Era ora che uno dei leader si prendesse la responsabilità
di chiamare le cose col proprio nome: troppo tardi, ma meglio tardi che
mai.
Eppure per sconfiggere i fascismi di oggi – bravissimi a dissimularsi
da rivoluzionari della politica e della morale – non basta chiamarli
per nome. C’è da togliere loro l’habitat in cui sguazzano.
Dire fascisti non basta, e se resta un dire senza politica rischia di
essere perfino controproducente. Bisogna mettersi a testa bassa e
smontare l’immagine di privilegio che – a torto o a ragione – si è
creata attorno ai partiti. Adattare i tempi e i modi della politica alla
crisi culturale in atto. Comprendere le pulsioni dell’opinione
pubblica senza assecondarle. Disfarsi dell’abito di saccenza. Parlare
alla pancia delle persone con spirito maieutico e non pedagogico.
Per troppo tempo i manganelli digitali sapientemente manovrati dai
guru della non-democrazia diretta sono stati relegati nel rassicurante
alveo dell’antisistema. E indugiando nell’equivoco, colpevolmente, si è perso tempo prezioso.
Potrebbe essere troppo tardi. Ma meglio tardi che mai. Bersani
fa bene a ricordare il 1919 e a invitare tutti a rileggersi un po’ di
storia. Adesso però lui e gli altri si rileggano quella stessa storia, e
rimandino a mente il capolavoro suicida con cui gli attori della
democrazia di allora aprirono la strada al fascismo.
E dopo aver avuto il coraggio di chiamare le cose col loro nome, evitino di fare gli stessi identici errori.
Fonte: Marco Bracconi