16 Mag 2012
Pubblicato da Nino Caliendo
Visto che i grillini deviano con arte ogni
discorso atto a definire effettivamente chi sono e cosa sono, provo a
farlo io.
La prima contraddizione che caratterizza i
grillini risiede nella denominazione con cui si autodefiniscono. Poiché
fanno della battaglia contro la casta politica l’unico loro motivo
principale, non vogliono presentarsi come un “Partito”, bensì come un
“Movimento”.
In questo modo di fare, a mio avviso molto
ridicolo, emerge immediatamente l’inconsistenza del “grillismo”, che
ricade proprio nell’errore rimproverato agli altri politicanti (perché
Grillo e i grillini sono solo politicanti di mezza tacca): imbrogliare
con le parole!
Qualsiasi parola, infatti, non è soltanto
un insieme di fonemi, ma designa un concetto. La parola “Movimento”
designa un gruppo di persone che si uniscono intorno ad una battaglia,
talvolta provando anche ad articolarsi alla meglio sul territorio e che
non si danno, invece, un assetto organizzativo stabile.
Il concetto di “partito” fa riferimento
invece a un gruppo strutturato e organizzato che svolge attività
politica in maniera globale, articolandosi in maniera capillare sul
territorio.
Il Movimento 5 Stelle risponde pienamente a
quest’ultimo concetto: svolge attività politica in maniera globale, è
organizzato capillarmente sul territorio, partecipa alle elezioni. E per
di più ambisce a entrare all’interno di quelle istituzioni tanto
vituperate, per ritagliarsi degli spazi all’interno di esse. Dunque,
sebbene respinga questa etichetta, il Movimento 5 Stelle è un partito a
tutti gli effetti.
Una volta smascherato questo imbroglio
linguistico, su cui incredibilmente molte persone cascano, va chiarito
che tipo di partito è il Movimento 5 Stelle.
E’ molto facile andare a scovare le magagne
altrui ed è facilissimo evidenziare i disastri prodotti dalla casta
politica italiana in questi anni. Ma al di là della parte distruttiva,
ogni discorso politico che ambisca ad essere credibile deve avere anche
una parte costruttiva.
E qui casca il… Grillo.
Purtroppo, non basta sbraitare contro i
politicanti (ormai, lo facciamo tutti: non c’è nessuna novità d’intenti)
e qualsiasi progetto politico che voglia avere un futuro deve per prima
cosa aver ben chiaro il proprio nemico ed approntare, poi, gli
strumenti adatti per combatterlo.
L’enorme limite (io sono convinto si tratti
di malafede) del Movimento 5 Stelle consiste per l’appunto
nell’individuare nella “casta politica” il nemico da abbattere,
dimostrando così di perdere di vista clamorosamente (e forse anche
premeditatamente, per i propri interessi) il bersaglio e di non riuscire
a fare tesoro (se la conoscessero) della Storia. E se non si conosce il
nemico da abbattere non si ha alcuna possibilità di costruire un
progresso sociale.
La colpa maggiore dei “grillini” è
nascondere al Popolo quale veramente è il grande nemico da abbattere: il
nemico che la popolazione deve combattere non è rappresentato tanto
dalla casta politica (che è l’ultima ruota del carro), quanto dai poteri
forti. Ovverossia, quei poteri economicamente dominanti, che hanno in
mano i destini del Paese e che controllano ogni aspetto della società:
il diritto, i mass media, la politica. E a cui Grillo fa comodo e,
quindi, gli danno spazio per dimostrare la loro democrazia nel dare
spazio agli antagonisti, soffocando e isolando gli antagonisti veri che
non hanno redditi di 5 milioni di euro annui come Grillo.
Queste oligarchie economicamente dominanti
(con le mafie al primo posto, grandi simpatizzanti del grillismo), hanno
il potere di fare vincere le elezioni a uno schieramento politico
piuttosto che a un altro e in cambio chiedono, ovviamente, di poter
dettare legge!
Il livello politico, dunque, contrariamente
a quanto vogliono far credere i “grillini”, non è il livello più alto
di una società, ma è chiaramente subordinato al livello economico.
Motivo per cui, se non si vanno a toccare i poteri forti, se non si
innesca una rivoluzione dell’assetto economico di una società, in modo
tale da ridurre le spaventose diseguaglianze socio-economiche e da
riequilibrare i rapporti di forza fra tali poteri forti e la maggioranza
della società, qualsiasi tentativo politico è destinato al fallimento.
Il sistema, infatti, si auto-riproduce e, attraverso nuovi trucchi,
continua, gattopardianamente, ad autoconservarsi.
