla parola “re” la parola
“presidente della Repubblica” e poi ditemi voi se non vien da
giustificare pure certe sortite recenti del Bersani.
Ricapitolando, per essere filologicamente corretti: l’espressione
testuale «fascisti del web» Bersani non l’ha usata, e ciascuno – vedendo
il video su YouTube – può decidere se si tratta di una sintesi
giornalisticamente corretta o fuorviante (certo, all’Unità non è dispiaciuta)
Ma, filologia a parte, non è certo la prima volta che Bersani si lascia
andare a opinioni sulla Rete che palesano una certa alterità, se non una
palese avversione. Arturo Di Corinto e io ci abbiamo dedicato diverse
pagine dei “I nemici della Rete”, un paio d’anni fa, e purtroppo la
situazione non pare molto migliorata. Anzi.
Il problema culturale di base lo sintetizza bene Luca Sappino nel suo ultimo post. Bersani
pare convinto che la Rete non faccia parte davvero della realtà, che
sia una cosa altra e contrapposta rispetto al mondo vero, quasi un
rifugio in cui si nascondono i malintenzionati («venite fuori a dircele
certe cose», sottinteso: “se ne avete il coraggio”).
In più, rifletteva ieri su Facebook la collega e amica Cristina
Cucciniello, in Bersani sembra essere scattato un meccanismo mentale
secondo cui il web starebbe a Grillo come le tivù stavano a Berlusconi.
Un qui pro quo non solo assurdo (la Rete, per ora, non ha padroni) ma
soprattutto autolesionistico, dato che offre su un piatto d’argento a
Grillo proprio quello che Grillo vuole, cioé identificarsi con tutto il
web italiano pur essendone solo una (minoritaria) parte.
Ora, tuttavia, io non spenderó più tempo ed energie per provare a
spiegare a Bersani che realtà digitale e realtà fisica non sono
antitetiche ma si compenetrano e si alimentano a vicenda; né gli
riscriverò che la salamella e la bocciofila non sono alternative né
tanto meno conflittuali rispetto alla Rete e ai social network; né gli
ripeterò che se non capisce internet non capisce un pezzo importante
della realtà (anche) italiana di questo secolo.
C’è un tal Yuri Tassoni che,
almeno su facebook, pare un sostenitore piuttosto accanito del
Movimento 5 Stelle. Tal Yuri Tassoni, sempre su facebook, così commenta
la notizia pubblicata dalla Repubblica di Parma[durante le ultime elezioni comunali di Parma] secondo cui il candidato del centrosinistra Bernazzoli, diventasse sindaco, vorrebbe portare in città il GayPride.
Ora, seppur Grillo non può certo esser ritenuto responsabile di
quanto ogni suo sostenitore dice o fa, di come tratta la gente, se
picchia la moglie, se non cede il posto sul bus ad anziani e donne
incinta, se si mette le dita del naso, fa gestacci o se, appunto, si
cimenta in prestazioni di rara omofobia, permetterete che si possa
considerare, senza far torto a nessuno, il gesto del tal Yuri Tassoni
come una conseguenza diretta del «At salut, buson!» gridato da Beppe
Grillo dal palco di Bologna l’otto maggio scorso, e ripreso da centinaia
di telecamere e quindi rimbalzato per televisioni e canali youtube.
E’ interessante analizzare la retorica dei nuovi movimenti populisti come il 5 Stelle di Beppe Grillo.
Spesso viene richiamata l’analogia con il “Fronte dell’Uomo Qualunque”
di Guglielmo Giannini per le connotazioni antipolitiche, da cui Grillo
prende anche alcuni espedienti, come la storpiatura dei nomi dei
personaggi oggetto della sua critica.
Ma esistono anche altri elementi. La polemica contro i partiti
esistenti assume un carattere che per certi aspetti ricorda quello della
stagione di Tangentopoli, secondo una netta contrapposizione di
“vecchio” e “nuovo”, per cui i soggetti politici esistenti sarebbero dei
“morti che camminano”, esponenti di un ordine superato, che aspetta
solo di essere “spazzato via” dall’indignazione dei cittadini
(addirittura tramite “giurie popolari” e annessi processi sommari).
