sabato 2 giugno 2012

Beppe Grillo, il grillismo e i grillini

domenica 20 maggio 2012

PER UN'ANALISI DEL GRILLISMO (dibattito 1)


Beppe Grillo, il grillismo e i grillini 

di Nino Caliendo*

Oggi ci sono i ballottaggi. Particolarmente importante quello di Parma. Una prova del nove per il M5S, col suo candidato Federico Pizzarotti. E vedremo se questa grande novità arresterà il flusso astensionista. Di sicuro il "grillismo" è il fatto nuovo della scena politica italiana, fatto nuovo che il fallimento della sinistra e l'avvento del governo Monti hanno irrobustito. E' il "grillismo" una meteora? O è destinato a diventare un fattore stabile? E qual'è la sua natura? Dove andrà a parare? Alcune considerazioni svolte in questo articolo, e certi giudizi tranchant, non li condividiamo, ma esso ci da lo spunto per aprire il dibattito.

[Sollevazione]

Visto che i grillini deviano con arte ogni discorso atto a definire effettivamente chi sono e cosa sono, provo a farlo io.


La prima contraddizione che caratterizza i grillini risiede nella denominazione con cui si autodefiniscono. Poiché fanno della battaglia contro la casta politica l’unico loro motivo principale, non vogliono presentarsi come un “Partito”, bensì come un “Movimento”.
In questo modo di fare, a mio avviso molto ridicolo, emerge immediatamente l’inconsistenza del “grillismo”, che ricade proprio nell’errore rimproverato agli altri politicanti (perché Grillo e i grillini sono solo politicanti di mezza tacca): imbrogliare con le parole!
Qualsiasi parola, infatti, non è soltanto un insieme di fonemi, ma designa un concetto. La parola “Movimento” designa un gruppo di persone che si uniscono intorno ad una battaglia, talvolta provando anche ad articolarsi alla meglio sul territorio e che non si danno, invece, un assetto organizzativo stabile.
Il concetto di “partito” fa riferimento invece a un gruppo strutturato e organizzato che svolge attività politica in maniera globale, articolandosi in maniera capillare sul territorio.
Il Movimento 5 Stelle risponde pienamente a quest’ultimo concetto: svolge attività politica in maniera globale, è organizzato capillarmente sul territorio, partecipa alle elezioni. E per di più ambisce a entrare all’interno di quelle istituzioni tanto vituperate, per ritagliarsi degli spazi all’interno di esse. Dunque, sebbene respinga questa etichetta, il Movimento 5 Stelle è un partito a tutti gli effetti.
Una volta smascherato questo imbroglio linguistico, su cui incredibilmente molte persone cascano, va chiarito che tipo di partito è il Movimento 5 Stelle.
E’ molto facile andare a scovare le magagne altrui ed è facilissimo evidenziare i disastri prodotti dalla casta politica italiana in questi anni. Ma al di là della parte distruttiva, ogni discorso politico che ambisca ad essere credibile deve avere anche una parte costruttiva.
E qui casca il… Grillo.
Purtroppo, non basta sbraitare contro i politicanti (ormai, lo facciamo tutti: non c’è nessuna novità d’intenti) e qualsiasi progetto politico che voglia avere un futuro deve per prima cosa aver ben chiaro il proprio nemico ed approntare, poi, gli strumenti adatti per combatterlo.
L’enorme limite (io sono convinto si tratti di malafede) del Movimento 5 Stelle consiste per l’appunto nell’individuare nella “casta politica” il nemico da abbattere, dimostrando così di perdere di vista clamorosamente (e forse anche premeditatamente, per i propri interessi) il bersaglio e di non riuscire a fare tesoro (se la conoscessero) della Storia. E se non si conosce il nemico da abbattere non si ha alcuna possibilità di costruire un progresso sociale.
La colpa maggiore dei “grillini” è nascondere al Popolo quale veramente è il grande nemico da abbattere: il nemico che la popolazione deve combattere non è rappresentato tanto dalla casta politica (che è l’ultima ruota del carro), quanto dai poteri forti. Ovverossia, quei poteri economicamente dominanti, che hanno in mano i destini del Paese e che controllano ogni aspetto della società: il diritto, i mass media, la politica. E a cui Grillo fa comodo e, quindi, gli danno spazio per dimostrare la loro democrazia nel dare spazio agli antagonisti, soffocando e isolando gli antagonisti veri che non hanno redditi di 5milioni di euro annui come Grillo.
Queste oligarchie economicamente dominanti (con le mafie al primo posto, grandi simpatizzanti del grillismo), hanno il potere di fare vincere le elezioni a uno schieramento politico piuttosto che a un altro e in cambio chiedono, ovviamente, di poter dettare legge!
