venerdì 22 giugno 2012

Questo è Il Fatto Quotidiano



Questo è Il Fatto Quotidiano - ME.TRO. (Massimo Merighi - Tony Troja)


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Il Fatto Quotidiano, indipendente? Ma anche no!





Martedì 08 Maggio 2012 03:20


Il pacco_quotidiano_logoQuando mi chiamarono dalla redazione del Fatto per propormi uno spazio sul loro sito, accettai. Pensavo che sarebbe stato bello poter far sapere cosa mi passava per la testa a più di quei cinquemila amici che avevo su Facebook. E dopo un paio di canzoni su Berlusconi, arrivarono i primi problemi. La redazione non pubblicò un mio post abbastanza polemico verso Gianfranco Mascia (ex-Girotondini, ex-Verdi, ex-S&L, ex-Popolo Viola, adesso responsabile del web di Italia dei Valori) che poi, comunque fu ripreso e pubblicato da AreaGenova. La motivazione? Essendo Mascia un altro blogger del Fatto, non potevo fare alcuna polemica con lui.

Passi anche la non pubblicazione della parodia satirica su Bossi "Va' vafantoculu va'!" per contenuti alquanto discutibili per quel che riguarda la netiquette.

Ma i veri problemi sono cominciati quando io e Massimo Merighi abbiamo cominciato a "toccare" i personaggi vicini al Fatto: Beppe Grillo e Antonio Di Pietro. Con il primo, la redazione ha modificato quattro volte un articolo che parlava di Grillo; con il secondo è stata una vera e propria odissea.


Abbiamo inviato alla redazione la nostra parodia satirica "Tu dimmi quando, Orlando" e abbiamo aspettato che venisse pubblicata. Ah, perché non vi ho mai detto che io e Massimo non abbiamo la pubblicazione diretta ma subiamo il responso insindacabile della redazione. Se la redazione decide che il tuo post non deve essere pubblicato, non si pubblica. E nel caso di "Tu dimmi quando, Orlando", dopo giorni di silenzio, invio una mail alla redazione per sapere il motivo di questo ritardo nella pubblicazione. Mi rispondono dicendomi che la parodia non si può pubblicare perché, per via alcune frasi nella canzone, la redazione sarebbe potuta essere querelata. E quando ho chiesto di sapere le frasi "incriminate" non ho avuto più risposta.

Non ci siamo dati per vinti e abbiamo così perseverato inviando altro materiale su Leoluca Orlando. Materiale che è stato pubblicato non senza bisogno di miei solleciti alla redazione.

Ma la cosa buffa è stata la trasformazione del titolo da un giorno all'altro di un mio post: il titolo originale era "Di Pietro e il condannato Orlando" e da qualche giorno è stato cambiato in "Di Pietro e Orlando a Palermo". Perché non si può scrivere contro Leoluca Orlando? Cosa c'è che i lettori non sanno o non devono sapere? Forse non sanno o non devono sapere che magari qualche pezzo grosso del Fatto si sta candidando in Italia dei Valori e quindi tutto quello che riguarda il partito dello sbirro incoerente Di Pietro è off per chi vuole far sapere la verità?

In ogni caso, pensavano che questo loro traffichino non venisse alla luce. Ma siccome abbiamo a che fare con gente che non sa nemmeno quale sia la loro mano dritta, non si sono accorti che hanno cambiato solo il titolo mentre l'URL contiene ancora la parola "condannato".

Dossier Fatto_Quotidiano_2

Comunque, Il Fatto Quotidiano resta sempre uno dei migliori giornali. Quando finisce la lettiera del gatto.

PS: in fase di revisione del post non mi sono accorto di non aver corretto un "sarebbe" con un "avrebbe". E i miei detrattori ne hanno subito approfittato. Che gente sfigata. Lascio l'errore per farli parlare un altro po'. Altrimenti di che cazzo parlano, vista la pochezza di argomenti?

Fonte: Tony Troja

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Il Fatto Quotidiano, il metodo Boffez e il diritto di replica




Lunedì 18 Giugno 2012 21:04

In risposta al post di Peter Gomez, "Satira, tocca a noi", abbiamo chiesto il diritto di replica per le gravi e lesive dichiarazioni del direttore de IlFattoQuotidiano.it (Peter Gomez) nei nostri riguardi . Ecco la rettifica:

 "Caro direttore,
capiamo che non faccia piacere ritrovarsi “vittima” di satira, e capiamo che una buona dose di antiacido aiuterebbe. Però, per amore di chiarezza, lasci che ci avvaliamo del diritto di replica.