Grillo svolge questa prospettiva di critica dell’esistente alla luce
di una prospettiva di rinnovamento totale, che si espliciterebbe in una
“democrazia digitale”. L’avvento della rete rivoluzionerebbe il rapporto
tra governanti e governati, abolirebbe qualunque forma di mediazione
politica e permetterebbe ai cittadini di avere un rapporto diretto con
le istituzioni, in una sorta di ideale democrazia totale in cui i
cittadini si autogovernerebbero attraverso la rete. La “vecchia
politica” che non ha compreso questo ineluttabile destino andrebbe
incontro a un’ineluttabile superamento.
Innanzitutto è segno di arretratezza culturale il sorprendente
ritardo (20 anni dopo la creazione di Internet, 12 dopo lo scoppio della
bolla dot-com e delle grandi speranze riposte nelle new economy, 9 anni
dopo l’invenzione di Facebook) con cui si “scopre” un presunto valore
rivoluzionario della rete.
Ho visto oggi un documentario sulle locuste e mi è ora venuto in mente, scrivendo il titolo, un paragone con i fan del comico-insetto.
Le locuste iniziano come normali cavallette, che sono solitarie e “misantrope” (“mis-cavallettiche” mi sembrava un aggettivo un po’ troppo originale), un po’ come gli elettori sfiduciati
che decidono di non andare più alle urne, e pertanto se ne stanno da
soli, chiusi nel loro rancore a sgranocchiare foglie fresche.
Come fanno allora a diventare locuste e formare immensi sciami devastanti? Lo fanno per contatto. Si è infatti scoperto che le locuste provano un grande piacere nel contatto fisico, specialmente con i propri simili.
Pertanto, una volta provato questo tipo di contatto, tendono a stare insieme fino a formare masse enormi di insetti voraci.
Il paragone con il Grillino medio è immediato:
sfiduciato dai propri partiti e dalla politica, si chiude
nell’isolamento totale, finchè non viene “toccato” da una massa di altri
sfiduciati misantropi, e da lì decide di non averne mai abbastanza.
Quando l'altra sera mi è stato chiesto di motivare la mia avversione a
Grillo, la prima risposta che mi è venuta tra quelle sbrigative faceva
riferimento al fatto che quando avevamo Berlusconi veniva difficile
immaginare qualcuno peggiore visualizzandolo (cioè anche senza essere
politologi era facile comprendere il perché Berlusconi non in quanto
persona ma in quanto realtà si delineasse sempre più come l'asfalto per
la pista d'atterraggio di qualcuno peggiore, ma non se ne poteva
scorgere ancora il volto e questo era un formidabile appiglio per chi
non condivideva quella diffusa previsione), ma alla fine è arrivato e
quel qualcuno è Grillo.
Ma la risposta non era completa perché il (mio) problema non è tanto
Grillo quanto quelli che oggi lo seguono e sostengono, che più o meno
ricalca in fondo anche i perché dell'avversione a Berlusconi.
Per entrambe le persone ci sono persino elementi di stima, solo degli
accecati non sono disposti a riconoscere loro indubbie capacità, il
problema è quello che sono obbligati a materializzare/devastare intorno
per farsi possibili e duraturi.
Due realtà che si dimostrano appartenenti alla stessa specie anche
osservando un altro elemento che si è fatto solido attraversandole
entrambe: l'opera di Travaglio, i cui danni oggi sono purtroppo
superiori ai vantaggi che sono certo essere nelle sue oneste intenzioni.
Ma i danni che fa in un contesto come quello di oggi sono superiori ai vantaggi e questo è un Fatto che va ammesso, soprattutto ora che quei danni hanno anche un volto, una barba e un sacco di groupie.
Era ora che uno dei leader si prendesse la responsabilità
di chiamare le cose col proprio nome: troppo tardi, ma meglio tardi che
mai.
Eppure per sconfiggere i fascismi di oggi – bravissimi a dissimularsi
da rivoluzionari della politica e della morale – non basta chiamarli
per nome. C’è da togliere loro l’habitat in cui sguazzano.
