mercoledì 4 luglio 2012

Grillo, il Gabibbo barbuto

Grillo è un Gabibbo barbuto e il Movimento Cinque Stelle la trasposizione politica di «Striscia la Notizia»? La suggestione esiste, inutile negarlo, ma è solo parziale. Grillo è anche il Gabibbo. Un Gabibbo, però, che guarda «Report», ha letto «La Casta» e sa stare sul Web.

I due hanno in comune la cadenza, ligure, e l’ideatore, Antonio Ricci, di cui Grillo è stato a lungo il ventriloquo tv. «Fantastico», «Te la do io l’America», «Te lo do io il Brasile»: l’unico programma di successo che Ricci non gli ha curato è «Te la do io l’Italia». Quello se lo sta scrivendo da solo.

Se Grillo ricorda il pupazzo rosso che svergogna i potenti tra ghigni e sberleffi, l’attivista-tipo del Cinque Stelle assomiglia a uno di quegli inviati di «Striscia» che consegnano tapiri: informato, tignoso, sfacciato. Quanto all’elettorato, ne esiste uno cresciuto con le tv berlusconiane che da anni si abbevera ai programmi satirici di denuncia e ha finito per introiettarne meccanismi e valori.

«Striscia» e «Le Iene» si pongono come giustizieri della notte, raddrizzatori di torti, vendicatori degli oppressi in contrapposizione a un Potere che magnanimo li finanzia attraverso la pubblicità.

Secondo lo studioso dei media Massimiliano Panarari, il loro segreto consiste nel dare sfogo al rancore popolare verso un sistema concepito come nemico. Ai seguaci di «Striscia» il movimento di Grillo non sembra antipolitica, ma politica: difesa del cittadino. 

In realtà, sostiene Carlo Freccero, il termine corretto è Apolitica: il rifiuto dei partiti, ormai ridotti a meri comitati d’affari. E qui l’albero genealogico del grillismo si allarga a «Report» di Milena Gabanelli e al bestseller «La Casta» di Stella e Rizzo.

«Report» è la versione sofisticata della tv di denuncia, il Gabibbo in bella copia, il grande giornalismo d’inchiesta. Gabanelli incarna l’archetipo grillista del Controllore, colui o colei che incrocia i dati, macina le informazioni e rivela i segreti del Moloch che ci condiziona la vita, sia esso una multinazionale di farmaci o un assessore arrogante e corrotto.

Il milione di copie de «La Casta» è stato un fenomeno sociale che la cultura in ghingheri non ha voluto capire, forse perché gli artefici non erano due intellettuali spocchiosi e incomprensibili, ma due bravissimi giornalisti. Stella e Rizzo hanno dato sostanza di pagine al mal di pancia verso i partiti e il loro sistema chiuso di privilegi.

Cosa accomuna lo spettatore di «Striscia» a quello di «Report» ed entrambi al lettore de «La Casta»? L’idea che destra e sinistra siano diventate la stessa cosa: se non nei valori, nel personale politico che ha smesso di incarnarli per dedicarsi esclusivamente alla gestione del potere.

Le radici televisive del grillismo affondano qui
e gli hanno sicuramente creato un pregiudizio di simpatia fra gli elettori, anche fra coloro che non lo votano. Di fronte a questo pregiudizio positivo vacillano i dibattiti sul sistema elettorale. Il doppio turno, infatti, funziona quando l’avversario è percepito come una minaccia (un leghista per un democratico, un «comunista» per un berlusconiano) e spinge l’elettore avverso alle urne per incoronare il male minore. Ma il Movimento Cinque Stelle non fa davvero paura a nessuno, semmai suscita curiosità. Così si spiega perché al ballottaggio di Parma il candidato del centrosinistra non sia riuscito nemmeno a fare il pieno dei voti presi al primo turno: migliaia di suoi elettori non hanno sentito l’urgenza di tornare alle urne. Magari in cuor loro si saranno persino augurati il trionfo della «novità».

Ma Grillo e il grillismo non si esauriscono nei vecchi mezzi di comunicazione, parola cartacea e tv. Il Cinque Stelle non si può capire senza la «class action», quel fenomeno importato dagli Stati Uniti che induce le vittime di un medesimo torto a unire le proprie forze e a fare causa comune contro il potere che le ha defraudate di qualche diritto.

Il berlusconismo era delega passiva al demiurgo. Il grillismo è assunzione collettiva di responsabilità. Il berlusconiano votava col telecomando, l’attivista di Grillo (non chiamiamolo grillino) con la tastiera del Web. I seguaci di Berlusconi cercavano di assomigliare al Capo fin dalle barzellette, mentre quelli di Grillo non assomigliano a Grillo: nell’approccio sono molto meno televisivi e molto più seri.

Il mito fondante del Movimento Cinque Stelle, solo in questo simile all’Uomo Qualunque di Giannini, è il Buon Amministratore. Persa la speranza di sottrarre il mondo alle trame dei grandi capitalisti, il grillismo chiede alla politica di diventare apolitica, cioè di limitarsi all’ordinaria amministrazione.

Perciò la politica potrà salvarsi solo se smentirà Grillo, ricominciando a fare sogni grandi. Altrimenti il Gabibbo barbuto trionferà, così come «Striscia» trionfa da vent’anni contro una Rai che ha saputo, o voluto, contrapporgli sempre e soltanto dei Pacchi. 

