domenica 8 gennaio 2012
Spunta lo Scilipoti dei grillini: eletto in regione, chiede vitalizio per lui, moglie e figli

I temi e le proposte (democrazia diretta, ecologismo radicale, lotta
contro i privilegi della casta) sono nobili ed encomiabili, ma come
sempre il problema è riuscire a passare dalle parole ai fatti.
Fintanto che il movimento si è mosso fuori dai palazzi del potere, il
movimento ha dimostrato una forte capacità includente ed espansiva.
I problemi invece sono iniziati dal momento in cui si è scelto di
incanalare questa voglia di partecipazione dentro la strettoia delle
competizioni elettorali.
Non è una novità dei nostri tempi: già Max Weber e Robert Michels, e
prim'ancora Platone e Artistotele, hanno avuto modo di verificare come i
processi di istituzionalizzazione comportano inevitabilmente una
burocratizzazione politica.
Il processo di burocratizzazione/istituzionalizzazione determina un
lento processo di mutamento delle priorità: dalle rivendicazioni ideali e
materiali da cui nascono si passa progressivamente alla salvaguardia
dell'esistenza stessa dell'organizzazione.
L'aspetto più evidente di questo processo di incancrenimento burocratico
è l'accentramento decisionale.
Il tema della democrazia diretta, sempre ricorrente nelle fasi di
incubazione di un movimento, viene progressivamente diluito dalla
necessità di dotarsi di una struttura efficace e di efficiente.
Se tale necessità i movimenti contemporanei tendono ad attenuare
attraverso l'uso intensivo della comunicazione orizzontale del web 2.0,
resta invece difficilmente aggirabile la questione della selezione del personale politico nel momento in cui si sceglie di
incanalare un movimento dentro l'arena elettorale.
Se è vero che senza la partecipazione elettorale è possibile la
costruzione di una leadership diffusa, "azzerata" o orizzontale, la
svolta elettoralistica impone infatti un processo di verticalizzazione
decisionale; per quanto tale verticalizzazione possa essere attutita e
controbilanciata da forme di controllo dal basso (come i classici temi
della revocabilità del mandato e del divieto di cumulo/ricandidatura già
individuati secoli addietro, dall'antica Atene fino alla Comune di
Parigi), la selezione del personale politico da inserire nelle
competizioni elettorali diventa inevitabilmente il punto di rottura e di
passaggio dei movimenti verso la dimensione partitico-organizzativa.
Non è un caso infatti che, come già avvenuto in passato in esperienze
analoghe, le prime "riunioni riservate e a porte chiuse" abbiano
avuto come protagonisti il nucleo ristretto degli "eletti", in
questo caso però allargato e coordinato da Beppe Grillo e Gianroberto
Casaleggio, l'imprenditore che cura da anni l'immagine e gli interessi
commerciali del comico genovese.
Grillo appunto. La questione si complica ulteriormente rispetto
all'esperienza specifica del Movimento 5 stelle per la presenza di una
leadership non solo ideale ma attiva e operativa che non solo precede,
ma in un certo senso "insegue", pondera e controlla il processo di
emersione, individuazione e gestione del gruppo dirigente del partito.
Per quanto si possano moltiplicare gli sforzi da parte dei quadri
intermedi per attutire tale invasività "esterna" (come in occasione
delle polemiche per la selezione "dall'alto" dei vertici
nazionali o del consigliere comunale da eleggere a Milano in
occasione delle ultime elezioni amministrative, effettuata da Grillo e
Casaleggio), il loro ruolo di leadership non si limita alla definizione
del quadro ideale d'azione, ma alla perimetrazione dell'organizzazione
stessa (chi è dentro e chi è fuori, tanto per intenderci, essendo la
Casaleggio srl intestataria unica del simbolo di partito registrato
presso la corte di cassazione) e al ruolo principe di "giudice di ultima
istanza" a fronte di tensioni e contrapposizioni interne.