In primis, dobbiamo dirle che è un piacere leggerla, considerando che alle numerose nostre comunicazioni non s’è mai degnato di rispondere. Perché ogni volta che abbiamo chiesto chiarimenti in merito a un “pezzo” rifiutato, siamo stati rimandati “al direttore”, cui abbiamo scritto, ma senza alcun esito. Mai da lei ci giunsero parole. Ponzio Pilatez?

In secondo luogo, facendo il giornalista dovrebbe verificare meglio i tempi dei fatti. Ci permettiamo umilmente di suggerirlo, visti gli evidenti svarioni. Il rifiuto di pubblicare non uno ma diversi pezzi, e non solo su Orlando, risale non agli ultimi, tristi tempi, ma a ben prima. Se vuole, quando vuole, le rigiriamo i carteggi con la redazione e con lei stesso. Tanto per rinfrescarle la memoria.

La satira su Orlando, inoltre, risale a ben prima della candidatura di Merighi. Si riguardi le date su youtube. Quel video è stato pubblicato l'8 febbraio, un mese prima delle primarie (4 marzo), quando della candidatura di Merighi (che invece risale a dopo le primarie) non c’era neppure l’idea. Del resto, anche fosse vero quanto lei afferma, non sarebbe Merighi l’unico “politico” a scrivere sul Fatto. Date un’occhiata agli altri blogger. Per amor di cronaca, all’epoca di quel video non solo Orlando non era candidato, ma era candidata Rita Borsellino. A rigor di logica, di quale denigrazione di quale avversario politico si parla se Orlando s’è candidato solo il 23 marzo?

Sempre a proposito di Orlando, e al video incriminato, una specifica è necessaria. Se lo vada a riascoltare, ma con attenzione. In quel video non si dice in nessun modo che Orlando sia responsabile della morte di Giovanni Falcone. Si dice solo, e con tanto di video a riprova, che ha accusato il giudice di “tenere le carte nei cassetti”. Del resto, l’ex ministro Martelli ha spiegato, sempre in video, perché era realmente nata l’animosità del sindaco democristiano contro il giudice. Ma proprio noi dobbiamo ricordarle, queste cose, e proprio a lei? Asserire che Merighi avrebbe utilizzato il FQ per farsi campagna elettorale (quando, per evitare proprio queste pretestuose accuse, s’è guardato bene perfino dal pubblicare post “innocui” su altri argomenti), e soprattutto sostenere che nel video si affermi che Orlando abbia “responsabilità nella morte di Giovanni Falcone” è gravemente lesivo. A maggior ragione se lo si fa dalle pagine di un giornale online. Si chiama diffamazione a mezzo stampa. Ma è il caso che se ne discuta nelle sedi competenti.

Guardi, bastava dire: pubblichiamo quel che riteniamo meritevole. Ci sarebbe stata più dignità, invece di cercare argomenti pretestuosi e denigratori. Un atteggiamento che ci ricorda qualcuno… a lei no?

Massimo Merighi e Tony Troja"

Ma come siamo arrivati a questo punto? Ecco la spiegazione. 

Merighi-Troja-Gomez


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Lettera aperta a Peter Gomez (Direttore de IlFattoQuotidiano.it)




Martedì 19 Giugno 2012 22:59

"Caro Direttore,

con grande dispiacere ci vediamo costretti, ancora una volta, a difenderci dalle accuse da lei mosse nei nostri confronti per tutelarci rispetto al danno grave che lei, reiteratamente, sta arrecando alle nostre persone, alla nostra immagine e alla nostra credibilità professionale. In parecchie occasioni, noi abbiamo tentato, in passato, di interloquire con lei, senza mai averne l’opportunità. Ci fa specie che, soltanto adesso che il giornale è stato oggetto di una nostra satira, lei stia trovando il tempo che non ha mai trovato finora per risponderci. Non era cosa da poco ciò che chiedevamo di sapere da parte sua.

La prima volta in relazione alla mancata pubblicazione del video su Bossi che ci era stato rifiutato dalla redazione perché ritenuto volgare e suscettibile di querela. Avremmo voluto sapere, infatti (e la questione risulta dirimente per noi che facciamo satira), quali fossero i vostri criteri di volgarità, considerato che altri video comeTelefona a ‘stu cazz’” (e di simile tenore) erano stati pubblicati senza problemi. Ci premeva, inoltre, capire anche in quel caso quali fossero i pericoli di querela a cui si poteva esporre la testata se avesse pubblicato il video. Un’altra occasione è stata quella in cui avendovi inviato il video “Buon compleanno, vecchio” (il video sul compleanno di Berlusconi) la redazione aveva scelto di non dare visibilità in prima pagina al post, rimandandoci ad un regolamento del quale non eravamo mai stati informati quando ci avete proposto di aprire uno spazio sul vostro sito.

