01/05/2008

Alla
fine degli anni Settanta Giuseppe Piero Grillo prende moglie: a Rimini
conosce la proprietaria di una pensioncina, Sonia Toni, e in breve la
sposa. Avranno una figlia, Valentina, e Davide, nato purtroppo con dei
problemi motori. Il girovagare di Grillo tra i residence di Roma e
Milano, tuttavia, renderà le cose difficili molto presto. Su un
importante quotidiano nazionale, pochi anni dopo, la moglie
rilascerà un’intervista in cui accuserà il marito di non andarla a
trovare praticamente mai e soprattutto di lasciarle sempre pochissimi
soldi. (...sempre generoso, fin da quando non era ancora Savonarola...)
L'OMICIDIO COLPOSO PLURIMO (La
storia di questo omicidio dimenticato è stata tirata fuori dal Tafanus
nel settembre 2007, quando il media-system italiano impazzava per il
predicatore).
Il 7 dicembre 1982, da Limone
Piemonte, decide di partire con alcuni amici alla volta di Col di Tenda,
sulla antica via romana tra la Francia e la Costa ligure. In pratica,
Una strada sterrata militare in alta quota che porta a delle antiche
fortificazioni belliche. (Parlo, ovviamente, della parte alternativa al tunnel).
Con lui ci sono i coniugi Renzo Giberti e Rossana Guastapelle, 45 e 33
anni, col figlio Francesco di 8, oltre a un altro amico che si chiama
Alberto Mambretti. Un quinto amico, Carlo Stanisci, forse si avvede del
pericolo e decide di scendere assieme alla fidanzata e al cane. Una
scelta di buon senso, che salverà la vita al gruppetto dei
"rinunciatari". Quel viaggio, d’inverno, è una follia. Un altro gruppo
di amici, nonché un’opportuna segnaletica, sconsigliano vivamente; a
esser precisi, la strada è tecnicamente chiusa. Fa niente: Grillo ha uno
Chevrolet Blazer, un costoso ed enorme fuoristrada, inquinantissimo
(non so se a quell'epoca le "prediche verdi" fossero già iniziate).
Finisce
malissimo: all’altezza di Bec Rouge, alpi francesi, l’auto sbanda su un
ruscelletto ghiacciato e scivola verso una scarpata. Grillo riesce a
scaraventarsi fuori dall’abitacolo, ma gli altri no, e l’auto rotola
nella scarpata per un’ottantina di metri. Mambretti sopravvive non si
sa come. I due coniugi muoiono, e ciò che resta del figlio viene
trovato sotto la fiancata dell’auto.
Sconvolto, Grillo si rifugia nella casa
di Savignone che divide col fratello. Ma aspettando il processo, non si
ferma: ha appena ultimato «Te la do io l’America», nel 1982 è
protagonista di «Cercasi Gesù» diretto da Luigi Comencini e nel 1984
l’attende «Te lo do io il Brasile».
Nell’84 c’è il processo per
l’omicidio colposo. Emblematico l’interrogatorio in aula: «Quando si è
accorto di essere finito su un lastrone di ghiaccio con la macchina?»;
«Ho avuto la sensazione di esserci finito sopra prima ancora di
vederlo»; «Allora non guardava la strada». Il 21 marzo, dopo una lunga
camera di consiglio, Grillo venne assolto dal tribunale di Cuneo con
formula dubitativa, la vecchia insufficienza di prove: questo dopo aver
pagato 600 milioni alla piccola Cristina di 9 anni, unica superstite
della famiglia Giberti. La metà dei soldi furono pagati
dall’assicurazione. «La stampa locale, favorevolissima al comico, gestì
con particolare attenzione la fase del risarcimento» racconta il
Vittorio Sirianni. Il Secolo XIX, quotidiano di Genova, s’infiammò con
un lungo editoriale a favore dei giudici, ma l’entusiasmo fu di breve
durata: l’accusa propose appello e venne fuori la verità, ossia
le prove: il pericolo era stato prospettato, oltretutto, da una
segnaletica che nessun giornalista frattanto era andato a verificare. La
strada era CHIUSA AL TRAFFICO, fine. La Corte d’appello di
Torino, il 13 marzo 1985, lo condannò a un anno e quattro mesi col
beneficio della condizionale, ma col ritiro della patente.