Il livello politico, dunque, contrariamente a quanto vogliono far credere i “grillini”, non è il livello più alto di una società, ma è chiaramente subordinato al livello economico. Motivo per cui, se non si vanno a toccare i poteri forti, se non si innesca una rivoluzione dell’assetto economico di una società, in modo tale da ridurre le spaventose diseguaglianze socio-economiche e da riequilibrare i rapporti di forza fra tali poteri forti e la maggioranza della società, qualsiasi tentativo politico è destinato al fallimento. Il sistema, infatti, si auto-riproduce e, attraverso nuovi trucchi, continua, gattopardianamente, ad autoconservarsi.
Ecco perché tutte le proposte belle e fantasiose presenti nelle Cinque Stelle dei “grillini” (che rappresentano una specie di loro programma di riferimento) sono destinate a restare velleitarie all’interno di un sistema siffatto: rimanendo solo dei richiami ingannevoli per un elettorato illuso.
In una società in cui, a ogni latitudine e longitudine, i poteri forti si arroccano sempre più nei propri privilegi difendendoli, proprio attraverso i Parlamenti da loro eletti e controllati, con un attacco violento ai diritti della cittadinanza, al punto da paventare il rischio in Europa di involuzioni autoritarie, obiettivi come quelli indicati dai “grillini” (la città partecipata, la riforma dei servizi pubblici, l’introduzione di strumenti per la partecipazione popolare, etc) risultano assolutamente irrealizzabili, quindi populisti e qualunquisti.
Il raggiungimento di questi obiettivi (sia pure condivisibili) è chiaramente subordinato all’attacco radicale ai poteri forti e alla redistribuzione delle ricchezze economiche: obiettivi di cui non c’è traccia nei pseudo-programmi “grillini”.
Al contrario, parecchie prese di posizione di Beppe Grillo (ad esempio, il suo plauso al banchiere Profumo, da lui definito “il banchiere più stimato d’Europa”), il benestare da lui espresso tempo addietro rispetto ad un eventuale governo tecnico guidato da Luca Cordero di Montezemolo (grande capitalista, sodale di Marchionne) e, peggio ancora, il suo placet al governo Monti (da lui definito persona “credibile” in una intervista rilasciata al settimanale “Oggi”) sembrano chiarire la sua posizione in merito e dove aspirano a mangiare lui e i suoi “grillini”. Il mantra dei “grillini” rispetto a una loro presunta posizione “neutrale”, “né di destra né di sinistra ma oltre”, lungi dall’essere originale, riproduce l’approccio tipico dei movimenti populisti e qualunquisti che aspirano unicamente alla pagnotta.
La lotta di classe non è un dogma marxista, ma è la realtà della società in cui viviamo e che esperiamo quotidianamente attraverso i bollettini di guerra delle morti bianche, dei licenziamenti di massa, della disperazione e dei suicidi delle persone private del diritto al lavoro e a una vita dignitosa.
Di fronte alla violenza dell’attacco padronale, non si può rispondere col qualunquismo senza prendere posizione: o si sta dalla parte del mondo del lavoro o dalla parte dei padroni; o si sta dalla parte degli operai o da quella dei loro carnefici; o si sta dalla parte della TAV o si sta contro. E mi chiedo, tra l’altro, come mai i grillini non si vedano mai nelle lotte di piazza a supporto dei movimenti di lotta: forse il “grillismo” esiste solo a livello virtuale, senza i rischi della “piazza”?
Non esistono vie di mezzo rispetto alla lotta di classe e il non prendere posizione su argomenti di vitale importanza popolare (come fanno i “grillini”, quando il loro guru non pontifica direttamente i banchieri e i capitalisti), indice di carenze politiche o di malafede, è comunque un prendere posizione a favore dei padroni.
Insomma, il Movimento 5 Stelle è orientato al neoliberismo economico, continua a sostenere il sistema capitalista ritenendo possibile correggerlo e addossa tutte le colpe dei disastri del Paese alla casta politica (convinzione in gran parte condivisibile, ma non certo esaustiva del vero problema).
E’ abbastanza evidente, ad un osservatore intellettualmente onesto e minimamente preparato, che, dal punto di vista dell’impostazione politica di fondo, il Movimento 5 Stelle risulta alquanto debole e non dice affatto nulla di nuovo, puntando essenzialmente sull’attacco ai politicanti e sulla prassi di affidarsi a giovani cittadini, che spesso si affacciano per la prima volta alla politica attiva.
