Pubblicato il 17 giugno 2012

Oggi
Travaglio risponde a quanti avevano criticato la sua intervista a
Grillo, che a quasi tutti è sembrata un benevolo spot, non certo un
pezzo di giornalismo da citare ad esempio ai giovani. Se non come
esempio negativo.
Travaglio non l’ha presa bene e, non avendo
molto da opporre nel merito, si è lasciato andare a un rantolo in
perfetto stile-Libero, nel senso che ha usato tutti gli argomenti e gli
artifici retorici impiegati abitualmente dai giornalisti della destra
più cialtrona, per giustificare i propri e/orrori. Qualcuno poteva
attendersi di più, per altri non è che la scontata conferma dell’enorme
sopravvalutazione di chi in fondo fa come fan tutti e, anche se
s’atteggia a professorino bacchettando i colleghi somari, alla fine si
comporta esattamente come quanti critica.
Travaglio apre il lamento raccontando ai suoi
lettori una balla, dicendo cioè che tra la pioggia di critiche alle
domande ridiciole e compiacenti che ha posto a Grillo, nessuno si è
sbilanciato a suggerire “quelle giuste”. Si tratta in questo caso di un
espediente fin troppo abusato, che suggerisce critiche pretestuose da
parte di chi è incapace di fare di meglio. Invece diversi commentatori hanno spiegato
con dovizia quali quesiti avrebbero gradito porre a Grillo,
stranamente tutti molto meno morbidi di quelli posti da Travaglio. È
chiaro che si tratta di un espediente abusatissimo con il quale, invece
di rispondere alle critiche sul proprio operato, si rimanda la palla a
chi l’ha lanciata.
Di seguito Travaglio passa al plurale
maiestatis e dice che chi lo critica è invidioso (Premesso che siamo
orgogliosi di quel colloquio e dell’invidia che ha suscitato in chi
vorrebbe ma non può), un altro grande classico tra gli artifici
retorici del giornalismo di destra più retrivo. Poi con l’epiteto di
“servi” usato in abbondanza Travaglio chiarisce (e insulta) che chi l’ha
criticato è sicuramente compreso tra le due categorie. Secondo
Travaglio a criticarlo sono i “servi” in cerca di vendetta o gli
invidiosi, altre possibilità non ne offre.
Da queste premesse parte per stendere l’unica
frase con la quale affronta davvero il merito delle critiche
all’intervista: “la cattiveria dell’intervista è direttamente
proporzionale alla negatività del personaggio“. Frase che merita
qualche riflessione, a cominciare dal chiedersi chi stabilisca il grado
di “negatività” che segna il confine tra uno spot e un’intervista vera.
Sembra chiaro che Travaglio si riservi di
decidere sulla negatività in totale autonomia e infatti spiega anche in
cosa consista e cioè nell’assenza di scandali, vicende tangentizie o
mafiose. Par di capire che in assenza di queste premesse il giornalista
che s’ispira a Travaglio debba rinunciare a disturbare il politico con
domande vere e si debba predisporre a un colloquio nel quale fa il
maggiordomo, anche nel caso che in gioco ci siano questioni d’estrema
rilevanza, ma non comprese nel tris di Travaglio.
Ovviamente si tratta di una baggianata
sesquipedale, un’affermazione ridicola buttata lì per dire che Grillo
non merita domande vere perché non ha ancora combinato disastri. In un
colpo solo Travaglio riabilità tutti i laudatori dell’alba del
berlusconismo e dismette l’opportunità d’indagare sulle incongruenze di
quella che oggi pare la terza politica del paese, perché ancora deve
combinare disastri.
Dopo aver spiegato chi siano i loschi
personaggi che lo hanno criticato, quali infami moventi li animino e
perché sia giusto risparmiare a Grillo le domande vere, Travaglio chiude
con un altro grande classico, buttando in mezzo il tutti rubano di
craxiana memoria. La seconda metà del suo editoriale si allontana
infatti del tutto dal merito delle contestazioni al suo spot per Beppe
Grillo ed è integralmente occupata da una lunga tirata contro chi -non-
ha dato una notizia che invece il Fatto Quotidiano ha dato e che per
Travaglio è da considerarsi della massima importanza.
Sembra la mitica difesa del ladro: “Signor
giudice, ma perché perde tempo con me, se la fuori ci sono stupratori ed
assasini?“. Una maniera come un’altra di parlar d’altro e di altri
e di riempire la colonna puntando il dito sui cattivi iscrivendosi tra i
buoni, attività che evidentemente Travaglio preferisce di gran lunga
all’affrontare onestamente le proprie responsabilità di giornalista. Ma
questa non è una novità.
Un vero peccato e non solo perché Travaglio ha
risposto insultando tutti e non rispondendo a nessuno, ma soprattutto
per il cattivo esempio che un tale maestro del giornalismo “libero”. Se
poi qualcuno gli risponderà male, sarà perché oltre che servo e
invidioso è pure volgare, garantisce Travaglio.
Fonte: Mazzetta