lunedì 2 luglio 2012

La pigrizia intellettuale di chi vota Grillo

Alessandro Cogoni 
lunedì 21 maggio 2012 | 21:08

“Questo è il giornale dell’uomo qualunque, stufo di tutti, il cui solo, ardente desiderio, è che nessuno gli rompa le scatole”. No, non sono parole tratte dal blog di Beppe Grillo, bensì  dal primo numero de “L’uomo Qualunque”, il settimanale fondato da Guglielmo Giannini nel caotico 1944. Se si analizza il fenomeno, le analogie col presente sono lapalissiane: negli ultimi sessant’anni è cambiato tutto per non cambiare nulla, in primo luogo gli italiani stessi.

Il settimanale dalle vendite clamorose divenne presto un movimento d’opinione e poi un partito, capostipite di un’intera corrente di pensiero, quella “qualunquista”. Sfrontato, senza remore e spesso volgare, il Fronte dell’Uomo Qualunque si fondava sulla critica indistinta, sulle generalizzazioni, sulla convinzione che la classe dirigente fosse completamente inadatta a guidare il Paese. La gloriosa politica del dopoguerra veniva caricaturata, sbeffeggiata, oltraggiata: Calamandrei era Caccamandrei, Salvatorelli diveniva Servitorelli, non c’era più il “vento del Nord” ma il “rutto del Nord”.  Zero progetti, zero alternative, poche competenze.

Oggi il settimanale è diventato blog, l’insulto è ancor più volgare, a Caccamandrei si è sostituito Rigor Montis, ma la sostanza è la stessa: il qualunquismo e il populismo dilaganti. E gli italiani, ieri come oggi, sono maestri nell’arrabbiarsi, meno nel progettare.

A Beppe Grillo basta attaccare l’avversario, mortificarlo, farlo apparire un tutto indistinto. Gli basta convogliare la rabbia repressa, aizzare gli animi e urlare contro il “passato”.  Non dà alternative allo sfacelo politico attuale, non offre un progetto per il Paese del futuro; e non lo fa perché semplicemente non gli interessa. L’elettore del Movimento Cinque Stelle è il rassegnato.


Lui stesso ammette che votare il M5S sia “un salto nel buio”, in ogni caso migliore dello “squallore” dei partiti. Ma siamo sicuri che “l’uomo qualunque”, probabilmente onesto e che non si muove per interessi personali, sia sufficiente per amministrare una città? Una politica sana si basa sulle competenze, non sull’idea che ogni cittadino possa fare il sindaco o l’assessore, altrimenti si ripeteranno gli errori degli ultimi vent’anni.

Lo stato in cui versa la politica nazionale è imbarazzante, ma la soluzione non è la rabbia fine a sé stessa, bensì l’indignazione costruttiva. La soluzione risiede nella partecipazione, in un disegno dotato di prospettiva che sappia trasmettere speranza, non solo rassegnazione.

La colpa, però, non è tanto di Grillo, o dei grillini, ma di chi lo vota, di chi per pigrizia intellettuale generalizza e vede la classe politica come un tutto indistinto. La colpa è di chi preferisce cedere alle urla e al populismo montante, piuttosto che informarsi, documentarsi e scegliere il progetto più accettabile per la propria città, il rappresentante più vicino alla propria visione della cosa pubblica.

Se vogliamo risollevare il nostro Paese non basta più la rabbia fatta candidatura, serve il progetto fatto candidatura. Forse è giunto il momento di smettere di lamentarsi e di chiedere a sé stessi, in funzione delle proprie competenze, cosa si è pronti a fare per la propria comunità, per il proprio avvenire e per i propri figli. 

L’alternativa nasce da una speranza, non da un “vaffanculo”.