Non andrà meglio in Cassazione, l’8
aprile 1988: pena confermata nonostante gli sforzi dell’avvocato Alfredo
Biondi, che nel settembre scorso è stato peraltro inserito da Grillo
nella lista dei parlamentari condannati e dunque da epurare: il reato
fiscale di Biondi in realtà è stato depenalizzato e sostituito da
un’ammenda, tanto che non figura nemmeno del casellario giudiziario,
diversamente dal reato di Grillo che perciò, secondo la sua proposta di
non candidatura dei condannati, non potrebbe candidare se medesimo.
Nel
1984, un altro episodio raggelante, raccontato in parte dall’Unità del
21 settembre scorso, ripreso dal Tafanus e da altri blogs, ed accolto
dal generale scetticismo dei grillini: Grillo accetta di partecipare
alla Festa dell’Unità di Dicomano (nel fiorentino) per un cachet di 35
milioni. La sera dello spettacolo però diluvia, gente pochina e di
milioni se ne incassano 15. Flop. I compagni di provincia cercano di
ricontrattare il compenso, niente da fare: neppure una lira di sconto.
Della segreteria comunista, tutta giovanile, l’unico che ha una busta
paga si chiama Franco Innocenti, un 26enne: deve stipulare un mutuo
ventennale, nonostante abbia la madre invalida al cento per cento.
Franco Innocenti ha lavorato dai 26 anni di età fino ai 46 anni, per un
certo numero di ore al giorno, per pagare a Beppe Grillo una cifra che,
apprendiamo, Grillo guadagna, facendo il guru, in circa 21 ore.
Ma
la vita continua. Nel 1986, poco in linea con certe sue intransigenze
future, fu protagonista di alcuni spot per gli yogurt Yomo: «Ci hanno
messo 40 anni per farlo così buono», diceva indossando una felpa con
scritto «University of Catanzaro». «Lo yogurt è un prodotto buono», si
difese lui. Per quella pubblicità vinse un Telegatto. È il periodo in
cui andò a vivere a Sant’Ilario, la Hollywood di Genova: una bellissima
villa rosa salmone, affacciata sul Monte di Portofino, con ulivi e palme
e frutti e ortaggi di plastica. Non fece scavare una piscina, ma due:
cosa che piacque poco ai vicini e soprattutto al dirimpettaio Adriano
Sansa, già poco entusiasta del terrazzo di 100 metri quadri che Grillo
fece interamente ricoprire, inciampando in un clamoroso abuso edilizio
cui pose rimedio con uno di quei condoni contro cui è solito scagliarsi.
Qualche modesto provincialismo anche all’interno, tipo la foto di lui
avvinghiato a Bill Clinton appoggiata sopra il pianoforte.


L’Enel, dopo varie
lagnanze di Grillo, nel 2001 decise di permettere l’allacciamento alla
rete degli impianti fotovoltaici (come il suo) e addirittura di
rivendere l’elettricità in eccesso all’Enel stessa: quello che lui
voleva. Il suo contratto di fornitura, con apposito contatore, fu il
primo d’Italia. E da lì parte la leggenda dell’indipendenza energetica
di Grillo: in realtà l'impianto di Grillo è composto da 25 metri
quadrati di pannelli e produce al massimo 2 kilowatt, buoni per
alimentare il frullatore e poco altro. A ogni modo le polemiche
ambientaliste di Grillo ebbero a salire proprio in quel periodo: «Anche
Chicco Testa dovrebbe
essere ecologista, e tutto quello che sa dire è che ci vuole più energia
quando il 90 per cento di energia di una lampadina va sprecata. Non si
tratta di produrre più energia, ma di risparmiarla». Giusto. Lui però
intanto consumava, e consuma, come una discoteca di Riccione.