Ecco perché tutte le proposte belle e
fantasiose presenti nelle Cinque Stelle dei “grillini” (che
rappresentano una specie di loro programma di riferimento) sono
destinate a restare velleitarie all’interno di un sistema siffatto:
rimanendo solo dei richiami ingannevoli per un elettorato illuso.
In una società in cui, a ogni latitudine e
longitudine, i poteri forti si arroccano sempre più nei propri privilegi
difendendoli, proprio attraverso i Parlamenti da loro eletti e
controllati, con un attacco violento ai diritti della cittadinanza, al
punto da paventare il rischio in Europa di involuzioni autoritarie,
obiettivi come quelli indicati dai “grillini” (la città partecipata, la
riforma dei servizi pubblici, l’introduzione di strumenti per la
partecipazione popolare, etc) risultano assolutamente irrealizzabili,
quindi populisti e qualunquisti.
Il raggiungimento di questi obiettivi (sia
pure condivisibili) è chiaramente subordinato all’attacco radicale ai
poteri forti e alla redistribuzione delle ricchezze economiche:
obiettivi di cui non c’è traccia nei pseudo-programmi “grillini”.
Al contrario, parecchie prese di posizione
di Beppe Grillo (ad esempio, il suo plauso al banchiere Profumo, da lui
definito “il banchiere più stimato d’Europa”), il benestare da lui
espresso tempo addietro rispetto ad un eventuale governo tecnico guidato
da Luca Cordero di Montezemolo (grande capitalista, sodale di
Marchionne) e, peggio ancora, il suo placet al governo Monti
(da lui definito persona “credibile” in una intervista rilasciata al
settimanale “Oggi”) sembrano chiarire la sua posizione in merito e dove
aspirano a mangiare lui e i suoi “grillini”. Il mantra dei “grillini”
rispetto a una loro presunta posizione “neutrale”, “né di destra né
di sinistra ma oltre”, lungi dall’essere originale, riproduce
l’approccio tipico dei movimenti populisti e qualunquisti che aspirano
unicamente alla pagnotta.
La lotta di classe non è un dogma marxista,
ma è la realtà della società in cui viviamo e che esperiamo
quotidianamente attraverso i bollettini di guerra delle morti bianche,
dei licenziamenti di massa, della disperazione e dei suicidi delle
persone private del diritto al lavoro e a una vita dignitosa.
Di fronte alla violenza dell’attacco
padronale, non si può rispondere col qualunquismo senza prendere
posizione: o si sta dalla parte del mondo del lavoro o dalla parte dei
padroni; o si sta dalla parte degli operai o da quella dei loro
carnefici; o si sta dalla parte della TAV o si sta contro. E mi chiedo,
tra l’altro, come mai i grillini non si vedano mai nelle lotte di piazza
a supporto dei movimenti di lotta: forse il “grillismo” esiste solo a
livello virtuale, senza i rischi della “piazza”?
Non esistono vie di mezzo rispetto alla
lotta di classe e il non prendere posizione su argomenti di vitale
importanza popolare (come fanno i “grillini”, quando il loro guru non
pontifica direttamente i banchieri e i capitalisti), indice di carenze
politiche o di malafede, è comunque un prendere posizione a favore dei
padroni.
Insomma, il Movimento 5 Stelle è orientato
al neoliberismo economico, continua a sostenere il sistema capitalista
ritenendo possibile correggerlo e addossa tutte le colpe dei disastri
del Paese alla casta politica (convinzione in gran parte condivisibile,
ma non certo esaustiva del vero problema).
E’ abbastanza evidente, ad un osservatore
intellettualmente onesto e minimamente preparato, che, dal punto di
vista dell’impostazione politica di fondo, il Movimento 5 Stelle risulta
alquanto debole e non dice affatto nulla di nuovo, puntando
essenzialmente sull’attacco ai politicanti e sulla prassi di affidarsi a
giovani cittadini, che spesso si affacciano per la prima volta alla
politica attiva.
Concordo coi “grillini” sul fatto che i
politici non dovrebbero essere “professionisti”, ma cittadini che
mettono al servizio della collettività la propria esperienza, competenza
e volontà (ma questa non è un’idea di Grillo, che ha scoperto l’acqua
calda: sono oltre trent’anni che lo diciamo e lo scriviamo, proponendo,
per legge, di non poter essere eletti per più di due legislature). [Nota del blog: Su questo non siamo d'accordo.
Se un politico fosse davvero al servizio dei cittadini, e se i cittadini potessero votarlo direttamente, scrivendo il suo nome sulla scheda, non si capisce perchè ci dovrebbe essere questo limite delle due legislature.
Se un politico fa il bene dei cittadini è più giusto che i cittadini possano continuare a eleggerlo fintantochè il suo servizio alla collettività è considerato insostituibile.]
