L’ombra. L’ombra del Comico oscura l’Uomo Qualsiasi, il
Pizzarotti sindaco che nessuno ipotizzava potesse vincere il
ballottaggio di domenica scorsa. Succede che il reietto Valentino
Tavolazzi, il deus ex machina degli Scissionisti riminensi,
colpevole del gran tradimento dei precetti del Non-Statuto (comandamento
n. 1: non organizzare un bel niente, mentre lui si preoccupava di dare
forma e operatività alla democrazia interna del M5S), radiato vita
natural durante a mezzo blog dal movimento medesimo, si
sia candidato a direttore generale del comune della città (lui
smentisce, ma non è escluso che a volergli dare questo ruolo ci stia
pensando lo stesso Pizzarotti). Qui sta il bello perché Tavolazzi
possiede le competenze per ricoprire quel ruolo e la sua designazione
potrebbe definirsi effettivamente “meritocratica”.
Invece. La nuova fatwa grillina è arrivata non appena nel Movimento
sono cominciate a palesarsi alcune diatribe interne. Prime fra tutte le
lunghe interminabili (e inutili) discussioni sui forum sulle
dichiarazioni post voto del medesimo Pizzarotti – io ho vinto! No,
replicano le truppe di digitatori di commenti: non tu, ma il Movimento.
Allora Grillo ha pensato bene di mettere i puntini sulle i (di
Pizzarotti) e ha intimato il no expedit alla candidatura del
Tavolazzi.
“A Tavolazzi – scrive il blogger – è stato inibito l’uso
congiunto del suo simbolo con quello del Movimento 5 Stelle qualche mese
fa”. La sua nomina “è una scelta impossibile,
incompatibile e ingestibile politicamente. Mi meraviglio che
Tavolazzi si ripresenti ancora sulla scena per spaccare il Movimento 5
Stelle e che trovi pure il consenso di un consigliere
dell’Emilia Romagna” (F. Mello, Il Fatto Quotidiano).
Inibito. Tavolazzi è inibito. E quel consigliere (regionale)
dell’Emilia-Romagna chi sarebbe? Favia? De Franceschi? Perché Grillo non
fa i nomi? Di cosa sarebbero colpevoli costoro? Di pensare con il
proprio cervello? Ora che sono state trovate nuove e inedite teste
pensanti per il mondo obsoleto della politica, che facciamo? Pretendiamo
che essi non pensino. Certo, è il capo a pensare per loro. Loro sono
uomini qualsiasi, perfettamente sostituibili l’un l’altro.
Grillo invita “chiunque fosse interessato alla posizione” ad inviare
“il suo curriculum a questa mail”. Il link porta ad un form per a
segnalazioni su BeppeGrillo.it. Vi sembra normale? Vi sarebbe sembrato
normale se appena eletto Luigi De Magistris sindaco di Napoli, Antonio
Di Pietro avesse chiesto a chi era interessato ad un assessorato nella
giunta del capoluogo partenopeo, di mandare il suo curriculum
alla sua mail personale? (F. Mello, cit.).
No, rispondo io. Se l’avesse fatto di Pietro, l’avremmo sommerso di
improperi. Avremmo scritto interi papiri di commenti sull’anacronismo
del partito personale. Basta leader, avremmo detto. E invece eccoci qui
ad assistere impotenti – o quasi –alla distruzione dell’unica
opportunità di non precipitare definitivamente nello schifo della
politica corrotta e collusa. Ai confini del “tafazzismo”.
Come ho già più volte scritto, è ora che il M5S accantoni Grillo e
applichi veramente l’unico precetto possibile del suo statuto non
scritto: uno vale uno, ovvero nessuno è indispensabile e l’unico dogma
che orienta l’azione politica del movimento è l’interesse generale.
Stop. Non aggiungo altre parole.
Fonte: Yes political