martedì 20 dicembre 2011
Costa crociere mi ha mandato
una mail: ci sarebbero 200 euro per me. A bordo. Il problema è salirci per
ritirarle. Telekom invece mi vuole regalare una fantastica cornice digitale, ma
non saprei che farmene. Episodi questi che mi richiamano alla mente un post
recente di Grillo: La civiltà dei consumi ha creato il nuovo miserabile,
colui che non può accedere ai consumi. Più consumi, meno sei miserabile, più sei
invidiato. Qualcuno la chiama evoluzione, altri progresso.
Io lo chiamo capitalismo, ma di questo
dirò nei prossimi paragrafi.
E allora cosa proponi, caro Grillo? La rinuncia a un bene inutile è un atto rivoluzionario. Se le masse ne
prendessero coscienza, il mondo cambierebbe senza un solo colpo di
fucile. Prova a convincere le multinazionali, gli industriali che
producono quei “beni” e pure chi in quei settori lavora per procurarsi il pane.
Fatti un giro per i negozi di Genova, cerca di convincere i commercianti o
almeno gli acquirenti. Forza, la verve e le illusioni necessarie non ti mancano,
qualcuno che ti darà retta lo si trova sempre.
Un po’ del tuo patrimonio l’hai
costituito facendo la réclame ai “beni inutili” e ora che ti sei convertito alla
parsimonia (per gli altri) perseveri con i tuoi gadget che naturalmente reputi
utilissimi. Così utili che non li regali, ma li vendi. Ecco il punto che ti
sfugge e non potrai mai acchiappare dal tuo punto di vista di modesto
demagogo.
Domanda metodologica: se sono
“beni”, com’è che sono diventati inutili? Visto che questi “beni” vengono
venduti e non ceduti gratuitamente, perché non chiamarli con il loro vero nome e
cioè “merci”? Non lo fai per un semplice motivo: la tua mistificazione
ideologica non reggerebbe più e l’inganno della richiamata “coscienza
rivoluzionaria” svanirebbe.
E chi decide l’utilità di una
merce e soprattutto: cos’è una merce? Caro ragioniere, una merce non è solo un
valore d’uso utile o inutile, ma diventa un “bene” solo in quanto è un valore di
scambio. Solo lo scambio può provare che una merce è utile. Se una merce non è
utile, non diventa nemmeno un valore di scambio. Perciò chi decide dell’utilità
di una merce, di un “bene” come lo chiami tu, è il mercato e non la “coscienza”.
È il capitalismo bellezza e tu non ci puoi fare niente.
Ma mettiamo la faccenda dal tuo
punto di vista piccolo borghese. Il frigorifero, il cellulare, il computer,
portare otto giorni i bambini al mare, sono cose utili? Farsi la doccia e
cambiarsi tutti i giorni è uno spreco insalubre? Bere l’acqua in bottiglia
perché quella che esce dal rubinetto sa di merda, nonostante il cloro e le
analisi fatte alla fonte e non al consumo, è utile o no? Se poi dici che è
meglio imbottigliare in vetro piuttosto che in plastica siamo quasi tutti
d’accordo, ma allora basta una noticina sul prossimo decreto milleproroghe, non
serve fare la rivoluzione, nemmeno quella delle “coscienze”.
La verità è che tu vuoi solo
migliorare il sistema delle “merci”, producendo solo quelle utili, quelle che
non dovrebbero inquinare e bla bla bla. Tutta roba vecchia di secoli, caro
Grillo. Dove domina la produzione di merci, lo scambio stabilisce anche tutto il
resto, salvo dettagli per appagare i “rivoluzionari della coscienza”. Ma forse
ciò che ti spaventa veramente è un
sistema economico esausto che racimola quanto può per concentrarlo nel circuito
del casinò finanziario. Da buon samaritano vorresti salvarlo, riportarlo alle
origini.
Scrivi: La crisi può diventare un ritorno al
passato, un momento di ripensamento delle nostre priorità e dei nostri bisogni.
Non so quali siano state le tue esperienze di vita, ma personalmente al
passato, ai tempi della contessa Onigo, non ci vorrei tornare e non ne ho più
voglia di spiegarne i motivi. Se poi insisti nel dire che si andava in vacanza dai parenti in treno,
magari in terza classe con le panchine di legno, ma il treno era puntuale,
pulito e i passeggeri cortesi, allora vuol dire che non hai mai viaggiato su
quei treni oppure sei in totale malafede. Guardati il film Café Express di Nanni Loy con Nino
Manfredi, era
solo il 1980.
Obietti ancora: Negli anni 50 i nostri fiumi erano chiari e
pescosi, l'aria decente, i prati circondavano le città. Sì, ma non è
necessario tornare alla miseria diffusa degli anni ’50. Si tratta di un problema
economico la cui soluzione è politica, e proporre il “ritorno al passato” è una
soluzione reazionaria (quando dico “soluzione politica” deve essere chiaro che
il cretinismo parlamentare non c’entra). E soprattutto, caro Grillo, la crisi è una fregatura soprattutto per
chi già sopravvive con 1000 euro al mese o anche meno. E non è una bella cosa
nemmeno per le famiglie a 2000 euro al mese.
Quanto al fatto di “prendere
coscienza” per cambiare il mondo, questo conferma che non capisci proprio un
cazzo, ma non è colpa tua, è la tua posizione di classe che non ti fa fare un
passo avanti (vai, continua a raccogliere firme). Apprezza l'utilità della
franchezza.