Supponiamo di trovarci in una stanza di nome ragione accanto ad un
altra di nome credenza; le due stanze divise da un muro con al centro
una porta sempre aperta. Come si comporta una buona parte dei grillini
durante un ragionamento, quando cade in contraddizione? Cambia una o più
volte e con la più assoluta disinvoltura la stanza, passando così ogni
volta con naturalezza dalla ragione alla credenza e indietro. A volte ci
va per intero e a volte ci mette dentro solo un piede. Infine, sempre
come se niente fosse, torna nella stanza della ragione, chiude la porta
dietro alle sue spalle, si lava le mani e poi accusa un suo
interlocutore di non aver capito un suo discorso “rappezzato”, una sorta
di miscuglio-imbroglio composto da un intreccio o groviglio senza
ordine ne criterio logico. Perché lo fa? Lo fa per complementare, per
fare “quadrare” ogni suo ragionamento, l’aver ragione anziché ragionare.
Per arrivare in una prima fase alle conclusioni desiderate o
anche solo per confermare dei pregiudizi, viene quindi attivato un
dispositivo semplice ma ingegnoso che funge da filtro: i fatti oggettivi
e le relative informazioni, che corrispondono o che sembrano
corrispondere con la propria veduta o alle proprie aspettative, vengono
raccolti e memorizzati, mentre tutto ciò che non corrisponde rimane
appeso nel filtro, per poi venire immediatamente cancellato; così può
accadere che la propria veduta e un fatto oggettivo sembrano realmente
coincidere, tuttavia solo in quei casi dove si coprono opportunamente
con la propria veduta o aspettativa, ma non necessariamente con la
realtà.
Ecco, una buona parte dei grillini da sempre usa fare così: il
classico piede posto contemporaneamente in due staffe. Ovvio poi che i
soggetti in questione - essendo ogni ragionamento composto anche da una o
più variabili che all’occorrenza permetteranno di complementare in modo
irrazionale qualsiasi incongruenza nei fatti - riusciranno in ogni
momento a creare una loro certezza soggettiva all’apparenza non
modificabile con la logica né con l’evidenza perché infatti non generata
dalla ragione. La quotidianità Grillo è perciò un continuo elogio
dell’assurdo, un perenne fare e disfare senza un chiaro obiettivo; un
girovagare senza sosta, un contorcersi intorno a delle assunzioni,
ipotesi e simili. Il tutto in prevalenza per evitare o rimandare ciò che
prima o poi si evidenzierà come l’affermazione dell’assurdo.