Concordo coi “grillini” sul fatto che i politici non dovrebbero essere “professionisti”, ma cittadini che mettono al servizio della collettività la propria esperienza, competenza e volontà (ma questa non è un’idea di Grillo, che ha scoperto l’acqua calda: sono oltre trent’anni che lo diciamo e lo scriviamo, proponendo, per legge, di non poter essere eletti per più di due legislature).
E, andando oltre, abbiamo più volte proposto (in tempi non sospetti) che il “rappresentante istituzionale” dovrebbe percepire lo stesso stipendio medio dei lavoratori italiani. Fintantoché, infatti, il “rappresentante istituzionale” percepirà stipendi faraonici (concessigli dai poteri forti per mantenerlo al proprio servizio), il suo scollamento dalla collettività e il suo disinteresse rispetto ad essa saranno logici e inevitabili.
Ritengo molto positivo che giovani cittadini si mettano (se in buona fede) al servizio della collettività nel tentativo di contribuire al cambiamento, ma è pur vero che la giovinezza, di per sé, non è sigillo di Verità né di Giustizia. Ed è altrettanto vero che il vuoto di idee di alternativa di società non può essere controbilanciato dalla giovane età!
La condizione necessaria per il progresso sociale è avere un vero e sano progetto di alternativa di società e perseguire quel progetto (condizione essenziale che manca nel “grillismo”). La giovinezza può eventualmente essere un valore aggiunto, ma non un fattore determinante. Non può essere un surrogato rispetto alla mancanza di un progetto alternativo.
E’ vero, altresì, che la gente deve iniziare a riappropriarsi della propria dimensione politica, cui per troppo tempo ha rinunciato. E’ vero che dobbiamo smetterla con la politica della delega in bianco a politicanti (di ogni colore) prodighi di promesse da marinai. Ma è pur vero che la riappropriazione della politica e l’unione dei cittadini deve avvenire intorno a un progetto coerentemente antisistema ed anticapitalista, cioè l’esatto contrario delle proposte di Grillo e dei “grillini”.
Al contrario, l’unione intorno a un progetto blando e fallimentare, come quello del Movimento 5 Stelle, può soltanto produrre ulteriore rassegnazione e sfiducia in un tessuto sociale già molto disilluso.
E da questo punto di vista, i “grillini” dimostrano di non avere un progetto di alternativa di sistema, un progetto che metta in discussione lo strapotere delle banche e del capitale. Così come non comprendono che la via da seguire non è necessariamente e prioritariamente la via “istituzionale”, dal momento che le cosiddette “istituzioni” politiche costituiscono semplicemente l’involucro del sistema economico-capitalista.
Il parlamentarismo è costruito a regola d’arte dai poteri forti per far sì che, chiunque occupi gli scranni (“grillini” inclusi), il potere permanga sempre nelle mani delle solite minoranze economicamente dominanti sulla stragrande maggioranza della ricchezza del nostro Paese.
Da sottolineare poi la mancanza, nel Movimento 5 Stelle, di uno statuto chiaro e robusto, che ne garantisca l’assetto democratico (da qui il pressapochismo che porta immancabilmente al qualunquismo).
Infatti, l’esilissimo statuto presente anche nel loro sito internet di riferimento (che loro chiamano “non statuto”, con la consueta vocazione alla contrapposizione fine a se stessa e imbrogliando anche stavolta con le parole) non esplicita le modalità di gestione democratica dell’attività politica da parte dei militanti. E questo fa sì che di fatto il Movimento 5 Stelle sia solo un’azienda di profitto in mano al suo fondatore e capo indiscusso Beppe Grillo (o, più esattamente, alla Casaleggio Associati, società che gestisce tutto quello che riguarda Beppe Grillo, media e web), come dimostra ad esempio il recente azzeramento del “gruppo grillino” di Cento, responsabile di avere “osato” contestare l’operato del capo, oppure l’espulsione del militante Valentino Tavolazzi, “reo” di avere organizzato un incontro a Rimini senza il benestare del leader maximo.
Insomma, i “grillini” sembrano quasi vantarsi di non avere uno statuto forte, ma questa mancanza si traduce poi in un verticismo esasperato, che limita fortemente gli spazi di democrazia interna al partito. E del resto, la forza e le prospettive di un’organizzazione politica si vedono già da come quell’organizzazione è strutturata e una forza priva di uno statuto, che ne stabilisca chiaramente gli assetti, non promette nulla di buono già in partenza.