Massimo Gramellini 
22/5/2012

Fonte: La Stampa

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Lerner cita Antonio Ricci, che di Grillo è stato coautore.
«Non c’è dubbio che ci sia quella cultura dello sberleffo, in quel presentarti “contro”, pur essendo tu potentissimo, pur essendo tu potere.
Striscia pretende di essere nello stesso tempo controinformazione e berlusconiana, contro il potere e anche la trasmissione più vista e con più pubblicità.
Beppe Grillo è la stessa cosa».
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La responsabilità di Antonio Ricci (e di Nicola Lagioia)

21 aprile 2010
Pubblicato da
In seguito a un articolo di Nicola Lagioia uscito per «Il Fatto Quotidiano», in cui – ripetendo quanto scritto su «Nazione Indiana» a proposito della responsabilità dello scrittore – a un certo punto affermava:

Credo che un buon libro sia sempre contro il potere, visto che parla, per sua intima natura, una lingua antitetica rispetto a quella dominante, che oggi per intenderci è la lingua pubblicitaria, intesa ovviamente in senso lato (il linguaggio della politica per esempio è quasi sempre pubblicitario…) .

È per questo che ritengo che l’opera televisiva di uno come Antonio Ricci sia una fedele e magari anche inconsapevole espressione del fascismo del mondo dei consumi: usa lo stesso linguaggio. E chi se ne frega se lo fa per criticare Berlusconi o Brunetta: se usi la stessa lingua del tuo nemico dichiarato, sei già lui.

Antonio Ricci ha risposto sullo stesso giornale. È seguita la replica – sempre sul «Fatto» – di Lagioia.
Ecco qui lo scambio di lettere.

La risposta di Antonio Ricci

Caro Nicola Lagioia,

Fascista sei tu! Con tracotanza e violenza, mi accusi di essere una “fedele e magari anche inconsapevole espressione del fascismo del mondo dei consumi”, perché uso il loro stesso linguaggio.

Le prove di quello che scrivi non esistono, naturalmente, per la tua esecuzione sommaria bastano i pregiudizi razzisti di cui grondi. Mi spiace che tu non capisca che quello che si propone Striscia è un lavoro di smontaggio, di messa a nudo di quei meccanismi che sono in grado di rivelare al telespettatore la natura di finzione della Tv. Se la televisione è l’oggetto da decostruire, la scelta più efficace è cercare di demolire il genere televisivo che più di tutti gli altri chiede, ottiene credibilità, e si propone come contrario della finzione, come “finestra sul mondo”: l’informazione.

Il dubbio è il padre di Striscia. Il linguaggio usato è quello dell’ironia. Nessuno al mondo ha mai conosciuto un fascista dubbioso e ironico. Te lo dico dalla mia continua e consapevole esperienza di antifascista (pensa che, ironia della sorte, l’ANPI mi dà la tessera onoraria).

Striscia da sempre ha dato voce ai consumatori, ai più deboli, agli handicappati. Tu senz’altro dirai “me ne frego”, come hai scritto “me ne frego se Striscia critica Berlusconi”. “Me ne frego”, te lo voglio ricordare, è lo slogan del tipico fascista.

Molto “arcitaliano” è il tuo tentativo (come questo per altro) di cercare espedienti per avere “un posto al sole”, una qualunque visibilità per promuovere il tuo successino librario, peraltro basato su analisi sociologiche farlocche. I tuoi contorcimenti pseudo-intellettuali per giustificare la tua appartenenza editoriale ti rappresentano più come una rampante ballerina del ventre che come un giovin scrittore coraggioso e impegnato come vuoi martellantemente far credere.

Tu speri di ottenere l’immortalità con i tuoi libri scrivendo contro i “poteri di ogni tempo e latitudine”, a me ricordi il linguaggio di quello che voleva conquistare “I territori d’Oltremare”.

Comunque, caro Nicola, anche se so che hai un’altissima concezione di te stesso, anche se “tirerai dritto”, anche se forse non vorrai mai diventare capomanipolo, permettimi di darti un consiglio da fratello maggiore: rischi di trasformarti in una macchietta. Forse tu, con la furbizia che dimostri, ne sei pienamente consapevole e lo vuoi, con tutti i vantaggi che essere “macchietta” in Italia oggi comporta. Il tuo posto in scena è già pronto.

Virilmente Antonio Ricci.

La replica di Nicola Lagioia

Caro Antonio Ricci,

se il compito di Striscia la Notizia fosse davvero lo smascheramento della finzionalità televisiva, come tu non puoi che raccontarci e raccontarti per questioni di sopravvivenza emotiva, oltre vent’anni di programmazione con ascolti altissimi avrebbero dato come risultato un pubblico televisivo consapevole, responsabile, di un livello culturale accettabile, e non quel bacino di share composto da delatori frustrati, aspiranti veline, casalinghe in stato confusionale che si riversa poi nel bacino elettorale coi risultati che sappiamo. 