E, andando oltre, abbiamo più volte
proposto (in tempi non sospetti) che il “rappresentante istituzionale”
dovrebbe percepire lo stesso stipendio medio dei lavoratori italiani.
Fintantoché, infatti, il “rappresentante istituzionale” percepirà
stipendi faraonici (concessigli dai poteri forti per mantenerlo al
proprio servizio), il suo scollamento dalla collettività e il suo
disinteresse rispetto ad essa saranno logici e inevitabili.
Ritengo molto positivo che giovani
cittadini si mettano (se in buona fede) al servizio della collettività
nel tentativo di contribuire al cambiamento, ma è pur vero che la
giovinezza, di per sé, non è sigillo di Verità né di Giustizia. Ed è
altrettanto vero che il vuoto di idee di alternativa di società non può
essere controbilanciato dalla giovane età!
La condizione necessaria per il progresso
sociale è avere un vero e sano progetto di alternativa di società e
perseguire quel progetto (condizione essenziale che manca nel
“grillismo”). La giovinezza può eventualmente essere un valore aggiunto,
ma non un fattore determinante. Non può essere un surrogato rispetto
alla mancanza di un progetto alternativo.
E’ vero, altresì, che la gente deve
iniziare a riappropriarsi della propria dimensione politica, cui per
troppo tempo ha rinunciato. E’ vero che dobbiamo smetterla con la
politica della delega in bianco a politicanti (di ogni colore) prodighi
di promesse da marinai. Ma è pur vero che la riappropriazione della
politica e l’unione dei cittadini deve avvenire intorno a un progetto
coerentemente antisistema ed anticapitalista, cioè l’esatto contrario
delle proposte di Grillo e dei “grillini”.
Al contrario, l’unione intorno a un
progetto blando e fallimentare, come quello del Movimento 5 Stelle, può
soltanto produrre ulteriore rassegnazione e sfiducia in un tessuto
sociale già molto disilluso.
E da questo punto di vista, i “grillini”
dimostrano di non avere un progetto di alternativa di sistema, un
progetto che metta in discussione lo strapotere delle banche e del
capitale. Così come non comprendono che la via da seguire non è
necessariamente e prioritariamente la via “istituzionale”, dal momento
che le cosiddette “istituzioni” politiche costituiscono semplicemente
l’involucro del sistema economico-capitalista.
Il parlamentarismo è costruito a regola
d’arte dai poteri forti per far sì che, chiunque occupi gli scranni
(“grillini” inclusi), il potere permanga sempre nelle mani delle solite
minoranze economicamente dominanti sulla stragrande maggioranza della
ricchezza del nostro Paese.
Da sottolineare poi la mancanza, nel
Movimento 5 Stelle, di uno statuto chiaro e robusto, che ne garantisca
l’assetto democratico (da qui il pressapochismo che porta
immancabilmente al qualunquismo).
Infatti, l’esilissimo statuto presente
anche nel loro sito internet di riferimento (che loro chiamano “non
statuto”, con la consueta vocazione alla contrapposizione fine a se
stessa e imbrogliando anche stavolta con le parole) non esplicita le
modalità di gestione democratica dell’attività politica da parte dei
militanti. E questo fa sì che di fatto il Movimento 5 Stelle sia solo
un’azienda di profitto in mano al suo fondatore e capo indiscusso Beppe
Grillo (o, più esattamente, alla Casaleggio Associati, società che
gestisce tutto quello che riguarda Beppe Grillo, media e web), come
dimostra ad esempio il recente azzeramento del “gruppo grillino” di
Cento, responsabile di avere “osato” contestare l’operato del capo,
oppure l’espulsione del militante Valentino Tavolazzi, “reo” di avere
organizzato un incontro a Rimini senza il benestare del leader maximo.
Insomma, i “grillini” sembrano quasi
vantarsi di non avere uno statuto forte, ma questa mancanza si traduce
poi in un verticismo esasperato, che limita fortemente gli spazi di
democrazia interna al partito. E del resto, la forza e le prospettive di
un’organizzazione politica si vedono già da come quell’organizzazione è
strutturata e una forza priva di uno statuto, che ne stabilisca
chiaramente gli assetti, non promette nulla di buono già in partenza.
Il Movimento 5 stelle si presenta, insomma,
come una forza neoliberista e riformista, con connotazioni
verticistiche e con l’aggiunta del folcloristico “strillo
antipoliticanti” (ma “anti” nient’altro e nessun altro) del suo
comico/guru di riferimento. Una forza che si adagia sostanzialmente
all’andazzo generale, al punto da prendere posizioni paurosamente
destrorse (=fascionazileghiste) in merito al fenomeno migratorio. Tali
posizioni costituiscono per me la cartina di tornasole per decifrare il
fenomeno “grillino”. Sono tristemente note le sfuriate nazionaliste di
Grillo contro rumeni e cinesi e le prese di posizione del Movimento 5
Stelle su tale argomento.
