Il portavoce dei «pirati» tedeschi critica il «non statuto» di Grillo: «È gerarchico, come il copyright». Le due liste hanno in comune soltanto la passione per il Web. Ma a Berlino il portavoce del movimento può essere chiunque e il «programma» è un software «democratico»: Liquid Feedback
È il «portavoce» di un partito in cui i portavoce sono migliaia.
Tanti quanti sono i membri, gli iscritti, perché per i «pirati» funziona
così: chiunque può rappresentare il gruppo, anche in tv. Basta che
presenti le posizioni «ufficiali» del Piratenpartei,
non le proprie. Ma Carlo von lynX (il suo nickname in rete),
informatico e musicista, da qualche giorno ha una «qualifica» in più. I
pirati tedeschi gli hanno assegnato il compito di occuparsi dell’Italia.
Di tenere i rapporti, insomma, coi «cugini» del partito pirata italiano.
Loro, i tedeschi, sono sulla cresta
dell’onda, dalla città di Berlino fino al Nord-Reno Vestfalia,
raccolgono successi elettorali che sfiorano la doppia cifra. E così, di
fatto, si sono messi alla testa del movimento internazionale, dando una
mano a chi ne ha bisogno.
Il suo nuovo incarico lo ha portato in questi giorni nel nostro paese. Dal salotto tv di Gad Lerner a un incontro pubblico alla festa di Sel a Roma e altre iniziative.
Il «partito pirata» parla sempre di più di democrazia, di
partecipazione. Si ha la sensazione che i vostri temi tradizionali –
come la battaglia contro i padroni del copyright per una cultura e un
sapere condiviso – siano stati messi un po’ da parte.
Anche in Germania, come in Svezia, il movimento dei
pirati è partito con una rivendicazione di libertà: libertà di usare e
di condividere le conoscenze, la cultura, i libri, la musica. Poi, però,
gradino dopo gradino, con l’apporto di migliaia di suggerimenti, il
nostro programma si è arricchito. E oggi credo che sia proprio quella la
nostra idea-forza: la partecipazione, la democrazia partecipata.
Non è proprio un’idea originalissima…
Potrei risponderti che molti la propongono ma pochi la praticano. Ti
dico invece che a differenza di altri noi abbiamo trovato un qualcosa in
più. Esattamente quel «qualcosa» che spiega gran parte del nostro
successo…
A cosa ti riferisci?
Alla «Liquid Feedback».
Di cosa si tratta?
Formalmente di un software ma in realtà è molto di più: è un nuovo
modo di concepire la democrazia. Funziona così: i membri di un gruppo,
in questo caso il Piratenpartei, possono proporre e scrivere un progetto
su qualsiasi argomento. Se la proposta riscuote un’interesse di base da
parte degli altri membri, passa il primo quorum ed entra in quella che
chiamiamo «fase di dibattito». Tutti possono proporre integrazioni,
modifiche; anche modifiche sostanziali, in forma di proposte
alternative. Dopo una fase di verifica si arriva al voto. Con una grande
differenza però rispetto ai metodi tradizionali. Perché qui si afferma
il principio della delega: se io non sono competente su una materia
affido il mio voto ad una persona più esperta di me. Delega che posso
ritirare in qualsiasi momento. E poi, soprattutto, a quel punto entra in
funzione il «metodo Schulze». È un algoritmo che determina la sintesi
fra tutti i voti espressi. Sì, perché col voto un iscritto non si limita
a indicare la sua preferenza ma può anche indicare la tesi che lo
convince di meno, può indicare una graduatoria di preferenze rispetto
alle soluzioni proposte. Il «metodo Schulze» traduce tutto ciò in una
proposta unica.
Più o meno, insomma, come avviene in Wikipedia…
Il metodo, all’inizio, potrebbe somigliargli. Con una differenza sostanziale però: qui non ci sono «moderatori». Qui tutti pesano allo stesso modo.
Da come parli sembra quasi che un software possa sostituire la politica, ma è così?
Veramente resta sempre politica anche dentro quel software.
Eliminiamo solamente alcune strutture verticali che fino ad oggi erano
inevitabili. E poi noi «pirati» la politica la facciamo anche in strada.
A Berlino le persone sono scese in piazza contro l’Acta, l’accordo internazionale che se ratificato distruggerà la libertà in rete. E sono persone vere, non virtuali.
Secondo te da dove viene il vostro successo elettorale? A quali partiti avete preso voti?
Ci sono molti studi e statistiche. A Berlino abbiamo pescato nell’elettorato di sinistra ma soprattutto dall’area del non voto. Poi, negli altri Land, abbiamo preso davvero da tutti i partiti.
Avete «pescato» a sinistra, dici. Eppure, tanta parte della
sinistra vi accusa di essere indeterminati, molto vaghi quando si parla
dei grandi temi dell’economia, del dominio della Bce, della dittatura finanziaria in Europa.
È un tema complessissimo. In «Liquid Feedback» abbiamo sviluppato una
dozzina di modelli nel tentativo di tenere assieme il welfare e
un’economia sostenibile. Io penso che ne uscirà un’idea visionaria,
probabilmente. Ma sarà la sintesi fra le aspirazioni e l’intelligenza
collettiva di migliaia di persone.
L’ultima domanda è sull’Italia. Qualcuno, fra gli osservatori
più superficiali, accosta i pirati tedeschi a Beppe Grillo. Considerate
le «5 Stelle» un pezzo del vostro movimento?
Da quel che vedo sono diversi i partiti e le forze politiche italiane
che simpatizzano – o dicono di simpatizzare – coi pirati. Io credo,
però, che un buon metodo di indagine, se si vuole capire la situazione,
sia quello di partire dagli Statuti. In Germania facciamo così.
Bene,
nel caso del «5 Stelle» mi sono trovato di fronte a un «non-statuto»,
come lo chiamano, che invece di definire metodi democratici
di organizzazione prevede solamente il copyright del marchio. C’è
qualcuno, insomma, proprietario del movimento, c’è qualcuno che ne può
disporre. È un approccio assolutamente incompatibile al nostro. A noi
piacciono gli statuti con la partecipazione orizzontale. Esattamente
come quello del partito pirata italiano (info qui, ndr).
(un ringraziamento speciale a Stefano Bocconetti, che è coautore, come minimo morale, di questa intervista)