Posto che la nostra collaborazione è a titolo gratuito, le abbiamo rappresentato la nostra unica condizione richiesta affinché tale collaborazione “esclusiva” potesse costituire anche per noi un vantaggio. A fronte dei nostri gratuiti contributi (offerti in esclusiva a Il Fatto), chiedevamo imprescindibilmente che ci fosse garantita la visibilità in prima pagina di ogni nostro post. Non abbiamo mai ricevuto da lei una risposta che ci rassicurasse in tal senso.

Infine, venendo al video su Orlando, da voi rifiutato, abbiamo chiesto per iscritto che ci venissero esplicitati i punti della canzone “Tu dimmi quando, Orlando” da voi ritenuti suscettibili di querela, posto che c’era stato laconicamente comunicato, come lei giustamente ricorda, che: “dopo attenta valutazione da parte della redazione, reputiamo che questo video ci potrebbe esporre a rischi di querele. Il post quindi non verrà pubblicato sul nostro sito”. Nessuna risposta è arrivata da parte vostra, malgrado noi avessimo interesse, ormai, a sapere se effettivamente ci potessero essere motivi di querela oppure, come cominciavamo a sospettare, a qualcuno della redazione potesse non far piacere che si criticasse Leoluca Orlando.

Nell’ultimo nostro video satirico “Questo è Il Fatto Quotidiano”, lei giustamente afferma che noi non abbiamo fatto riferimento alla sua persona, avendo invece menzionato altre persone della redazione. E un motivo c’è. Abbiamo sempre avuto nei suoi confronti stima e rispetto delle sue capacità professionali; ed è anche per questo che, consapevoli dei suoi impegni, abbiamo sempre avuto pazienza nell’attendere risposte da parte sua.

Detto questo, avendole riferito le motivazioni alla base delle nostre richieste di un contatto con lei, veniamo dunque alle questioni sollevate dai suoi interventi nei nostri confronti. La questione della diffamazione: per noi che facciamo satira è altrettanto importante, come lo è per lei, la tutela del diritto alla libertà di opinione, spesso minacciato dalla facilità con cui i potenti si fanno scudo dei tribunali per dissuadere giornalisti, autori satirici, bloggers (che non possono permettersi di pagare grosse somme economiche per le spese legali ed eventuali risarcimenti) dall’esprimere liberamente le proprie opinioni. Le clausole di manleva, in molti casi, addirittura costituiscono l’ulteriore determinante deterrente nei confronti di chi con coraggio osa attaccare i potenti ma di questi ultimi si ritrova, da solo, a dover affrontare le ritorsioni.

Nel nostro caso, paradossalmente, ci ritroviamo nostro malgrado ad essere danneggiati e diffamati dallo stesso nostro direttore di giornale, il quale sostiene che una “semplice diffamazione” sia cosa da poco e che l’aver noi riferito di tale condanna, comminata ai danni di Leoluca Orlando, sia stato un episodio fastidioso, asserendo che non abbiamo intenzionalmente specificato la natura della condanna. Nell’allegato (documento word) da noi inviato, era contenuto il link, tra parentesi e ben visibile, che riportava alla sentenza di condanna per diffamazione aggravata, seppur essendo vero che, in una prima mail, Troja avesse commesso la leggerezza di dimenticare i link a supporto delle sue affermazioni, link che vi ha inviato immediatamente in una seconda mail, su vostra richiesta. Il processo alle intenzioni difficilmente conduce alla reale comprensione fra le persone.

Se, come lei afferma, la cosa l’aveva infastidita, evidentemente è saltato alla conclusione che la dimenticanza (che non riguardava solo la condanna, ma tutte le notizie riportate nel post) fosse “voluta”. A noi piace sempre lasciare il beneficio del dubbio e, se è il caso, ci premuriamo di sincerarcene personalmente. Ma probabilmente l’effetto molesto della satira l’ha spinta a rendere tali fastidi pubblici, piuttosto che. Invece ci piacerebbe sapere (dato che il post aveva come oggetto specifico la condanna di Orlando) in base a quale principio il titolo originario, e già pubblicato, sia stato cambiato da “Di Pietro e il condannato Orlando” a “Di Pietro e Orlando a Palermo” .