Queste posizioni mi sconcertano
innanzitutto sul piano morale, visto che mi sento cittadino del mondo e
ritengo illegittima qualsiasi barriera fra le persone. E mi sconcertano
anche sul piano politico, dal momento che la xenofobia e il nazionalismo
(sdoganati in Italia dalla Lega, ma fatti propri poi, sia pure in
maniera edulcorata, da tutti gli altri partiti di centrodestra e di
centrosinistra, in primis il Movimento 5 Stelle) denunciano profonda
miopia e ignoranza rispetto alle problematiche che affliggono i Paesi
extraeuropei, problematiche riconducibili storicamente agli effetti
nefasti dell’imperialismo e del neocolonialismo del capitalismo
occidentale su scala planetaria.
Le posizioni dei grillini sul fenomeno
migratorio denunciano la loro inconsistenza politica, ma sopratutto
dimostrano quanto da me ripetutamente denunciato. Ovverosia, che il
Movimento 5 Stelle, sposando la diffusa e cinica filosofia del “si salvi
chi può” (del tipo: “mi spiace per loro ma devono stare a casa loro
perché qui non c’è lavoro”), come tutte le altre forze politiche
ipocrite (persino quelle che dicono di ispirarsi ai valori “cristiani”),
dimostra che anch’esso è pienamente organico al sistema.
L’unica possibilità di svolta per le masse
oppresse passa attraverso la costruzione di una forza veramente di
sinistra coerentemente antisistema, che lavori su scala internazionale
per raggiungere l’obiettivo dell’abbattimento del capitalismo, sistema
disumano fondato sulla venerazione del “dio denaro” e sulla
mercificazione della natura e dell’essere umano.
Questo è il lavoro da portare avanti con
una seria e vera Rivoluzione popolare!
Un’altra domanda, che mi pongo e a cui
cerco di dare una risposta savia, è perché Grillo trova, tra ridicolo
qualunquismo e populismo, un enorme spazio su tutti i tipi di media di
regime, mentre gente con tanto di cervello, come Giulietto Chiesa e
Paolo Barnard (e molti altri, anche), vivono relegati nei media di
nicchia, isolati dai poteri forti. Eppure, entrambi vanno oltre
l’antipolitica ed hanno ben dimostrato di avere la competenza e la
preparazione per centrare bene il problema.
Addirittura, Paolo Barnard è reduce di
un’iniziativa colossale di qualche mese fa: una delle manifestazioni di
partecipazione politica più strane e consistenti della storia
recente dell’Italia. Nessun partito, nessun sindacato, nessun giornale,
nessuna associazione (tutti in fuga dissociante) presente: soltanto un
giornalista eretico e, a volte, eccessivo nel linguaggio
(proprio come il sottoscritto), ma sicuramente tra i più preparati che
ci sono in Italia, Paolo Rossi Barnard, e un gruppo di economisti
(Michael Hudson, Stephanie Kelton, Marshall Auerback, William Black e
Alain Parguez) arrivati dagli Stati Uniti (tranne Parguez, che è
francese) che hanno illustrato, dal 24 al 26 febbraio 2012, al 105
Stadium di Rimini, la “Modern Money Theory”, la “Teoria
della moneta moderna”. Eppure, nessun giornale o televisione ne ha
parlato, nessuno ha dato il minimo spazio a questa interessante
iniziativa, senz’altro più sana, costruttiva, ricca di contenuti del
“grillismo”.
Keynesianesimo spinto, ma soprattutto
fautore della “sovranità monetaria” come unico strumento di “sopravvivenza”,
Barnard, partendo dall’insegnamento degli economisti che hanno salvato
l’Argentina dopo la bancarotta di inizio Millennio, si sgola a predicare
l’indispensabilità dell’uscita dall’euro e la ridiscussione di tutti i
Trattati Europei su basi di partecipazione popolare e democratica (tipo
referendum) e non, quindi, tecnico-economica.
Mah… La Storia al Popolo italiano (il più
ignorante ed il più votato all’Apparire, piuttosto che all’Essere,
d’Europa) non ha insegnato proprio niente! Se non arrivano le mazzate,
quelle vere, i Partigiani (e i sessantottini) se ne rimangono ben
nascosti nelle loro tane a vivere di ricordi per poi parlare di
Rivoluzione quando ormai si pisceranno sulle scarpe!
Nino Caliendo
Fonti:
Fonte: El Niño