Nella "vita da ecologista" di Grillo
rientra anche il possesso di un grosso motoryacht, con una
motorizzazione complessiva da 1500 HP, ed una Ferrari. Vi interessano i
consumi presunti? Per la Ferrari, non andiamo oltre i 4 chilometri al
litro (da 2,5 a 4 volte le macchine che ho avuto io, e che abbiamo
tutti); per la barca il discorso è allucinante. I motori diesel delle
barche hanno in media un consumo specifico di gasolio di 0,2 litri/ora
PER HP. Il giocattolo dell'ecologista, al massimo regime, brucia 300
litri di gasolio ALL'ORA; a velocità di crociera, SOLO 225.
Il
quotidiano romano Il Tempo retrocede Beppe Grillo da comico no global a
imprenditore, per di più berlusconiano, e il diretto interessato evita
di entrare nel merito e incassa. Ma a modo suo. «Non rispondo ai
travestiti - dice ridacchiando al telefono - lo scriva, lo scriva pure».
Ecco le accuse. Secondo il giornale (che era diretto da Franco Bechis)
lo showman genovese, attraverso la società che gestisce insieme con il
fratello Andrea, ma della quale possiede il 99 per cento delle quote, si
sarebbe avvalso per ben due volte del cosiddetto condono tombale varato
dal governo. In un articolo firmato da Fosca Bincher (pseudonimo dello
stesso Bechis) Il Tempo rivela che la Gestimar srl, l'immobiliare della
famiglia Grillo proprietaria di una decina di immobili in Liguria e in
Sardegna (tre unità a Golfo Aranci, una casa a Porto Cervo e altri
immobili civili e commerciali), si è avvalsa del condono tombale, per
gli esercizi degli anni 2002 e 2003. Del bilancio 2002 è citato anche il
passaggio che riporta il ricorso alla sanatoria fiscale. «In
considerazione della possibilità concessa dalla Legge finanziaria 2003
di definire la propria posizione fiscale con riferimento ai periodi di
imposta dal 1997 al 2001 - scrive Il Tempo citando il documento della
Gestimar -, fermo restando il convincimento circa la correttezza e la
liceità dell'operato sinora seguito, si è ritenuto opportuno di
avvalersi della fattispecie definitoria di cui all'articolo 9 della
predetta legge».

Il Tempo ricorda anche che nel giugno
del 2004 il comico genovese scrisse a Repubblica una lettera nella quale
accusava i parlamentari del centrodestra di avere approvato misure a
suo avviso, diciamo, molto discutibili. «Mettiamo per ipotesi - scriveva
Grillo - che costoro non abbiano mai rubato, evaso le tasse, corrotto
un finanziere o un giudice, maneggiato fondi neri, società offshore, P2,
tangenti e condoni...». Insomma, secondo Il Tempo Grillo predica bene
ma razzola male. È un comico famoso per i suoi attacchi contro i
monopoli economici e i «poteri forti» che da un lato colpisce con i suoi
strali moralistici chi adotta i condoni e dall'altro si avvale delle
sanatorie.
Ed
ecco come risponde l'attore genovese interpellato al telefono da un
giornalista del Giornale: «Ah, è del Giornale... Ma voi siete
un'associazione a delinquere...». Perché? «Io non parlo col Giornale». E
il motivo? «Avete adottato - riferendosi ad una sua intervista che dava
ampio risalto a un suo inaspettato peana alla censura - una linea che
non condivido». Non si voleva, però, un discorso sui massimi sistemi, ma
solo chiedere se intendeva replicare all'articolo che lo riguarda
pubblicato ieri dal Tempo. «Non rispondo ai travestiti». Ma io non sono
un travestito. «Intendevo - risponde sogghignando il comico - l'autore
dell'articolo pubblicato dal Tempo. Se e quando quei travestiti si
decideranno a firmare con i loro nomi valuterò se replicare. Intanto ai
travestiti non rispondo, lo scriva pure».
