lunedì 18 giugno 2012

Contro le prediche: quelle di Grillo, e quelle di Napolitano

MATTEO PUCCIARELLI – Contro le prediche: quelle di Grillo, e quelle di Napolitano

mpucciarelli2I demagoghi lasciano il tempo che trovano, siamo tutti d’accordo. Poco importa nome o ragione sociale: le dinamiche non cambiano mai e, da adulti e vaccinati, riusciamo – quasi sempre – a non farci fregare.

Ieri Napolitano, in occasione del 25 aprile, ha lanciato il suo “monito” (con viva e vibrante soddisfazione?, chi lo sa) senza fare nomi e cognomi, come al solito. Ma l’hanno capito anche i muri che stava catechizzando Beppe Grillo. Il problema è che così è troppo facile. Prendersela con i Cinque Stelle sa di tiro al piccione. È meno facile – e difatti non succede mai – fare qualcosa contro chi davvero detiene il potere in questo Paese.

Non si ricorda, in questi anni al Colle, un attacco simile di Napolitano verso chi si è preso gioco dei cittadini e delle Istituzioni: comprando voti e deputati, votando panzane che ci hanno reso ridicoli agli occhi del mondo («Ruby nipote di Mubarak» è stato l’apice), con un ex presidente del Consiglio e l’attuale presidente del Senato sospettati di contiguità con la mafia, il tutto immerso in un conflitto di interessi talmente palese da diventare qualcosa di normale. Né si ricorda che questo governo non è stato eletto dalla gente; né che questi parlamentari non si trovano lì grazie a una preferenza accordata dai cittadini; né si alza la voce quando il voto vero e popolare (referendum) viene palesemente raggirato dopo poche settimane.

Tra tutte le ingiustizie, gli allarmi sociali, il deficit democratico e l’impotenza della politica fatta dal basso, schiacciata dalle regole del mondo economico e finanziario, Beppe Grillo è l’ultimo dei problemi. E soprattutto, Grillo si nutre di questo corto circuito. Ne è l’effetto e non la causa.

Lo si può dire? Che tra il governo dei tecnocrati e il populismo a buon mercato esiste un’altra via. Magari è stretta, magari è accidentata, magari è poco pubblicizzata, ma c’è. Vive nelle piazze libere e spontanee come quella di ieri, nei cortei dell’Anpi e in quelli che verranno di Fiom e Cgil. Vive nel proprio piccolo e grande impegno personale, poco importa se in una sezione polverosa o nel proprio luogo di lavoro o in un’aula universitaria o nella propria stanza. «Veniamo da lontano, andiamo lontano», diceva la canzone. Dipende da noi.

Matteo Pucciarelli
(26 aprile 2012)

Fonte: Micromega