venerdì 25 maggio 2012
Hanno un bel dire i grillisti
accusandoci di essere dei pantofolai, ma quando poi ci si renderà conto che non
è realizzabile ciò che è ritenuto possibile e quasi a portata di mano, ossia che
non c’è corrispondenza tra la realtà e la sua immagine disegnata dai proclami,
prenderà il sopravvento la parte più reazionaria di quel tipo di movimento.
L’insieme dei punti
programmatici del Movimento cinque stelle sono già ampiamente escussi da più
parti, per esempio qui, perciò non credo resti
da aggiungere altro se non che la rivoluzione grillista è di un vuoto politico
disarmante, e fa anzi di tale mancanza un punto d’onore.
A me interessa l’aspetto più
propriamente ideologico del grillismo. Già la frase “la democrazia batte il capitalismo”
denuncia che
si dovrebbe tornare sui banchi di scuola e farsi spiegare che la democrazia
borghese, o comunque denominata e quale noi conosciamo, senza il capitalismo non
esisterebbe nemmeno.
Se
invece s’intende contrapporre “democrazia” versus capitalismo feroce e speculatore,
quello cattivo per intenderci, allora non si coglie, come ho rilevato in altre
occasioni, in che cosa consiste fondamentalmente il capitalismo, ma soprattutto,
soggiungo, la natura del rapporto che necessariamente viene a stabilirsi tra
l’economia e la sfera politica e statuale, per non parlare poi di classi sociali
e simili.
Per raddrizzare il sistema
politico da capo a piedi, il Movimento punta sull’attività volontaristica, il
limite dei due mandati, la fedina penale intonsa dei candidati e insomma il voto
di osservanza del settimo comandamento: una democrazia rappresentativa decente
sotto l’aspetto formale e dei più correnti principi etici.
E tuttavia proprio su questi
punti il grillismo predica bene e razzola male, dal momento che si tratta di un
movimento politico incentrato sulla figura di un capo carismatico dal quale
passano tutte le decisioni che contano e anche quelle di dettaglio, come ha ben
rappresentato Malvino
in un suo post tracciando un parallelo tra Grillo e Pannella (o magari quello
con Guglielmo Giannini).
Resta da stabilire poi (e qui
richiamo un post
dei giorni scorsi) se in un paese di stragi e di servizi e servizietti, di mille
collusioni e camarille, di fitti intrecci economici tra illegalità e legalità,
si possa veramente e radicalmente cambiare qualcosa seguendo la via del
riformismo, oppure se anche quello di Grillo, come peraltro ho già scritto, non
sia un altro espediente per alzare il solito grande polverone e non cambiare
nulla.
La sentenza non serve che la
pronuncino i posteri perché l’insufficienza della proposta politica grillista
non tarderà di venire in luce man mano che la crisi economica incrudisce e
salariati e pensionati chiederanno lavoro e reddito per campare. Allora vedremo
se la democrazia grillista batte il capitale.