sabato 14 luglio 2012

Dall’Unto del Signore all’Ingrassato dalla Rete. Grillo e i rischi per il M5S

di Simone Olivelli
 
Checché ne dicano i sostenitori del neonato partito, commentare la politica da loro portata avanti, sorvolando sull’ingombrante presenza sulla scena di Beppe Grillo, oltre a essere un compito molto arduo sarebbe anche un’operazione in un certo qual senso monca.

Nonostante la rivendicata incandidabilità del comico genovese, la sua figura continua a far discutere gli analisti e questo non per via di una strategia pianificata dall’establishment con il mal celato intento di minare la credibilità dei programmi – anche perché, se parlare di Grillo nuocesse al consenso generale, i primi a doversi porre delle domande dovrebbero essere gli stessi sostenitori – ma perché al momento egli continua a rappresentare la matrice dell’intero Movimento 5 Stelle.

Che venga accusato di antipolitica (di cui condividerebbe il patrocinio con l’Idv di Di Pietro) che vesta i panni di nuovo guru o semplicemente urli dai palchi allestiti in suo onore, Grillo rappresenta il grimaldello con cui scardinare gli equilibri della cosiddetta Casta.

Finalità che peraltro non sarebbe criticabile, specialmente a guardare lo statu quo della politica italiana, se non fosse però per i mezzi che vengono impiegati nel perseguirla.

Infatti se una riflessione, sia sugli attuali equilibri istituzionali che sulla deriva a cui sembrano destinati quei personaggi che da anni presenziano sulla scena politica, rimane un atto da considerarsi non solo auspicabile, ma anche vitale; un attacco all’intero sistema dei partiti e, di conseguenza, al concetto di democrazia rappresentativa, appare pretestuoso e ingiustificabile, se non come scelta pragmatica in un’ottica, però, di mero marketing.

Sostenere che i partiti non abbiano più senso di esistere, in quanto residuati del secolo scorso,  e rivendicare l’ideale (sic!) di una politica intesa come mero funzionamento – magari snello e puntuale – della macchina amministrativa, è un modo estremamente povero di affrontare la complessità della res publica e, più in generale, della vita in società.

[Nota di ControGrillo: In realtà questa idea della politica intesa come mero funzionamento della macchina amministrativa non è affatto una idea nuova, anzi si è fatta sempre più strada dopo la fine della Guerra Fredda e il crollo del blocco socialista.

Dagli anni '90 in poi si è dato per scontato che ci potesse e ci dovesse essere un solo modo di concepire il mondo, l'economia e i rapporti sociali. Abbiamo assistito al trionfo dell'ideologia capitalista. La politica, i partiti e i governi sono stati subordinati all'economia, ai poteri economici, e di fatto hanno accettato senza troppe storie questa loro sottomissione.

Le elezioni politiche sono diventate sempre più una questione di combinazione tra immagine e sensazioni e sentimenti che si vogliono suscitare nell'elettore.
L'elettore non deve identificarsi nei progetti (semplici, sintetici, spesso in pratica poco seri e inutili a creare vero cambiamento) ma nell'immagine che i candidati danno di sè.
Assistiamo così, per esempio, alle elezioni americane, dove i candidati alla presidenza fanno a gara a chi è più scherzoso, più sportivo, più religioso, più buon padre di famiglia e così via...

In pratica gli eletti, i deputati e i governi diventano sempre più la facciata, i portavoce della suprema "ragione" economica, la maschera dietro cui si nascondono i grandi poteri economici. E come risultato, che si voti destra o sinistra sembra di avere a che fare sempre con la stessa gente, le stesse idee, lo stesso modus operandi.

In casi particolari, come nel presente in Italia, i poteri economici sono costretti a mettere da parte i "portavoce" politici e a governare essi stessi direttamente con i loro migliori tecnici, ideologi e rappresentanti manageriali.
Questo sia per preservare i propri profitti in tempi di crisi, sia per attuare quelle politiche invise alla popolazione, ma da sempre auspicate dai grandi poteri economici, che se portate avanti dai partiti danneggerebbero in maniera troppo forte la "democrazia" di facciata destabilizzandola e causando così nuovi problemi ai profitti dei poteri forti.
Politiche come i tagli alla spesa sociale (istruzione e sanità), riforma delle pensioni, perdita dei diritti sul lavoro, che poi verranno mantenute negli eventuali futuri periodi di prosperità di modo da ingigantire a dismisura le entrate delle grandi aziende legate ai tecnici di governo.

