domenica 24 giugno 2012

Triste e pietoso è il Travaglio in difesa

Pubblicato il 17 giugno 2012

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Oggi Travaglio risponde a quanti avevano criticato la sua intervista a Grillo, che a quasi tutti è sembrata un benevolo spot, non certo un pezzo di giornalismo da citare ad esempio ai giovani. Se non come esempio negativo.

Travaglio non l’ha presa bene e, non avendo molto da opporre nel merito, si è lasciato andare a un rantolo in perfetto stile-Libero, nel senso che ha usato tutti gli argomenti e gli artifici retorici impiegati abitualmente dai giornalisti della destra più cialtrona, per giustificare i propri e/orrori. Qualcuno poteva attendersi di più, per altri non è che la scontata conferma dell’enorme sopravvalutazione di chi in fondo fa come fan tutti e, anche se s’atteggia a professorino bacchettando i colleghi somari, alla fine si comporta esattamente come quanti critica.
Travaglio apre il lamento raccontando ai suoi lettori una balla, dicendo cioè che tra la pioggia di critiche alle domande ridiciole e compiacenti che ha posto a Grillo, nessuno si è sbilanciato a suggerire  “quelle giuste”. Si tratta in questo caso di un espediente fin troppo abusato, che suggerisce critiche pretestuose da parte di chi è incapace di fare di meglio. Invece diversi commentatori hanno spiegato con dovizia quali quesiti avrebbero gradito porre a Grillo, stranamente tutti molto meno morbidi di quelli posti da Travaglio. È chiaro che si tratta di un espediente abusatissimo con il quale, invece di rispondere alle critiche sul proprio operato, si rimanda la palla a chi l’ha lanciata.

Di seguito Travaglio passa al plurale maiestatis e dice che chi lo critica è invidioso (Premesso che siamo orgogliosi di quel colloquio e dell’invidia che ha suscitato in chi vorrebbe ma non può), un altro grande classico tra gli artifici retorici del giornalismo di destra più retrivo. Poi con l’epiteto di “servi” usato in abbondanza Travaglio chiarisce (e insulta) che chi l’ha criticato è sicuramente compreso tra le due categorie. Secondo Travaglio a criticarlo sono i “servi” in cerca di vendetta o gli invidiosi, altre possibilità non ne offre.

Da queste premesse parte per stendere l’unica frase con la quale affronta davvero il merito delle critiche all’intervista: “la cattiveria dell’intervista è direttamente proporzionale alla negatività del personaggio“.  Frase che merita qualche riflessione, a cominciare dal chiedersi chi stabilisca il grado di “negatività” che segna il confine tra uno spot e un’intervista vera. 

Sembra chiaro che Travaglio si riservi di decidere sulla negatività in totale autonomia e infatti spiega anche in cosa consista e cioè nell’assenza di scandali, vicende tangentizie o mafiose. Par di capire che in assenza di queste premesse il giornalista che s’ispira a Travaglio debba rinunciare a disturbare il politico con domande vere e si debba predisporre a un colloquio nel quale fa il maggiordomo, anche nel caso che in gioco ci siano questioni d’estrema rilevanza, ma non comprese nel tris di Travaglio.

Ovviamente si tratta di una baggianata sesquipedale, un’affermazione ridicola buttata lì per dire che Grillo non merita domande vere perché non ha ancora combinato disastri. In un colpo solo Travaglio riabilità tutti i laudatori dell’alba del berlusconismo e dismette l’opportunità d’indagare sulle incongruenze di quella che oggi pare la terza politica del paese, perché ancora deve combinare disastri.

Dopo aver spiegato chi siano i loschi personaggi che lo hanno criticato, quali infami moventi li animino e perché sia giusto risparmiare a Grillo le domande vere, Travaglio chiude con un altro grande classico, buttando in mezzo il  tutti rubano di craxiana memoria. La seconda metà del suo editoriale si allontana infatti del tutto dal merito delle contestazioni al suo spot per Beppe Grillo ed è integralmente occupata da una lunga tirata contro chi -non- ha dato una notizia che invece il Fatto Quotidiano ha dato e che per Travaglio è da considerarsi della massima importanza.

Sembra la mitica difesa del ladro: “Signor giudice, ma perché perde tempo con me, se la fuori ci sono stupratori ed assasini?“. Una maniera come un’altra di parlar d’altro e di altri e di riempire la colonna puntando il dito sui cattivi iscrivendosi tra i buoni, attività che evidentemente Travaglio preferisce di gran lunga all’affrontare onestamente le proprie responsabilità di giornalista. Ma questa non è una novità.

Un vero peccato e non solo perché Travaglio ha risposto insultando tutti e non rispondendo a nessuno, ma soprattutto per il cattivo esempio che un tale maestro del giornalismo “libero”. Se poi qualcuno gli risponderà male, sarà perché oltre che servo e invidioso è pure volgare, garantisce Travaglio.

Fonte: Mazzetta