Dire fascisti non basta, e se resta un dire senza politica rischia di
essere perfino controproducente. Bisogna mettersi a testa bassa e
smontare l’immagine di privilegio che – a torto o a ragione – si è
creata attorno ai partiti. Adattare i tempi e i modi della politica alla
crisi culturale in atto. Comprendere le pulsioni dell’opinione
pubblica senza assecondarle. Disfarsi dell’abito di saccenza. Parlare
alla pancia delle persone con spirito maieutico e non pedagogico.
Per troppo tempo i manganelli digitali sapientemente manovrati dai
guru della non-democrazia diretta sono stati relegati nel rassicurante
alveo dell’antisistema. E indugiando nell’equivoco, colpevolmente, si è perso tempo prezioso.
Potrebbe essere troppo tardi. Ma meglio tardi che mai. Bersani
fa bene a ricordare il 1919 e a invitare tutti a rileggersi un po’ di
storia. Adesso però lui e gli altri si rileggano quella stessa storia, e
rimandino a mente il capolavoro suicida con cui gli attori della
democrazia di allora aprirono la strada al fascismo.
E dopo aver avuto il coraggio di chiamare le cose col loro nome, evitino di fare gli stessi identici errori.
1) La ggente nn siamo ne di destra, ne di sinistra, ne di centro. Noi non siamo! 2) Fascisti ha noi? ahahahahaha. Ma ke vuol dire? Eppoi il fascismo era itagliano o no? Meglio itagliano che zinghiro!
3) Squatrismo? Ha noi ggente nn ci piacciono le kose skuadrate. Al
massimo, ci piacciono i triangolini xké siamo maski e no inverititi! 4) Bersano è un falito in kombuta con scii kimike e Frustalupi 5) Ci vediamo in Parlamento. Sarà un orgasmo.
L’insulto al presidente della
Repubblica, la costante delegittimazione del suo ruolo istituzionale, la
volgarità assunta come arma politica finalizzata al discredito
personale accomunano da tempo Beppe Grillo e Marco Travaglio. Si può
dire che questo sia oggi l’asse centrale della loro comune strategia.
Una strategia sfascista.
Che non ha alcuna parentela con il giusto diritto di critica o con la
legittima difesa delle proprie posizioni: la violenza delle ingiurie
coinvolge infatti le istituzioni e punta ad annientare qualunque analisi
complessa, o comprensione di interessi contrapposti, o percezione di
valori costituzionali in gioco. È il metodo del populismo. Congeniale
alle culture autoritarie e di destra. Purtroppo esportato di questi
tempi anche in territori che dovrebbero esserne ostili.
Ieri però la coppia Grillo-Travaglio, tra un insulto e l’altro, ha
tirato fuori un argomento che violenta anche il principio aristotelico
di non-contraddizione. Secondo la loro strampalata tesi, Napolitano si
starebbe impegnando con tutte le forze per modificare il Porcellum al
fine di impedire la vittoria elettorale del Movimento 5 stelle.
Il miglior commento al nuovo libro di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, «Siamo in guerra», è un auspicio che ha espresso Marta Dassù aprendo il volume monografico di Aspenia su Media 2.0, Potere e Libertà: «Ci vuole 'cyber-realismo'». Perché la realtà odierna della Rete è complessa,
a tratti imperscrutabile. Tacerlo, o peccare di idealismo (in senso
positivo o negativo, non cambia), significa nuocere alla comprensione
dei problemi che pone. Attualissimi, dirompenti, e tutt'altro che
risolti.
Il testo di Grillo e Casaleggio contiene
questo peccato originale già nel titolo: «Siamo in guerra». Una guerra,
specificano subito gli autori, «feroce», «totale», tra «due mondi, tra
due diverse concezioni della realtà». Quali siano si evince dalla
copertina: «la Rete contro i partiti». Da un lato, l'ineffabile
(o quasi) «intelligenza collettiva» di Internet, dove «ognuno vale uno».
Dall'altra, tutti insieme indistintamente, i cattivi: media
tradizionali, politica, economia e relativi rapporti di potere.
