
Lo psicodramma, però, è un altro. Secondo quanto svela Libero,
infatti, il Fatto quotidiano avrebbe fatto richiesta per finanziamenti
pubblici pari a 162mila euro. In barba a quanto scrive sotto la testata
“non riceve alcun finanziamento pubblico”. “L’opportunità – scrive “Fosca Bincher”
citando una relazione dell’ex presidente del Cda del Fatto, Giorgio
Poidomani – è arrivata da una legge del governo di Silvio Berlusconi, la
n. 220 del 13 dicembre 2010 (art. 1, comma 40), che riconosceva a
domanda delle imprese editoriali interessate un credito di imposta del
10% sulla carta acquistata e utilizzata. In teoria un finanziamento
diretto a tutti. In pratica no: perché in tempi di crisi il plafond a
disposizione non basta per tutti, quindi ottiene i soldi solo chi arriva
prima degli altri. Il Fatto quotidiano non ha perso tempo, ed è stato
fra i primi a fare domanda,
anche se in attesa della risposta non ha
inserito prudentemente l’importo del finanziamento pubblico in
bilancio”.
E la situazione non è rosea nemmeno sul
fronte delle copie vendute: «Nei primi tre mesi del 2012», spiega la
relazione di Poidomani, «le vendite in edicola sono state in media pari a
52.849 copie al giorno, con un decremento del 24% rispetto al
corrispondente periodo dell’anno precedente». Ma un -25% è stato
registrato anche nella raccolta pubblicitaria del mese di aprile,
rispetto allo stesso periodo del 2011.
C’è poi tutto il capitolo dei
finanziamenti dati a Santoro – senza dimenticare la vicenda degli utili
trasformati in obbligazioni bancarie che hanno spaccato il cda del Fatto
– per la produzione di Servizio Pubblico, un’esperienza che ha portato a
un rosso di oltre 200mila euro. Con buona pace di quanti avevano
versato dieci euro a testa e che adesso hanno visto il teletribuno
andarsene a La7.
Fonte: Diritto di critica