Quando dici che non s’è mai visto un fascista ironico, temo tu abbia in mente i gerarchi in fez e camicia nera, e dunque rispetto al presente mi sa che viaggi in differita, come la tua trasmissione. Pasolini deve aver davvero lottato e vissuto invano se oggi dobbiamo insomma credere che il fascismo si esprima ancora con il linguaggio stentoreo e logoro di un Mussolini. La lingua del fascismo contemporaneo è al contrario una lingua eminentemente pubblicitaria: ironica, elementare, suadente. Berlusconi racconta barzellette.

Il Gabibbo rimanda solo a se stesso, proprio come uno spot pubblicitario.  

L’ironia e la comicità di un Lubitch, di un Kubrick, di un Carmelo Bene, dei fratelli Marx, di Ciprì e Maresco è libera e liberatoria perché è al contrario polifonica e antitetica – ripeto – alla lingua dominante, e non starò qui a spiegarti perché ci siano più cose in una loro inquadratura che nell’intero ventennio di Drive In e Striscia la Notizia

Sorvolerò per decenza sugli handicappati usati come foglia di fico. Quello che trovo invece per te fallimentare, è quando dici che ti ho attaccato per avere visibilità. Dimentichi che il compito degli intellettuali è da sempre rompere le scatole ai potenti, e tra noi due il telecomando l’hai sempre avuto in mano tu. Ma forse appartieni a quel tipo di uomini convinti dalla carriera che ogni gesto si faccia per tornaconto personale e trovo triste, che con i sessant’anni, tu debba tagliare un simile traguardo.

E comunque un dubbio enorme la tua lettera me l’ha fatto venire. Ti saluto infatti senza capire se concederti l’aggravante della buona fede,

Nicola Lagioia


Tra i commenti:

giuliomozzi il 21 aprile 2010 alle 09:40
Si usano argomenti ad personam – come fa Ricci – solo quando non si hanno argomenti.
  1. Luciano Mazziotta il 21 aprile 2010 alle 09:49
    “Il linguaggio usato è quello dell’ironia” dice Antonio Ricci. IN realtà c’è una grande differenza tra “ironia”, “satira” e “fare il verso”. Facendo il verso, come agisce “Striscia la notizia” non si fa altro che rendere più accessibile alle case il volto dei potenti, renderli simpatici, ammiccanti, degli uomini che ridacchiano, insomma rendere umani e “noti” dei volti che altresì resterebbero solo delle maschere invischiate nel burocratese, nelle leggi ad personam, nei respingimenti, negli scandali. Porto un esempio. Il caso Bertolaso. Bertolaso cala di popolarità, è coinvolto in uno scandalo di massaggiatrici più o meno professionali e corruzione. Il presidente del consiglio dà il via. “Caro puttaniere, compagno di sbronze, TU non ti dimetti”…e comincia la pratica di “riabilitazione” del personaggio-catastrofe. Prima mossa: in assenza di repentine catastrofi inverviene striscia. Comincia a fare a tempesta l’imitazione di Bertolaso. Bertolaso (o la sua maschera accessibile e bonaria) è ogni sera nelle case degli italiani che guardano striscia e ridacchia, si incontra in galà, in festini di attori e modelle, calciatori e fa sognare chi guarda il personaggio. La riabilitazione è totale, nessuno sa più di puttane e corruzione. Nessuno sa o si ricorda più del Bertolaso coinvolto in scandali, ma conoscono bene quello che la televisione offre: la sua imitazione, la sua maschera. Altra cosa. Analiticamente e poi concludo. Si provi a guardare un intero giorno le puntatine di striscia, si analizzino gli incipit. Una grande percentuale delle puntate si apre così: “Berlusconi…”. Punto. Lagioia ha detto qualcosa su cui bisogna riflettere. L.
  2. Sascha il 21 aprile 2010 alle 10:05
    In effetti s’era notato che da quando ci sono tante trasmissioni che denunciano misfatti e malefatte – Striscia la Notizia in testa – corruzioni e disservizi sembrano essere stati accettati come normali, almeno più di quando ero giovane io e la tivù era ‘pedagogica’ e ‘ingessata’, come dicono quelli come Ricci…

    Simona Bassano di Tufillo il 21 aprile 2010 alle 10:08
    Il linguaggio della pubblicità, come ormai tanto tempo fa spiegò al mondo il pioniere, criticatissimo ma sempre attuale Marshall McLuhan, appartiene ormai a molti media artistici, ivi compreso il fumetto e, in qualche forma, persino la letteratura.
    Sto parlando della reiterazione e dei meccanismi di affezione che comporta, della presa emotiva, della modalità di partecipazione con cui coinvolge il fruitore.
    Il linguaggio di tipo pubblicitario non ha impedito agli artisti di compiere il proprio mestiere, ovvero svelare la realtà, grazie alle loro antenne sensibili e con un punto di vista altro, straniante e conseguentemente rivelatore.
    Il problema di “Striscia la notizia” è un altro. Il motivo per cui non è affatto dalla parte dei più deboli bensì va a braccetto con l’ordine costituito e potente, non è, come crede Nicola La Gioia, il linguaggio pubblicitario.
    Striscia La Notizia pur quando denuncia, pur quando pretende di accusare e svelare, lo fa mettendo tutto sullo stesso piano e con risate registrate di sottofondo, come nei peggiori sketch umoristici dei peggiori format televisivi. Qualunque evento, qualunque fatto, quale che sia la sua gravità, si abbassa al grado di SIT-COM, perdendo il suo portato informativo. Il telespettatore è dunque portato a fruire NON con attenzione, o sdegno, ma con indifferenza.
    Sappiamo sin troppo bene che nei mezzi di comunicazione di massa, non è il contenuto della notizia che conta ma IL MODO con cui viene data. E questo, nemmeno Antonio Ricci può fare finta di non saperlo.