Gli eccessi e le banalizzazioni risultano, a tratti, degne di un comico. Qualche esempio:
Stato che contraddistingue al meglio lo spirito del gruppo “Siamo la Gente, il Potere ci temono” che dal 6 luglio scorso, su Facebook,
si diverte a fare il verso a tutte quelle forme populistiche, gridate,
demagogiche di fare informazione e politica che da tempo spopolano nel
Web.
Ed è proprio per questo intento satirico che parole
come “Casta”, “Vergogna”, “Potere” o esortazioni del tipo “fate girare”
sono tra le più utilizzate da parte degli amministratori del gruppo per
comporre stati e messaggi. Un linguaggio che richiama volutamente
quello presente in tutte quelle immagini che girano in maniera virale
in rete con il proposito di denunciare censure, fatti o scoperte
scientifiche rivoluzionarie sconosciute “al popolo” -. Un metodo
comunicativo che per farsi ascoltare si differenzia fin dalla forma con
l'uso del caps lock. Una lingua gridata, che vuole opporsi al
silenzio imposto e oppressivo del Potere. Volontà prontamente ripresa
dal gruppo in questione e trasformata in maniera dissacrante in una forma paradossale “ABBASSO LE MINUSCOLE. LA GENTE VUOLE LE MAIUSCOLE,CHE AL PALAZZONE CI DEVONO SENTIRE, I SCHIFOSI.”
Caricato da amicigrilloge
in data 26/ott/2009
Video integrale del convegno "Rifiuti o Risorse?" tenutosi a Genova,
Palazzo Tursi (Municipio) il 19 ottobre 2009 ore 17,30 (1a di 14 parti) www.amicidibeppegrillogenova.it
19 ottobre 2009 - Conferenza "Rifiuti o Risorse ?" a Palazzo Tursi - Genova,
interventi di
Andrea Di Stefano - Rivista Valori / Banca Etica;
Carla Poli - Centro Riciclo Vedelago; Domenico Scilipoti - Commissione Ambiente Camera dei deputati;
Partecipate, 3 consulenti esterni: 2 condividono lo studio con Capelli
Paolo
Pavarani, Marco Bigliardi e Giovanni Massera sono stati designati dal
Comune di Parma, attraverso un incarico esterno retribuito da 4.800 euro
ognuno fino a dicembre. Dall'Olio: "2 collaboratori di studio"
di Redazione 24/07/2012
Paolo Pavarani, Marco Bigliardi e Giovanni Massera sono stati designati dal Comune di Parma, attraverso un incarico esterno retribuito da 4.800 euro ognuno,
di far luce sulla situazione delle società partecipate, un sistema a
scatole cinesi per il quale sono necessarie competenze specifiche e
professionali. Peccato che 2 dei 3 nuovi consulenti del Comune di Parma
sarebbero in stretto contatto professionale con l'assessore Gino Capelli e collaborerebbero con lo studio professionale di Capelli, ruolo che il neo assessore ha lasciato una volta nominato in giunta.
La Botta (qualche spiritoso dice “nomen omen”) è infatti accusata di spaccio, ed è stata già arrestata.
La Botta era consigliere comunale a Genova, pertanto una degli “eletti” a 5 Stelle, la punta di diamante per cambiare l’Italia in meglio.
In meglio? Candidando una che si fa arrestare per spaccio di droga? Ottimo lavoro, Grillini.
A COMINCIAMO BENE RAI3, Scanzi e altri ospiti discutono sull'ordinanza
anti-drink di Pizzarotti a Parma. A mio modesto parere è stata fatta per
soddisfare le "sciure" parmensi orfane di Berlusconi che ora votano
M5S. Tra gli intervenuti: Federica Salsi ( M5S Bologna ) , Mario Ajello (
Il Messaggero ) e Alessandra Bencini ( M5S ). Anche i Subsonica hanno
successivamente criticato il Movimento 5 Stelle http://www.youtube.com/watch?v=vuZ4yVfMD-4
Cosa ci vuoi fare ? Io sono
irrimediabilmente attratto dalla DIFFERENZA tra ciò che si è e ciò che
si vorrebbe dimostrare di essere.
E questa DIFFERENZA è ciò che io considero la vera comicità nei
comportamenti e nelle azioni umane ( comprese quelle politiche )