
25 maggio 2012
Eccola qui, puntuale come una pioggia di marzo, parte la faida
del ricciolo bianco (ma che talvolta si tinge di biondo, quando il
narcisismo prevale sulla serena consapevolezza degli anni che passano).
Michele Santoro contro Beppe Grillo. I due patron dell’indignazione l’un
contro l’altro armati. La fine di un sodalizio intellettuale, quello
che ha ingrassato le tasche di entrambi a suon di proclami contro la
casta e i politici e chiunque non fosse abbastanza puro per entrare nel
Club degli indignati doc.
Eccoli qui, dunque, il guru del “Vaffa” contro “Michele
vaffanbicchiere”, per citare il mitico j’accuse contro l’allora dg Rai
Mauro Masi, l’uomo che per conto del Cav. cercava di boicottare dal
settimo piano di viale Mazzini la truppa santoriana e i suoi record
d’ascolti. Un vaffa tira l’altro, si potrebbe dire. Solo che ora i vaffa
se li dicono tra loro, complice l’ultima tirata del comico genovese,
quella contro i conduttori tv, “Servi”, “quasi morti”, “pappagalli dei
partiti”. “Eh, no”, ha sbottato Michele ieri sera su Servizio pubblico.
“Caro Beppe, non siamo tutti uguali”. Mancava solo che Santoro citasse
il mitico Rutelli-Guzzanti, da lui tanto amato: “Ah Beppe, t’abbiamo
portato l’acqua con le orecchie, ricordati degli amiciiii!!”. E
infatti, a suo modo, l’ha fatto.
Stavolta Michele ha trovato uno più puro di lui, come Di Pietro con
De Magistris, uno che si mette in cattedra e spara zero. “Tutti uguali,
tutti servi”. Povero Michele. Solo che quando Beppe lo diceva degli
altri, di Bersani o di Vendola, paragonatio al peggior Berlusconi
“quasi morti”, “rottami”, lui non si scomponeva per niente, in fondo era
tutta acqua al mulino dell’audience. Stavolta, invece, il guru genovese
l’ha fatta fuori dal vaso, e allora Michele ha alzato il ditino, ha
fatto la faccia imbronciata (con quello sguardo che ha sempre dedicato
ai “cattivi”), si è ricordato di Gian Roberto Casaleggio, il guru al
quadrato che sta alla regia del blog di Grillo, si è fatto persino
minaccioso, quasi pronto a rivelare qualche scomodo retroscena. “Caro
Beppe, ti applaudono i giornali di Berlusconi e pure gli amici di
Bisignani, c’è qualcosa che non va…”.Tanto appuntito da ricordare la
mitica telefonata di Nicola Porro all’ex portavoce di Emma Marcegaglia:
“Stiamo per mandare i seguci a Mantova…”.
C’è da giurarci, Michele lo farà. Ha sicuramente pronto il
“trattamento D’Addario” anche per Beppe e i suoi consulenti. Staremo a
vedere, il divertimento è assicurato. E comunque, la faida tra i due
indignados dal portafoglio gonfio ci racconta meglio di molte analisi
politiche o studi sociologici lo tsunami delle amministrative sulla
politica italiana. La vittima predestinata del berlusconismo ha cambiato
carnefice. Prima c’era Silvio, che telefonava minaccioso al “Raggio
Verde”: “Santoro, si contenga!!!”. Ora il Cav è veramente finito, se
l’invettiva santoriana viene destinata a Beppe. E c’è persino la sottile
minaccia, nel j’accuse 2.0 di Santoro: “Berlusconi non l’aveva capito
cos’è questa trasmissione, e sappiamo tutti com’è finito…”.
Eppure si erano davvero tanto amati. Quanto piacevano a Michele
quelle piazze urlanti di vaffa alla casta. Più degli indignados
spagnoli, più dei metalmeccanici, più dei fermenti siciliani del primo
Orlando contro la Dc di Palermo, quando Michele si faceva le ossa e
diventava il tribuno della fine della Prima repubblica, mentre Beppe
ancora si barcamenava tra i Pippobaudi. C’era dentro, in quei vaffa
partiti da Bologna (non a caso, una piazza assai contesa tra i due
guru), tutta la summa di vent’anni di trasmissioni, di dirette vibranti,
di smontaggi e rimontaggi degli interlocutori politici a seconda del
bisogni del momento del “partito di Michele”.
“Non spero più”, ha concluso ieri sera l’amareggiatissimo Santoro.
“E pensare che mi avevi fatto sperare molto in un cambiamento, e che
tutto era cominciato da qui…”. Qui, cioè gli studi di Michele. Dove il
grillismo si è forgiato, è stato annaffiato e pettinato da Santoro e
Travaglio. Beppe, costola impazzita (e ingrata) del santorismo? Se lo
dice Michele, c’è da credergli…
Fonte: Un padano a Roma