Assistiamo così alla nascita dei governi tecnici, come il governo Monti, e al trionfo, non più mascherato, del tecnicismo, della suprema tecnica economica da cui tutto dipende che però -non si sa come- avvantaggia sempre e solo gli stessi pochi privilegiati, con i risultati negativi che tutti conosciamo per i lavoratori e le fascie di popolazione di reddito medio e basso.

Questo non è altro che la completa esautorazione della politica, dei governi, della Costituzione e del parlamento cioè in special modo del potere dato dal Popolo ai rappresentanti da esso scelti.  
I Popoli vengono completamente estromessi dalle decisioni.
(Vedi anche qaunto detto da Paolo Barnard alla puntata di Matrix del 15-11-2011)

Ora cosa propone il MoVimento 5 Stelle in alternativa a tutto questo?

La stessa identica cosa: trionfo del tecnicismo (che ovviamente si rivolgerà a favore dei poteri forti, in mancanza di idee forti di cambiamento VERO da contrapporre a questi) e morte delle ideologie e quindi della politica (cioè proprio di quello che potrebbe davvero infastidire i poteri forti se ci fossero idee forti e la volontà ancor più forte di attuarle).

Infatti, il M5S propone:

- Una politica intesa come mero funzionamento della macchina amministrativa, e quindi una politica espressione dei poteri forti, dove le idee e i buoni propositi di cambiamento per il miglioramento della vita del Popolo soccombono di fronte alle necessità di funzionamento della macchina (economica).

- Una politica basata SOLO su un programma, vago e spesso inattuabile, dove tutto ciò che invece è attuabile può essere utilizzato con profitto da grandi aziende in taluni casi legate anche - perchè no?- a una propaganda ecologista di facciata (vedi mission della Global Trends di Sassoon).
Una politica basata sul programma e non sulle persone votate e sulle loro idee e capacità, persone magari scelte appositamente per la loro incompetenza poichè facilmente manovrabili dall'alto (dai clienti della  Casaleggio Associati tramite Grillo) e che possono essere buttate via senza problemi da un momento all'altro nel caso iniziassero a dare fastidio opponendosi alle decisioni dei vertici.

Vi sembra diverso da quello che stiamo già vivendo? NO, è la stessa identica cosa.

La conclusione è che il MoVimento 5 Stelle è un partito creato e diretto dall'alto allo scopo di indebolire ulteriormente ogni istanza e lotta dal basso per il VERO cambiamento sociale, fa parte cioè di un vasto programma/visione in parte creatosi da sè (nessuno aveva mai davvero imposto ai partiti e ai politi di corrompersi, sottomettersi, vendersi al miglior offerente e pensare solo al denaro, ma così hanno fatto) e in parte costruito, progettato e adattato alla situazione esistente, in continuo adattamento ai continui mutamenti della situazione politica di modo che qualunque proposito veramente rivoluzionario, che possa scaturire dalla presente situazione d'insofferenza popolare, venga invece incanalato in qualcosa di accettabile, controllabile e riutilizzabile a favore dei profitti delle elites economiche e dei poteri forti italiani e internazionali legati alla Casaleggio Associati e alle altri grandi aziende sue clienti.

Questo è il MoVimento 5 Stelle: si presenta come rivoluzionario, quando rivoluzionario non è affatto.
Quello che vende è solo l'ILLUSIONE della partecipazione popolare e noi, Popolo, dovremmo accontentarci solo di questo?

No, grazie.]

Inoltre, per via della continua applicazione di un riduzionismo che, spesso e mal volentieri, finisce per sconfinare in quel qualunquismo noto ai più per fare di tutta l’erba un fascio, Grillo, proprio nel momento in cui si pone come elemento di innovazione, ricorda in maniera inquietante il passanto recente dell’Italia.