    gherardo bortolotti il 21 aprile 2010 alle 10:17
    in ricci, mi sembra, quel “motore osceno” che sta alla base della televisione si mostra in pieno nella sua contraddizione: da una parte, le sue trasmissioni scompongono le gerarchie in modo radicale e mettono in scena la propria natura di spettacolo (ed è un dato che ricci può rivendicare: non per niente striscia la notizia ha un successo così duraturo) ma, dall’altra, proprio l’orizzontalità che propone e auspica, si può immaginare, finisce per coprire i reali rapporti economici, politici, etc. che orizzontali non sono (o, per usare i termini della replica di ricci, che una finzione proprio non sono).
    in altre parole, credo si possa dire che la debolezza della strategia di ricci (a cui va attribuita l’”aggravante della buona fede”) è quella di quasi tutti gli entrismi, ovvero che per combattere la pretesa totalizzante delle televisione in effetti la prende sul serio, la assume come unico referente, non facendo altro che alimentarla. ciprì e maresco o blob, per dire, puntano sull’osceno come limite e, quindi, come strumento per mettere in luce ciò che c’è oltre la televisione; ricci invece usa l’osceno come la televisione vorrebbe, ovvero come proprio alimento.


    Salvatore Talia il 21 aprile 2010 alle 10:24
    La cieca violenza verbale di Ricci e la pacata compostezza della replica di Lagioia sono più eloquenti di qualsiasi argomento.


    1. gianni biondillo il 21 aprile 2010 alle 11:04
      Virilmente???
    2. Baldrus il 21 aprile 2010 alle 11:17
      Non sono uno spettatore televisivo affezionato, anzi, ultimamente mi accorgo che, non avendo più la tv in cucina, sto completamente uscendo dal mondo (televisivo), cosa che, lo ammetto, talvolta mi provoca una certa inquietudine (xché sta diventando un mondo sconosciuto/alieno); però ho diversi ricordi di Striscia: sono efficaci i servizi sulla barbarie dei poveri, tipo i maghi truffatori, o le finte agenzie di lavoro, con quelle registrazioni da candid camera, oppure gli sprechi degli ospedali abbandonati ecc. Ma quando arrivano le interviste di quel personaggio di nome Staffelli, che roba. Quando c’è di mezzo qualcuno che può essere identificato, anche vagamente, col centrosinistra, sono aggressioni allo stato puro, con finte domande che sono affermazioni e accuse, al limite (talvolta oltre il limite) dell’insulto. Uno spettacolo di violenza davvero inquietante. Quando invece c’è il soggetto del (o vicino al) centrodestra, lui fa il monello impertinente, ma scherza bonariamente sul fatto che il soggetto si è soffiato il naso in tv, risate, cose del genere.


      1. Sascha il 21 aprile 2010 alle 11:22
        In effetti lo stato catastrofico del culturame e del giornalistume italiani è esemplificato nelle numerose attestazioni ‘autorevoli’ rivolte negli anni (un po’ meno oggi) a Striscia come esempio del miglior giornalismo italiano…
      2. Baldrus il 21 aprile 2010 alle 11:31
        Soggiungo perché questa cosa di Striscia mi affascina come fenomeno. Tipo che è divertente quell’attore che imita Valentino o Vespa; per dire, quando c’erano le regionali faceva non so chi, e si parlava della Bonino e lui fa: “Sì, ma Berlusconi alla Bonino preferisce… la bonona!”. Una volta hanno preso in mezzo anche lui, Berlusconi, nella “satira”, e l’oggetto era che aveva fatto un gesto “clamoroso” tipo grattarsi un orecchio in pubblico. Che scandalo. Insomma, sono dei monelli di famiglia, molto efficaci quando c’è da scatenare violenza pura contro gli avversari, di cui parlavo prima.
  1. Giacomo Giossi il 21 aprile 2010 alle 11:31
    Comunque a me Ricci non pare ne dubbioso ne ironico.
  2. Sascha il 21 aprile 2010 alle 12:00
    Aggiungiamo una cosa che disgusterà: il ruolo di Striscia nell’alimentare il Grande Fratello e gli altri reality Mediaset rivelandone la ‘falsità’, cosa che alimenta l’interesse e sconvolge i vari forum dedicati – ‘l’hanno fatto vedere a Striscia…’ – ma non in modo da farli smettere di guardare, piuttosto a quello di mobilitarsi per sostenere questo o quel concorrente ‘contro gli autori che vogliono far vincere questo o quell’altro’. Come dire, scottanti rivelazioni che favoriscono il programma invece di danneggiarlo pare proprio il tipico modus operandi di Ricci e degli altri ‘birichini’ Mediaset tipo la Gialappa…
Salvatore Talia il 21 aprile 2010 alle 12:30
A proposito di Striscia e di fascismo contemporaneo: è inquietante la tendenza della televisione berlusconiana a costituirsi come spazio totale della vita e della morte (vedi i funerali di Mike Bongiorno e di Raimondo Vianello, completamente sussunti alla ragione aziendale), dove la contestazione e il potere si fondono, diventando tutt’uno. Cfr. le riflessioni di Wu Ming 1 pubblicate oggi, http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=114