Il Movimento 5 stelle si presenta, insomma, come una forza neoliberista e riformista, con connotazioni verticistiche e con l’aggiunta del folcloristico “strillo antipoliticanti” (ma “anti” nient’altro e nessun altro) del suo comico/guru di riferimento. Una forza che si adagia sostanzialmente all’andazzo generale, al punto da prendere posizioni paurosamente destrorse (=fascionazileghiste) in merito al fenomeno migratorio. Tali posizioni costituiscono per me la cartina di tornasole per decifrare il fenomeno “grillino”. Sono tristemente note le sfuriate nazionaliste di Grillo contro rumeni e cinesi e le prese di posizione del Movimento 5 Stelle su tale argomento.
Queste posizioni mi sconcertano innanzitutto sul piano morale, visto che mi sento cittadino del mondo e ritengo illegittima qualsiasi barriera fra le persone. E mi sconcertano anche sul piano politico, dal momento che la xenofobia e il nazionalismo (sdoganati in Italia dalla Lega, ma fatti propri poi, sia pure in maniera edulcorata, da tutti gli altri partiti di centrodestra e di centrosinistra, in primis il Movimento 5 Stelle) denunciano profonda miopia e ignoranza rispetto alle problematiche che affliggono i Paesi extraeuropei, problematiche riconducibili storicamente agli effetti nefasti dell’imperialismo e del neocolonialismo del capitalismo occidentale su scala planetaria.
Le posizioni dei grillini sul fenomeno migratorio denunciano la loro inconsistenza politica, ma sopratutto dimostrano quanto da me ripetutamente denunciato. Ovverosia, che il Movimento 5 Stelle, sposando la diffusa e cinica filosofia del “si salvi chi può” (del tipo: “mi spiace per loro ma devono stare a casa loro perché qui non c’è lavoro”), come tutte le altre forze politiche ipocrite (persino quelle che dicono di ispirarsi ai valori “cristiani”), dimostra che anch’esso è pienamente organico al sistema.
L’unica possibilità di svolta per le masse oppresse passa attraverso la costruzione di una forza veramente di sinistra coerentemente antisistema, che lavori su scala internazionale per raggiungere l’obiettivo dell’abbattimento del capitalismo, sistema disumano fondato sulla venerazione del “dio denaro” e sulla mercificazione della natura e dell’essere umano.
Questo è il lavoro da portare avanti con una seria e vera Rivoluzione popolare!
Un’altra domanda, che mi pongo e a cui cerco di dare una risposta savia, è perché Grillo trova, tra ridicolo qualunquismo e populismo, un enorme spazio su tutti i tipi di media di regime, mentre gente con tanto di cervello, come Giulietto Chiesa e Paolo Barnard (e molti altri, anche), vivono relegati nei media di nicchia, isolati dai poteri forti. Eppure, entrambi vanno oltre l’antipolitica ed hanno ben dimostrato di avere la competenza e la preparazione per centrare bene il problema.
Addirittura, Paolo Barnard è reduce di un’iniziativa colossale di qualche mese fa: una delle manifestazioni di partecipazione politica più strane e consistenti della storia recente dell’Italia. Nessun partito, nessun sindacato, nessun giornale, nessuna associazione (tutti in fuga dissociante) presente: soltanto un giornalista eretico e, a volte, eccessivo nel linguaggio (proprio come il sottoscritto), ma sicuramente tra i più preparati che ci sono in Italia, Paolo Rossi Barnard, e un gruppo di economisti (Michael Hudson, Stephanie Kelton, Marshall Auerback, William Black e Alain Parguez) arrivati dagli Stati Uniti (tranne Parguez, che è francese) che hanno illustrato, dal 24 al 26 febbraio 2012, al 105 Stadium di Rimini, la “Modern Money Theory”, la “Teoria della moneta moderna”. Eppure, nessun giornale o televisione ne ha parlato, nessuno ha dato il minimo spazio a questa interessante iniziativa, senz’altro più sana, costruttiva, ricca di contenuti del “grillismo”.
Keynesianesimo spinto, ma soprattutto fautore della “sovranità monetaria” come unico strumento di “sopravvivenza”, Barnard, partendo dall’insegnamento degli economisti che hanno salvato l’Argentina dopo la bancarotta di inizio Millennio, si sgola a predicare l’indispensabilità dell’uscita dall’euro e la ridiscussione di tutti i Trattati Europei su basi di partecipazione popolare e democratica (tipo referendum) e non, quindi, tecnico-economica.
Mah… La Storia al Popolo italiano (il più ignorante ed il più votato all’Apparire, piuttosto che all’Essere, d’Europa) non ha insegnato proprio niente! Se non arrivano le mazzate, quelle vere, i Partigiani (e i sessantottini) se ne rimangono ben nascosti nelle loro tane a vivere di ricordi per poi parlare di Rivoluzione quando ormai si pisceranno sulle scarpe!



* Fonte : El Niño