Sempre a proposito di diffamazione, ci preme dire una cosa, per noi, importantissima. Malgrado siano ben note le ragioni per le quali il dibattito inerente la questione morale porti a ragionare sull’opportunità di escludere il reato di opinione dai motivi di incandidabilità dei politici, a nostro avviso, il “caso Orlando” rappresenta un’eccezione da non sottovalutare. Noi, infatti, al pari di Giovanni Falcone, reputiamo scandaloso un certo modo di fare politica che trova in Leoluca Orlando un esponente di spicco. Al punto da far dire a Falcone le seguenti parole (riportate a chiusura del video da voi non pubblicato): “Questo è un modo di fare politica, attraverso il sistema giudiziario, che noi rifiutiamo. E se il sindaco sa qualcosa, faccia nomi e cognomi. Altrimenti taccia!”. Lo stesso Falcone che a proposito della famosa frase orlandiana “Il sospetto è l’anticamera della verità” ribatteva dicendo “Il sospetto è l’anticamera del khomeinismo”.

Al di là dell’esigenza sacrosanta di tutelare la libertà di opinione, occorre infatti non sminuire l’importanza, altrettanto sacrosanta, e la gravità del reato di diffamazione, quando questo risulti essere perpetrato con troppa leggerezza o addirittura con dolo (consapevoli della falsità o della pretestuosità delle accuse fatte ai danni di persone, alle quali si arreca comunque un nocumento spesso grave). Proprio per questa nostra specifica attenzione al problema, le sue affermazioni pubbliche riguardanti la suscettibilità di querela del video non pubblicato, nel quale, a detta sua, avremmo asserito “la responsabilità di Orlando nell’omicidio di Falcone”, oltre a risultare gravemente diffamatorie e lesive delle nostre persone (in quanto ci accusano di una probabile responsabilità in un reato penale), risultano lesive della nostra immagine nei confronti dell’opinione pubblica, inducendo il lettore inconsapevole ad accomunarci a quel modo di far politica (o informazione, satira) tanto caro ad Orlando e che noi stigmatizziamo con grande sdegno.

A questo proposito, oltre alla leggerezza (o dolo?) iniziale (contenuta nel suo primo post), si aggiunge l’aggravante della scorrettezza nel non aver pubblicato ex novo la nostra rettifica, come da noi esplicitamente sollecitato, in un post a sé stante. In tal modo, infatti, pubblicando tale rettifica (e la susseguente sua replica) in calce al post già da lei pubblicato, non ha consentito che tutti coloro che avevano letto il suo post (e probabilmente non lo avrebbero più riletto) potessero venire a conoscenza delle nostre ragioni. Vogliamo credere che sia stato fatto per leggerezza, com’è nostra abitudine nel non fare processi alle intenzioni, e per questo le chiediamo di offrirci l’opportunità di far conoscere le nostre ragioni con la stessa visibilità con la quale lei ha fatto conoscere le sue. A questo punto, le risulterà evidente la ragione per la quale noi abbiamo fatto cenno ad eventuali querele da parte nostra: chi subisce un danno, a maggior ragione se propone una rettifica a riparazione dello stesso, da parte di chi, dall’alto di una posizione mediatica forte, gli ha inferto un duro colpo, dannoso per l’immagine e la reputazione, quale altro mezzo di difesa può avere, a tutela dei propri interessi, se non il ricorso al giudice?

La seconda questione, altrettanto importante, riguarda le sue gravi affermazioni a proposito della nostra onestà intellettuale nell’ambito del ruolo politico di Merighi. La gravità delle sue affermazioni consiste nell’indurre il lettore a ritenere strumentale il nostro lavoro satirico, in quanto finalizzato al proprio tornaconto politico. Lei lo ha insinuato una prima volta, tirando in ballo la questione della candidatura di Merighi (nel suo primo post) e l’ha ribadito nella sua replica, dove addirittura sostiene: La questione del conflitto d’interessi – che diventa tale solo perché al lettore non si dice che uno delle due firme del blog è candidato e l’altro lo sostiene – resta invece tutta, secondo me, per i post di aprile”. Merighi, proprio per onestà intellettuale, e rispetto nei confronti sia dei lettori che della testata che ci ospita, non ha mai voluto espressamente fare cenno a questa sua candidatura. Ne avrebbe certamente tratto un enorme beneficio sfruttando tale opportunità mediatica per farlo sapere a quante più persone possibile.