  1. Paolo Petrone il 21 aprile 2010 alle 14:19
    Quest’accanimento verso Striscia mi sembra eccessivo e tutto sommato fuorviante. Se si deve attaccare qualcuno o qualcosa, meglio attaccare i telegiornali generalisti, che si concentrano sulla cucina regionale e sui laureati in tempi record (TG5) oppure falsano la realtà in modo patente (TG1). Meglio attaccare la stampa “seria”, che si basa sul pressappochismo e la mistificazione, e smascherare le dichiarazioni false — ma smentibili — di gente come Gelmini, Tremonti e Berlusconi.
    Peraltro Ricci ha ragione quando dice che Striscia ha un forte elemento parodico e autoparodico, che di fatto rende la ricezione meno invasiva e persuasiva. Si tratta, certo, di comicità fracassona, volgare, non di roba per palati fini. Ma da qui a dire che questa comicità narcotizza le coscienze e si fa strumento del potere, beh, ce ne passa. Anche perché Striscia sembra avere anche molta gente di sinistra tra i propri spettatori. E perchè anche la satira “seria” in qualche misura ci abitua al male e aiuta perfino a renderlo più sopportabile, trasformandolo in oggetto di comicità.
    Peraltro se dovessimo misurare concretamente i servizi resi alla comunità da Striscia, essi sopravanzano, temo, quelli resi da un qualunque romanzo italiano contemporaneo (a parte Gomorra, che comunque non è un romanzo ma un reportage e deve molto all’efficacia mediatica del personaggio-Saviano, che cominciò a vendere dopo essere andato da Santoro). A conti fatti, ha più effetto il servizio che Striscia fece sulle frodi della BPL che una rievocazione, tra il disgustato e il nostalgico, degli anni 80. Di questo dobbiamo prendere atto, anziché perderci in un moralismo inutile, “self-righteous”, e non supportato da dati concreti.
  2. Sascha il 21 aprile 2010 alle 14:32
    “Anche perché Striscia sembra avere anche molta gente di sinistra tra i propri spettatori.”
    Appunto.
    Grazie comunque per averci ricordato la linea ufficiale del partito.

  1. Graziano il 21 aprile 2010 alle 17:59
    Mettiamo per un attimo che io non abbia mai visto “Striscia la notizia” e non abbia la benché minima idea di chi siano tanto Antonio Ricci quanto Nicola Lagioia. La differenza di stile, di acume argomentativo, di originalità linguistica parla da sé. Una persona che argomenta in maniera astiosamente annaspante come Ricci, che scende nel personale, che mostra di non aver assolutamente recepito il senso del discorso del suo interlocutore, che si difende dall’accusa di essere “espressione del fascismo del mondo dei consumi” sostenendo che fascista sarai tu, lui non è mussoliniano, che l’ANPI gli dà la tessera onoraria eccetera, cioè travisando completamente il senso di una frase che anche solo per citarla ha dovuto quantomeno ridigitare sulla tastiera – “fascismo del mondo dei consumi” – che solo chi non abbia una minima preparazione su quanto di analisi sociologica e massmediologica è stato sfornato negli ultimi quarant’anni nonché l’intelligenza di superare l’impatto della prima parola può confondere col fenomeno storico-politico verificatosi in Italia nella prima metà del Novecento; una persona con simili requisiti argomentativi e linguistici, dicevo, è ovvio che non può essere in grado di operare quel raffinatissimo “lavoro di smontaggio, di messa a nudo di quei meccanismi che sono in grado di rivelare al telespettatore la natura di finzione della Tv” che Ricci attribuisce a se stesso. Forse ha ragione il Lagioia del primo intervento a usare l’aggettivo “inconsapevole” perché Ricci non sembra proprio in grado di andare oltre la superficie dello standard semantico di alcune parole-concetto (basti osservare a quante espressioni di uso comune per giunta tra virgolette faccia ricorso); o forse ha ragione il Lagioia della replica a dubitare di poter concedere a Ricci “l’aggravante della buona fede”: “ci è” o “ci fa” è infatti la grande questione che solleva la visione di una qualsiasi puntata di “Striscia la notizia” o peggio l’ascolto o lettura delle dichiarazioni del suo ideatore. Resta, ripeto, la differenza di stile. L’accusa che “rispetto al presente mi sa che viaggi in differita, come la tua trasmissione” è, ad esempio, di un’ironia e icasticità ché, per parafrasare Nicola, “ci sono più cose in questa sola frase che nell’intero ventennio di Drive In e Striscia la Notizia”.
  2. Carlo Barba il 21 aprile 2010 alle 18:51
    La polemica Ricci-Lagioia è cruciale e meriterebbe molta più visibilità.
    Lagioia ha ragione da vendere e le reazioni scomposte di Ricci ne sono la conferma ma tra i due litiganti l’osservatore (terzo) dovrebbe godere intellettualmente piuttosto che limitarsi a tifare.
    La satira di Ricci (di cui Striscia è solo una pars seppur magna) ha mostrato la decomposizione della società, forse l’ha accelerata ma non l’ha certo determinata, così come il bel romanzo di Lagioia non potrà invertirla o rallentarla.
    Ricci e Lagioia sono litigiose mosche cocchiere di una carrozza che va da sola verso l’implosione.
    Ricci è (anche se il nervosismo cialtrone delle sue risposte farebbe pensare “è stato”) un personaggio di statura tragica, nero, dostoevskiano . La sua vicinanza col cavaliere è molto maggiore di quello che si può credere -un’intimità che sfiora il ricatto quindi la libertà- e proprio questo gli consente di osare tanto, tantissimo.
    Chiamarlo “il cavaliere mascarato” in una serie di Striscia (mascarato in siciliano vuol dire mafioso).
    Ridicolizzare l’ascesa politica della starlet Carfagna quando ancora pochi sapevano chi fosse.
    Ha contribuito a svelare la natura fittizia della contrapposizione pd-pdl.
    Insomma ha venduto l’anima al diavolo ma una volta firmato il contratto ha continuato a provare ad essere libero come lo era stato a vent’anni con Grillo. Forse con una satira così indiretta e “pubblicitaria” da diventare inoffensiva per il potere ma non meno inoffensiva di un romanzo letto dai soliti quattro migliaia di gatti.
    Cercate “Striscia la tv” (Einaudi) è un libro che fa male per l’intelligenza.
    Questa serie di riflessioni contorte sono -parte- di quello che penso sulla querelle
    Carlo
Claudio C. il 21 aprile 2010 alle 21:00
In merito a questa vicenda mi viene in mente una vecchia intervista che Daniele Luttazzi fece a Dario Fo. In particolare, quando quest’ultimo parla della differenza tra la satira e lo sfottò (differenza ripresa più volte e in modo sacrosanto da Fo in varie sedi):
Qualcuno ha suggerito che la satira, confermando lo status quo, potrebbe al fin fine essere reazionaria.
No. La parte reazionaria del discorso del comico è lo sfottò. C’è una grande differenza fra il teatro sfottò e il teatro di satira. Il teatro di satira è sempre morale.
(Morale in questo caso credo equivalga a ‘contrastare lo status quo’)
Ecco, quando penso allo sfottò la prima cosa che sempre mi viene in mente è striscia la notizia. E viceversa.