Le differenze tra lui e Berlusconi sono senz’altro maggiori degli elementi che potrebbero accomunarli; tuttavia, concentrarsi sulla natura di questi ultimi è di fondamentale importanza, a maggior ragione se si considera ciò che gli ultimi diciassette anni hanno riservato alla vita politica e socio-culturale del Paese.

Il leader del Movimento 5 stelle è passato in breve tempo dal ruolo di chi veniva censurato dalla stampa di regime, impegnata a silenziare il dissenso, a quello di personaggio ammantato di una sacralità tale da escludere a priori l’accostamento con gli altri esponenti politici.

La predilezione per il web e la massiccia critica – peraltro anche comprensibile – ai media tradizionali, televisione su tutti, sono diventati pretesti ottimali per giustificare la sottrazione di Grillo dal confronto dialettico con quelli che – per quanto non meritevoli o politicamente defunti, egli li consideri – rimarrebbero i suoi avversari o, per dirla utilizzando il lessico a lui caro, i rappresentanti dei cittadini, suoi veri interlocutori.
Come se non bastasse, la reattività – in genere condita con una aggressività che può essere considerata tutto fuorché un elemento di innovazione – con cui è solito rispondere agli appunti fatti da chi osa avere da ridire su quanto da lui dichiarato, lo pone nella posizione di chi è incapace o non disponibile ad alcuna autocritica. Anche questo, un atteggiamento che gli italiani hanno nel tempo imparato a conoscere e deprecare.

L’instabilità di un contesto come quello attuale, sancita se ce ne fosse stato bisogno dai risultati delle elezioni amministrative, lascia presagire che per il M5S vi sia, specialmente nel futuro a breve termine, la possibilità di ampliare ulteriormente il proprio consenso.

Questo dato dovrebbe portare gli esponenti del Movimento – gli eletti in prima linea, ma anche chi rimarrà a fare politica nelle sedi – a riflettere sull’opportunità di iniziare a delineare una propria identità, separata da ciò che Grillo impersona.

Una tale scelta, però, andrebbe fatta in maniera concreta ed estesa, ma soprattutto non solo per fini propagandistici; come accaduto a quei neoeletti che – ennesimo paradosso -, per acclarare la propria indipendenza ,hanno tenuto a sottolineare di non possedere neanche il numero di telefono del leader, dimostrandone così l’ingombranza della presenza.

Prendere le distanze – che non significa ripudiare -  dal comico genovese comporterebbe chiaramente anche delle controindicazioni. Su tutte, quella di non poter usufruire del clamore scaturito dalle sue performance che, per quanto criticate, oramai tengono banco anche su quegli organi di informazione che fino a poco tempo fa trascuravano in toto il fenomeno Grillo.

[E già! Tutti i media parlano di Grillo. Però Grillo avrebbe contro i poteri forti.
E ora chi glie lo dice a Travaglio che se i poteri forti fossero davvero contro Grillo il suo nome non apparirebbe mai sui grandi media? (Forse, che so, giusto una volta ogni uno o due anni, per far vedere quanto si è pluralisti e democratici...vedi quanto succede a Barnard)]

Tuttavia, per il bene del Movimento 5 Stelle ma più in generale dell’intera politica italiana, questa parrebbe essere l‘unica via praticabile, specialmente per coloro che – a ragione – si dichiarano stanchi di dover sorbire minestre decennali e a zero nutrimento.

Se così non fosse, il rischio è quello di rimanere impantanati nel terreno di sempre, per la delusione di chi ci avrà creduto e il sollievo di chi, invece, aveva temuto un reale cambiamento.

Era il 1994 quando il Cavaliere, poco prima di perdere il suo primo governo, si definì «l’Unto dal Signore»; oggi, la speranza è quella di non doversi ritrovare un giorno a considerare Grillo «l’Ingrassato dalla Rete».
D’altronde, Dio è morto o comunque è una roba vecchia duemila anni.

maggio 9, 2012