Ma lo spazio a noi concesso con il blog, esplicitamente riferito alla nostra attività di autori satirici e blogger, non consentiva in alcun modo (volendo essere onesti con la propria coscienza) di mescolare, anche solo di sfuggita, satira e impegno politico. Come è noto, la satira (come del resto l’informazione) deve rimanere “altra”, libera, indipendente, per essere efficacemente critica nei confronti del potere costituito. Il nostro volerci riferire alla corretta datazione del video da voi non pubblicato e il nostro voler ribadire l’esatta sequenza cronologica, non mirano a sottolineare una sua carenza di memoria (che può essere giustificata, visto l’enorme mole di cose che lei deve ricordare), semmai intendono porre un rimedio all’enorme danno nei confronti della nostra attività artistica rappresentato dalle sue inesattezze.

Asserendo del conflitto di interessi nel suo primo post e ribadendolo, nonostante le nostre rettifiche, nella sua replica, in cui lei afferma che a febbraio già “era ampiamente noto a Palermo, c’era chi ce ne aveva parlato, il vostro legittimo sostegno a Ferrandelli”, lei compie una grave scorrettezza ai nostri danni. L’inizio del sostegno pubblico di Merighi a Ferrandelli, da semplice cittadino e non da candidato, avviene un paio di giorni prima delle primarie (4 marzo), un sostegno che non si riferisce tanto al candidato, quanto alla partecipazione che attorno a quel candidato si era generata da parte di un gran numero di movimenti e di cittadini attivi della cosiddetta società civile, della quale Merighi è parte rappresentativa in quanto presidente di una delle associazioni più rinomate a Palermo per impegno civico. Cosa che non ha mai impedito a Merighi di esprimersi in qualità di autore satirico, pungendo indistintamente qualunque potere costituito.

Se successivamente, in data 13 marzo, Merighi ha deciso di accettare la proposta di candidatura da parte di Ferrandelli, ciò non necessariamente avrebbe dovuto interessare né i lettori né lei. Da quel momento, in effetti, si sarebbe venuta a verificare una prima occasione di conflitto fra la nuova attività politica di candidato e la sua attività di autore satirico. Per tale ragione Merighi, da quel momento, ha comunicato a Troja la sua intenzione di rimanere il più al di fuori possibile rispetto all’esposizione mediatica relativa alla satira, proponendosi di cessare tale attività nell’eventualità che i cittadini di Palermo gli avessero assegnato il ruolo di consigliere comunale. Era proprio necessario comunicare pubblicamente, come lei afferma, la candidatura di Merighi ai lettori e alla redazione? Noi non pensavamo che lo fosse.

Semmai, lei dovrebbe spiegarci come mai, da una parte, lei afferma che i post successivi alla candidatura fossero stati “pubblicati senza che nessuno di voi mi avesse avvertito della candidatura di Merighi, scoperta per caso da un mio redattore. Cosa che sinceramente mi ha un po’ infastidito” e, poche righe dopo, lei stesso afferma, contraddicendosi, che a febbraio “era ampiamente noto a Palermo, c’era chi ce ne aveva già parlato, il vostro legittimo sostegno a Ferrandelli”. Tenuto conto che la prima dichiarazione pubblica di sostegno da parte di Merighi a Ferrandelli risale, come detto, ad un paio di giorni prima delle primarie (4 marzo), cortesemente la preghiamo di verificare le sue fonti perché ampiamente errate.

In ogni caso, per farla finita, basterebbe che lei facesse semplicemente un pubblico atto di scuse che ci consentisse di veder riabilitata la nostra immagine professionale, artistica, personale, rispetto ai gravi danni che le sue inesattezze ci hanno arrecato.

Le chiediamo, pertanto, oltre a pubblicare la presente o anche in alternativa alla pubblicazione della stessa, un suo atto riparatorio che ci consenta di proseguire nella collaborazione finora intercorsa, e comunque di aver restituita quella credibilità che lei ha danneggiato. Ciò basterebbe a chiudere proficuamente per entrambe le parti la questione senza la necessità di dover ricorrere alla nostra tutela per vie legali. Sinceramente sarebbe, riteniamo, anche il miglior modo per proseguire i nostri buoni rapporti.

Cordialmente 

Massimo Merighi e Tony Troja"

Ecco come siamo arrivati a tutto questo:
1) A chi tocca nun se 'ngrugna;
2) Satira, tocca a noi

PGomez