Il fu GiusCo il 21 aprile 2010 alle 21:56
Il problema grosso della risposta di Ricci, peraltro comunissimo a chiunque abbia un minimo di potere in questo paese idrofobo che e’ l’Italia, e’ che denota che l’autore ha perso completamente la capacita’ di distinguere il piano della polemica sulle idee e sui prodotti da quello volgarmente individuale.
Questa incapacita’ di separare i piani, di accettare la discussione anche dura ma con alla base la condivisione del rispetto (o almeno di regole di buona educazione) dell’opponente e’ la base fascista denunciata da tanti interventi qui e altrove.
Soprattutto manca la consapevolezza che a tanta gente di loro come individui (Ricci, Berlusconi ecc. ecc.) non importa assolutamente nulla e che il discorso cade su di loro perche’ le idee, i comportamenti, i prodotti di cui si fanno promotori distruggono quella base di rispetto delle regole su cui si fonda la societa’ civile e quindi politica.
C’e’ da chiedersi come persone generalmente rispettose possano efficacemente ribattere a chi non condivide questo codice etico, maturato storicamente battaglia civile dopo battaglia civile. La sinistra dal dopo Berlinguer di sicuro non ne e’ stata piu’ capace e anzi, negli ultimi D’Alema e Fassino e movimentismi anarco-incazzoidi si e’ praticamente suicidata, alienandosi milioni di persone perbene e rispettose che non hanno piu’ alcuna rappresentanza mediatica ne’ politica (e l’astensione cresce… cresce… cresce).

made in caina il 22 aprile 2010 alle 18:10
ho letto entrambi.
e penso che in un mondo normale sarebbe Lagioia a dirigere Striscia.
Larry Massino il 23 aprile 2010 alle 18:27
Sono dei pubblicitari, peggio dei magliari di una volta, non ha senso parlarci, vanno solo criminalizzati, sperando che in un immediato futuro si possa procedere legalmente nei loro confronti, Bossi volendo… Sono principalmente colpevoli di aver promosso, tra i prodotti che reclamizzano, il PRESIDENTE CAVALIERE loro padrone, che per questo molto spesso è la prima parola del programma. Senza contare i simboli massonici presenti a iosa nel programma, riconoscibili solo dagli abbietti ai lavori, imposti chissà da chi e recanti chissà quali messaggi. Sono squadristi, non c’è dubbio, sono il centro di quel comitato di aberrazione nazionale che sta inventando il paese da tanti anni e che produce innanzitutto ansia, insicurezza, paura, falsa bellezza, e che i partiti di destra sanno bene trasformare in voti. Senza contare la ignobile descrizione del mondo femminile e in particolare del corpo della donna, che induce soprattutto le adolescenti a comportamenti al limite del satanico. Infine, vigendo in Mediaset la regola che ogni inserzionista è sacro, non se la possono pigliare con aziende o banche e se la pigliano con le piccole attività e i disgraziati, mandando a dire all’inconscio degli italiani che li seguono incantati la seguente sintesi: ” andrebbe tutto bene in Italia,nonostante qualche stravaganza di chi comanda, ma, purtroppo, ci sono tra voi troppe mele marce. Insomma, se le cose non vanno bene, la colpa è vostra, non prendetevela con il magnifico governo di destra. Però, ora che ci pensiamo bene, se il governo fosse di sinistra, voi non avreste nessuna colpa e la colpa sarebbe del governo. Chiaro?! ”
Lagioia, che le devo dire, io sto dalla sua parte, ma faccia il favore, non lo guardi più quel programma, neanche per ragioni di critica: è un prodotto, nominarlo equivale a comprarlo, lo stesso del loro padrone. Faccia come me e mia moglie, si goda alla stessa ora la civilissima soap di raitre. Anzi, perché non ci fa un post elegiaco?