Il post pubblicato sul suo blog, in polemica con un suo consigliere
regionale che aveva firmato una mozione in solidarietà con i giornalisti
dell'Unità, è molto paradigmatico da questo punto di vista: "Se qualche
esponente del Movimento 5 Stelle la pensa diversamente non è un
problema. Il Pd lo accoglierà subito tra le sue braccia".
Il tema della democrazia diretta, per quanto centrale nelle narrazioni
dei grillini, si dimostra non sempre declinato in termini di democrazia
interna. E, anzi, a leggere delle discussioni intorno ad elezioni,
correnti, amici e poltrone da conquistare, diventa anche difficile
cogliere nella vita interna del movimento 5 stelle la differenza tra
grillini e democristiani. Leggete ad esempio cosa scrive una militante
disaffezionata e stanca dei continui giochetti di potere e di corrente: "Finalmente Biolè ammette pubblicamente che
ha chiesto lui alla fidanzata Alessandra Corino (quella, per capirci,
che finchè era nel gruppo dei cosiddetti "dissidenti" veniva sbandierata
ovunque come l'appartenente al PD e dunque infiltrata degna del gruppo
di "pagati dal PD" per boicottare il MoV) di censurare "forum e pagine
dannose", cui lei aveva accesso in quanto nel gruppo sono sempre rimasti
gli accessi condivisi a tutti, al fine di "depotenziare" il gruppo di
Torino che lavorava dal 2007 al progetto comunale ossia il gruppo che
era scomodo al comitato direttivo di Bono da cui dipese l'elezione a
consigliere comunale di Vittorio Bertola. "Giustamente", ora Biolè
"chiede conto" a Bono dell'onore che gli spetta :D visto che "grazie"
alla sua relazione ha depotenziato l'altro gruppo contribuendo a farlo
fuori. Alla faccia dei PS di Beppe Grillo sul blog dove diceva che ci
sarebbero state primarie tra liste e alle garanzie varie blaterate dallo
Staff di Casaleggio sul fatto che i consiglieri regionali erano fuori
dalla campagna elettorale comunale. Insomma, erano proprio tutte nostre
elucubrazioni mentali e meri spargimenti di fango da bassa politica il
pensare che grazie alla loro visibilità stessero dirottando il progetto,
nato dal basso nel 2007 e con coerenti principi, di un gruppo di
attivisti torinesi".
Non si capisce molto, se non il marcio che cova ogni qualvolta di parla
di elezioni e candidati, a tal punto che su facebook si sono ritrovati un gruppo di disillusi
del movimento 5 stelle, che contestano la deriva politicista ed
elettoralistica del movimento.
Ma se il tema della democrazia diretta è un tema difficile, anche
un'altra battaglia storica diventa più complessa quando si entra nei
palazzi del potere: i privilegi della casta.
Sempre per rimanere in casa Biolè, appena dopo aver eletto i suoi primi
quattro consiglieri regionali a livello nazionale con le elezioni del
2010, ecco venire fuori già il primo Scilipoti dei grillini: si tratta
appunto del consigliere regionale eletto in Piemonte, il quale ha
chiesto non solo il vitalizio ma anche la reversibilità dello stesso per
i suoi familiari, malgrado in campagna elettorale i grillini avessero
promesso di fare esattamente il contrario.
Quando però il suo collega consigliere regionale leghista Tiramani
ha tirato fuori la vicenda e spifferato ai quattro venti
l'incoerenza tra le parole e i fatti, l'onorevole
Biolè si è precipitato a puntualizzare che quella doppia firma, per
il vitalizio e per la sua reversibilità, l'ha messa per un piccolo
errore di disattenzione e che provvederà alla rinuncia del vitalizio al
termine del mandato di 5 anni di consigliere. Staremo a vedere...
A differenza di Scilipoti però, il consigliere incriminato è tuttora iscritto al gruppo regionale piemontese del movimento 5 stelle.
Fonte: I segreti della casta
A differenza di Scilipoti però, il consigliere incriminato è tuttora iscritto al gruppo regionale piemontese del movimento 5 stelle.
Fonte: I segreti della casta