Chiudiamo questo omaggio al grillo, nel giorno della Festa dedicata ai Lavoratori, con questo bell'articolo di Sabina Minardi.

Ma nella marea di commenti suscitati
dalla mancata intervista sono emersi anche storie ed episodi che
consentono di gettare una luce nuova sul rapporto tra il comico-guru
genovese e i media. Come quanto capitato a Emilio Targia, Edoardo
Fleischner e Federica De Maria: tre studiosi che hanno seguito Grillo
per due anni, tra spettacoli e appuntamenti col suo staff, per scrivere
un libro. Primo saggio "crossmediale" sul fenomeno Grillo, dal titolo
profetico: "Chi ha paura di Beppe Grillo?". Editore:
Longanesi, data di uscita prevista: maggio 2007. Contratto stipulato,
copie prenotate in libreria. Poi lo stop: Beppe Grillo diffida dal
pubblicare il libro. Dopo il V-Day seguono ulteriori mesi di lavoro: il
libro viene riaggiornato per Longanesi. Che decide, per la seconda
volta, di non pubblicarlo. A tutt'oggi il volume non ha trovato un
editore disponibile a pubblicarlo. Una storia che richiama quella di
"Grillo da ridere (per non piangere)", che Kaos Edizioni mandò in
libreria nel 2003. «Il libro riportava suoi brani, imprescindibili per
raccontarlo. Nonostante fosse una biografia tutt'altro che critica verso
Grillo, lui ne chiese e ottenne il sequestro», racconta il curatore
Lorenzo Ruggiero.
«Questa è censura», denuncia
Fleischner, docente di Nuovi Media alla Statale di Milano. «Quello che
ci è successo è incredibile», aggiunge Targia, caporedattore di Radio
Radicale: «Bloccare i libri è una cosa odiosa». Del soliloquio, del
resto, Grillo ha fatto una scelta stilistica. «Sono un monologhista», ha
detto a Gilioli per spiegare il suo rifiuto. Citava l'amico di sempre
Antonio Ricci, che alla presentazione dell'edizione numero venti di
"Striscia la notizia" aveva usato lo stesso termine: «Grillo in
politica? No, assolutamente. Lui è un monologhista, un attaccante, un
centravanti di sfondamento, mentre la politica è un mondo fatto di
sfumature, di grigi. Dirò di più: se Grillo comincia ad abbandonare i
monologhi per iniziare ad argomentare
perde» (di questo siamo più che convinti. NdR). Meglio allora una parola sola: vaffanculo.
La strategia monologhista è anche monomediale, cioè viaggia solo su Internet.
Dove si sfogano - sul suo sito e altrove - anche i suoi seguaci. Non
sempre in modo pacato: «Avevo pubblicato un commento al Vaffa-day:
ragionavo, più che su Grillo, sulla politica debole, incapace di fornire
risposte», racconta Andrea Romano, editorialista della "Stampa", che ha
sperimentato «la sensazione di affacciarsi su un pentolone che ribolle
soprattutto di intolleranza»: «I commenti che arrivarono sul mio blog
furono tantissimi, pieni diallusioni sessuali, offensivi anche in modo
bizzarro. Decisi di pubblicarli tutti, anche i più osceni, perché
raccontavano un fenomeno interessante: un mondo permeato dal culto della
personalità. E da irresponsabilità nei toni». (in
altra sede, ho pubblicato la serie di insulti e minacce fisiche
pervenutemi dai grillini di Carate Brianza dopo l'8 settembre. La mia
colpa? aver ospitato la testimonianza di persone di Carate che all'ora e
nel luogo annunciato, dove sarebbero state raccolte oltre 2000 firme su
8000 abitanti, non hanno trovato alcun banchetto. NdR)
www.macchianera.net
www.tafanus.it
L'Unità
Il Tempo di Roma
http://lecensuredelbeppe.blogspot.com
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/Beppe-Grillo-e-la-strategia-del-monologo/1972448&ref=hpsp
Fonte: Tafanus