Marco Giovenale il 24 aprile 2010 alle 12:31
un’osservazione sulle differenze tra blob e striscia. la mia impressione è che:
il primo — montando senza commento frammenti distanti (ma non irrelati, o non necessariamente irrelati) — chiede allo spettatore un lavoro, attivo, di connessione.
vale a dire: lascia in campo un momento/movimento di azione interpretativa, produzione di senso. crea quello scalino non già salito che va affrontato, in qualche modo, attivamente. lascia uno spazio (da colmare) fra i due poli elettrici / spezzoni tra cui sei tu osservatore a dover far brillare la scintilla. ti dà solo una differenza di potenziale. il nesso lo attivi tu. (anche se — ok, certo — blob fa tutto questo con schegge di materiale che lui sceglie, lui dispone, lui suggerisce: ma è appunto qui che si “limita”/apre/accresce la sua qualità). (qualità che dialoga, perlomeno dialoga, con le qualità ermeneutiche di chi osserva).
il secondo, striscia [non commento il nome], invece ti dà la notizia o la fetta di scandalo o la bizzarria, la va a cercare, la commenta fuori campo, la spiega, ti dice cosa ne devi pensare, si scandalizza o sghignazza per te, ha l’omino ‘inviato’ che interviene microfono in mano e telecamera al séguito, ha la voce fuori campo che commenta i passi del detto omino in campo, ha le risate preregistrate (ti dice che devi ridere, anzi ride al posto tuo: ti toglie anche questo), e quando c’è dissolvenza e dopo il servizio si torna in studio, ritrovi i conduttori che daccapo e ancora ridono, commentano, ti ripetono in altro modo quello che hai già visto e già pensato; anzi ciò che è stato detto, sottolineato e pensato al posto tuo.
una bella palestra anche qui. solo che qui invece di acquistare muscoli (intuito) si perde solo peso. (alla lunga il peso neurale in meno diventa peso elettorale in più per chi paga quel programma).
attenzione: gli effetti si apprezzano sulla lunga durata e nei grandi numeri. non somministrare sotto i 12 anni.


Sascha il 24 aprile 2010 alle 14:03
Un altro esempio dello stile Striscia: ovvero, come convincere lo spettatore di essere intelligente e informato.
Il giorno dell’inaugurazione di Barack Obama la moglie, Michelle, venne inquadrata mentre teneva in mano l’antica Bibbia su cui il marito avrebbe giurato. Ma non era chiaro di che si trattasse: era piuttosto grossa e rossa e il commentatore Rai la scambiò per una borsetta, anzi una pochette, un errore francamente comprensibile dato che era difficile riconoscervi un libro.
Ma qualcuno nota l’errore e Striscia ci monta un servizio per dimostrare quanto siano ignoranti i commentatori Rai rivolto a persone che mai in vita loro sarebbero riusciti a indovinare che quella cosa rossa era un libro ma che adesso, grazie a Striscia, si sentono tanto più intelligenti e colti di quei cialtroni della Rai.
Non vedo spesso Striscia ma questo giochetto (affine a quei post su Internet che smontano un argomentazione scoprendo gli errori di grammatica od ortografia) è parte integrante del loro stile che, come fa notare Marco Giovenale, non fa altro che rovinare lo spirito critico (per no dire la pura e semplice intelligenza) dei suoi spettatori.
Tipicamente i suoi difensori (anche qui) non trovano di meglio che difendere Striscia con l’argomento televisivo che fa audience – un modo di pensare da servi, come minimo…

Francesco Palmieri il 26 aprile 2010 alle 21:45
A Nicola il mio plauso. Già lo stesso stile delle risposte indica il diverso spessore umano, oltre che culturale, fra i due interlocutori… “oltre vent’anni di programmazione con ascolti altissimi avrebbero dato come risultato un pubblico televisivo consapevole, responsabile, di un livello culturale accettabile, e non quel bacino di share composto da delatori frustrati, aspiranti veline, casalinghe in stato confusionale che si riversa poi nel bacino elettorale coi risultati che sappiamo.” Condivido assolutamente una tale valutazione (pur dovendo aggiungere che è la “televisione” nella sua quasi totalità-ria invadenza a determinare quell’esito, di cui Ricci, e la sua filosofia, è solo una porzione organica).
Mi spiace dirlo, ma Ricci dovrebbe sapere benissimo qual è il vero bersaglio della sua trasmissione…ho smesso di guardarla (anche molto saltuariamente), perché molto appiattito sulle posizioni dominanti (pur con qualche blanda concessione alla loro critica, critica che comunque è stata sempre patentemente bonaria se non addirittura -e paradossalmente- evocatrice di consenso…).
Che dire? La risposta di Ricci è perfettamente nello stile “tronfio” e strapaesano di chi sa di avere posizione e potere. Buon pro gli faccia…alla faccia degli Italiani e della scandalosa invasione delle loro coscienze (eh, si sa culi e tette, parolacce e goliardate, fanno tanto ascolto e molta educazione…).
A mio avviso, Ricci dovrebbe meditare: la rovina culturale italiana, la corruzione “spirituale” della coscienza, porta anche la sua firma. Ma non credo che gli importi molto.

