Scritto da Emilio Fabio Torsello il 30 agosto 2012

“Gli artisti invitati sul palco – si chiede Grillo – lo fanno per solidarietà verso il pdmenoelle o a fronte di un ricco cachet?
E questo cachet a quanto ammonta? Domande perdute nel vento, blowing in
the wind…”. E ancora si domanda: “Ma quanto esattamente? Con che soldi
sono organizzati? Forse – chiede – quelli del finanziamento pubblico
o grazie alla generosità di imprenditori “amici” e disinteressati, tipo
Riva (il proprietario dell’Ilva di Taranto, ndr) per intenderci?”.
Il gioco è sottile e il colpo basso, ma il messaggio è chiaro: gli italiani hanno dovuto coprire le spese per il cachet di Benigni. Soldi pubblici. O peggio: Benigni è venduto ai potentati imprenditoriali. Immediata la smentita
del diretto interessato: “Per abitudine – ha fatto sapere Lucio Presta,
portavoce di Benigni – non prendiamo soldi dai partiti e anche questa
volta non abbiamo incassato nulla dal Pd, ma dai biglietti venduti per
lo show. Nel mondo dello spettacolo se c’è gente che viene a vedere
l’artista e paga, incassiamo, altrimenti no. Non c’è nessun minimo
garantito. Se poi Grillo vuole discutere di cachet, anche del suo,
naturalmente – conclude – sono sempre pronto a incontrarlo”.
Ma il discorso di Grillo non sta in piedi anche per un altro motivo
: la comicità di Benigni spesso ha colpito la politica – e Grillo, è innegabile, fa politica dal suo podio – e lo ha fatto sempre senza sconti verso chicchessia anche sulle reti RAI,
queste sì, finanziate con i soldi pubblici. Agli italiani stava bene,
anzi, le performance del comico fiorentino facevano registrare il “tutto
esaurito”.
Adesso – ma questo forse Grillo lo dimentica – anche il Movimento 5 Stelle di cui l’altro comico – quello genovese – fa da araldo, è sceso in politica e inevitabilmente sarà bersaglio della satira.
Che non dovrebbe essere zittita con gli isterismi del “quanto guadagni”
o del “chi ti paga”, ma incoraggiata in quanto espressione di libertà
d’espressione. Qualcuno lo ricordi anche a “Beppe”: si turi il naso e si
faccia una risata.
Fonte: Diritto di critica