Marco il 26 aprile 2010 alle 22:14
Un sonoro ceffone del Potere a uno scrittore che ha osato dire “bé”.
Su quella trasmissione si è letto più volte anche in termini radicalmente critici, eppure il Potere, proprio perché tale, può permettersi a sorpresa, quando proprio si scoccia o non era quella la giornata di rompergli le palle, di pigiare un tasto sulla scrivania, chiamare al cospetto una addetta stampa che sia una di quelle ben aggiornate sulla letteratura contemporanea,
dunque dimandare “E adesso chi l’è sto qui?”, ordinare seduta stante un dossier istantaneo e dettagliato con financo note sulla “personalità” e scansione delle dichiarazioni del malcapitato, per infine vergare una replica-schiaffone tanto più sonora quanto più inattesa e dettagliata.
A me questo (come le polemiche del dopo Strega dell’anno passato) mi sembra un altro segno della recrudescenza dell’arena letteraria italiana.


pierpaolo flammini il 11 maggio 2010 alle 22:34
Senza dover “tifare” Lagioia, è chiaro che quando parliamo di Antonio Ricci parliamo di qualcuno buono a far vendere mozzarelle, pannolini e automobili, non a fare informazione o satira (!!!).
Se Ricci fosse un uomo libero e soprattutto vorrebbe sovvertire la gerarchia del potere – Berlusconi o meno: lui la rappresenta al meglio, ma è l’uomo che paga Ricci, difficile chiedere ad uno schiavo di liberarsi della catena che lo tiene in vita – Striscia non durerebbe più di tre giorni. E così per tutti gli altri.
E’ chiaro che il fascismo del potere non si esprime con la coercizione, ma con una smisurata parodia della libertà, di cui B. anche qui è l’inarrivabile testimone da emulare. Ricci non fa satira ma parodia di informazione, è costretto talvolta a “stare dalla parte dei cittadini” scavalcando attraverso l’audience tutti i normali passaggi burocratici (naturalmente vincendo), ma l’obiettivo, ricordiamolo sempre, è che venda mozzarelle, prostituzione, automobili, dentifrici.

Ivan Favale il 12 giugno 2010 alle 13:24
Veramente questo crede di fare opposizione con Enzo Iacchetti ed Ezio Greggio? OLtre che Nicola Lagioia, potrebbe leggere T.W.Adorno per prenderne coscienza. Anche se alcuni contenuti di quei capolavori di Striscia e Le Iene possono sembrare di “sinistra”, la forma è assolutamente di destra, ed è quello che conta, è quello che forma gli italiani. Striscia è ancora più pericoloso di Studio Aperto (ecco l’ho detto).
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lunedì 16 aprile 2012

D'Alema dice la sua su Beppe Grillo



(ANSA) - PALERMO, 16 APR - ''Mi sono sottoposto al sacrificio di ascoltare su Internet il comizio di Beppe Grillo: mi sembra un impasto tra il primo Bossi e il Gabibbo''. Lo ha detto Massimo D'Alema a Palermo.

http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/politica/2012/04/16/visualizza_new.html_185622508.html

(in foto, da destra verso sinistra, Massimo D'Alema e Beppe Grillo)

 Fonte: Dezgeist


[Qui sotto D'alema che dopo anni e anni dice "qualcosa di sinistra", ma solo per pochi secondi e solo su Beppe Grillo...per stavolta accontentiamoci...non per questo ci scorderemo di tutto il resto. (vedi più sotto)]




D’ALEMA PROMUOVE GRILLO

Pare che il Movimento cinque stelle, ufficialmente legato a Beppe Grillo, sia in crescita, che oscilli tra il dieci e il quindici percento dei consensi. 

Questo dato ha allarmato i partiti. Massimo D’Alema, illustre esponente del PD, ha definito Grillo un incrocio tra il gabibbo e il Bossi prima maniera, quello che proprio D’Alema corteggiava sostenendo che la Lega fosse una costola della sinistra. 

Alcuni mesi fa Bersani, intervistato dalla Padania e rivolgendosi ai leghisti, asseriva “so che non siete razzisti”. Brividi. 

Dalla legge Turco-Napolitano alla Bossi-Fini, da Lusi a Belsito, le affinità si palesano: PD e Lega Nord costole del made in Italy.


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L’origine di tutti i mali

Da Repubblica, 5 aprile 1996. Un incontro storico: a futura memoria.

D'Alema incontra il Gabibbo